Posto qui questo gustosissimo articolo su una delle piu' grandi ali destre mai apparse sulla faccia della terra.
"E' morto Julinho" -
Così l''ho saputo dal mio amico Giulio che mi telefona spesso la domenica pomeriggio per scambiare qualche parola sulla Fiorentina, certe notizie non dovrebbero venir date mai, perché certa gente non dovrebbe mai morire.
Non è la morte in sé di un uomo, malandato di cuore e d'altro e che avrebbe compiuto 74 anni il prossimo 9 agosto, a costituire la parte più brutta della notizia; quello che ti lascia senza parole e che con lui è morto un altro pezzo di Fiorentina, un altro pezzo di calcio, e un altro pezzo della nostra infanzia, quando il suo nome,il nome di uno che non avevamo e non avremmo mai visto giocare, veniva evocato dai nostri padri amanti del calcio con un rispetto ed un'ammirazione tangibile e che, sentivamo superiore a quella che noi bambini riservavamo agli idoli del nostro album Panini.
"Jair" - disse una volta il padre di un mio amico - "Jair è bravo, ma noi avevamo Julinho …" - e noi bambini restavamo senza parole di fronte a quel nome che evocava lunghe corse sulla linea del fallo, terzini disseminati come i birilli di un filotto, cross bassi, cosi forti e tesi "che battevano nei piedi dei nostri o dei loro e finivano in gol, e con lui segnava anche Virgili !" .
Era una presenza ingombrante ed invisibile, ed anche seccante perché sviliva i nostri idoli, era una sorta di pietra di paragone che ci faceva sentire ancora più piccoli, sfortunati di non essere stati grandi "quando c'era Julinho…"
Qualche anno dopo, giovane, ma già adulto, in quell'età dove non sia ascoltano più incondizionatamente le sentenze dei più anziani, assistetti ad una trasmissione celebrativa sulla Fiorentina assieme ad uno di quelli che "l'avevano visto".
Il video con le clips in bianco e nero mostrava le poche immagini dei "cinegiornali" che documentavano il primo scudetto della Fiorentina ed il cronista magnificava soprattutto le doti di Julinho, descrivendolo come un fenomeno, e lasciando a noi, abituati a Causio e Claudio Sala a Domenghini e Bruno Conti, scomodi paragoni fra ricordi e fantasie.
-"Ma era così tanto forte come lo descrive questo qua ?" - mi venne da dire da presuntuoso ventenne con un tono un po' scettico e "colui che aveva visto" mi rispose -"No, per l'amor di Dio, questo che parla non rende l'idea, sta descrivendo un giocatore di calcio e invece parla di Julinho !" -
Perché per i tifosi della Fiorentina, Julinho non era "un calciatore"; "calciatori" erano Magnini e Cervato, Segato e Virgili, Gratton e Prini, "calciatore", fortissimo, era anche Montuori, ma Julinho no, Julinho era Julinho e basta.
Non era funambolico, ma imprendibile.
Non aveva un dribbling tutto finte e controfinte, "lui andava diritto, cascavano gli altri" - è questo il ricordo. Segnava poco per gli standard dell'epoca (solo 22 reti in 89 partite), ma con lui segnavano tutti gli altri, "segnava anche Virgili !" - insisteva il padre del mio amico- "Una volta Julinho gli passò una palla a porta vuota, col Milan, e Pecos Bill tirò così alto e forte che il pallone andò in Viale Manfredo Fanti ! Ma con Julinho alla fine segnava anche uno come Virgili" .
Parlando strettamente in termine di ruolo Julinho era un'ala destra e se domandavi a chi assomigliasse delle moderne ali destre, se fosse un'ala "alla Jair" o "alla Causio", "alla Conti" o "alla Claudio Sala", immancabilmente "quelli che avevano visto" dopo qualche risatina dissacrante concludevano che Julinho era "un'ala desta alla Julinho".
E basta.
Arrivò dal Portuguesa, vinse uno scudetto memorabile, giocò una finale di Coppa Campioni, poi, per motivi mai chiariti del tutto, tornò in Brasile, al Palmeiras, prima della fine della sua terza ed ultima stagione italiana.
Di lui ho visto e so poco; potrei dirvi "che aveva un piede solo", ma "coloro che avevano visto" garantiscono che bastava perché con quel piede era capace di tutto, potrei parlarvi di una vittoria, di un gol , invece vi racconto di una foto.
Una foto che almeno prima campeggiava nel vestibolo degli spogliatoi dello Stadio Comunale "Artemio Franchi", era una foto di Julinho, ma quello che colpiva era l'insieme dell'inquadratura.
Vi era ritratto, oltre al campione viola, un altro giocatore in una posa inconsueta : un calciatore in maglia a strisce verticali, quella del Lanerossi Vicenza, che si sta rialzando affannosamente con lo sguardo rivolto a Julinho, che , in piedi, sta controllando il pallone con la suola, nella posizione di chi ha appena vinto un dribbling; il corpo, dalle spalle alle caviglie, percorso da una ondulazione, sinuosa, dolce e progressiva.
Quando la vidi, l'unica volta che sono stato in quel luogo magico, chiesi al mio accompagnatore, ovviamente uno di quelli "che avevano visto" e lui mi raccontò quello che io adesso racconto a voi.
"Julinho non era arrivato subito"- racconta il mio accompagnatore accendendosi una sigaretta, segno che la storia non sarà breve- "ma dopo che il campionato era già cominciato da qualche partita, ed una delle prime gare che gioca è a Vicenza, su un campo molto pesante.
Era stato l'ala destra del Brasile ai Mondiali di un anno e mezzo prima in Svizzera" - continua con gli occhi che guardano nel tempo -"ed era attesissimo, ma va tenuto conto che Julinho era arrivato dall'estate del Brasile all'inverno italiano e che allora in Brasile le partite in caso di pioggia venivano sospese."
Si sofferma un attimo, come se quello che deve dire gli costi fatica, poi riattacca parlando con calma per essere chiaro.
"Con queste attenuanti Julinho non tocca palla." - dice tutto d'un fiato come se fosse una bestemmia di cui vergognarsi, poi prosegue subito, quasi per cambiare discorso - "Nel Vicenza giocava un giovane terzino (oggi si direbbe un "emergente"), Mirko Pavinato, che lo marca benissimo e che nel dopopartita si lascia scappare qualche parola di troppo, qualche parola che potrebbe essere la frase "tutto qua il fenomeno brasiliano ?" - qui si ferma e gli sfugge un sorriso.
"La cosa viene riferita a Julinho che prende appunti.
Il campionato continua, Julinho si ambienta, diviene l'uomo in più della Fiorentina più bella di sempre,una squadra grande che vince uscendo fra gli applausi anche in trasferta, una squadra che non perde mai e domina il campionato come nessuno lo ha mai dominato e lo dominerà più.
Passando di vittoria in vittoria la Fiorentina arriva al girone di ritorno ed il Vicenza restituisce la visita alla Fiorentina, su di un campo che sembra un biliardo, in una bella giornata di primavera e quel giorno Pavinato ritrova Julinho che si ricorda di Pavinato.
Julinho, oltre che di Pavinato, si ricorda anche di quello che gli avevano riferito Pavinato aveva detto di lui dopo la partita di andata e se non se lo ricorda qualcuno (maledetti toscani…) provvede a ricordarglielo.
Pavinato passa un brutto pomeriggio : dribbling di tutti i tipi, veroniche, un autentico campionario con Julinho che, contrariamente al solito, cerca il colpo spettacolare.
Il risultato è presto messo in archivio e sul velluto Julinho è ancora più scatenato.
Se la guardi bene"- mi dice -"quella foto ha una prospettiva "strana" vieni più vicino"-
Si avvicina alla foto e me la indica, riguardandola infatti si nota Pavinato che si rialza, ma non sul campo, bensì sulla pista d'atletica, un posto dove i calciatori di solito non vanno mai, mentre Julinho lo aspetta sulla linea del fallo e lo guarda soddisfatto, ma con l'espressione seria e triste che lo caratterizzava, quello sguardo calmo e serio sopra un naso e dei baffetti che hanno solo i croupier e le ali destre anni '50 .
"A quel punto" - riprende -", l'allenatore del Vicenza, che allora si chiamava ancora Lanerossi, si alza dalla panchina e si rivolge a Bernardini perché faccia cessare quella mattanza.
Era un altro calcio, un calcio nel quale non c'erano le sostituzioni e l'unico modo per sottrarre Pavinato a quello scempio era l'intervento di Fulvio Bernardini"- conclude senza dar segni che adesso che si può cambiare mezza squadra le cose gli appaiano migliori; spegne la sigaretta e mi prende sottobraccio e continua- "Un intervento, autorevole, che arriva subito, proprio perché quello è un altro calcio, e basta un cenno di "Fuffo" perché Julinho esca di partita, passando la palla sempre di prima senza più torturare il povero Pavinato.
Questa, caro mio, è la storia di quella foto.
La storia di Julinho sarebbe più lunga e chi non l'ha visto non può credere quanto fosse formidabile, vinse quello scudetto e se fosse rimasto forse ne avrebbe vinto qualcun altro, ma adesso questo non conta più"-
Uscimmo da quel luogo incantato entrando nella primavera di Firenze col rumore del vento che muoveva le foglie che sembrava il brusìo lontano di un pubblico in festa.
E' così che mi hanno disegnato il mito di Julio Botelho, detto Julinho; un mito non può non avere contorni sfumati, se no che mito sarebbe.
Leggerete altrove ricordi più dettagliati e migliori del mio, degni di un grande calciatore che non fu Campione del Mondo solo perché aveva lasciato prima la sua maglia sulle spalle di Garrincha, che non è come "perdere il posto in nazionale".
Adesso Julinho e Garrincha si ritroveranno assieme e due ali così non le hanno mai viste neppure fra gli angeli.
http://www.postadelgufo.it/storie&miti/julinho.html