Questa settimana volevo parlarvi della storia di Valentino Mazzola, leggendario capitano del grande Torino
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INIZI:
Valentino Mazzola nacque a Cassano d'Adda il 26 gennaio 1919 da una famiglia modesta che viveva nel Ruscett (Riccetto), la zona povera del paese. Suo padre Alessandro era un operaio, la madre Leonina una casalinga. La sua infanzia fu molto triste e ricca di sofferenze: nel 1929 con la Grande Crisi il padre perse il lavoro e Valentino fu costretto ad abbandonare gli studi andando a lavorare prima in una panetteria come garzone e poi in un linificio, i suoi tre fratelli contribuivano a sbarcare il lunario vivendo d’espedienti. La casa di Valentino era una delle poche senza la corrente elettrica, un amico che un giorno era andato a dormire da lui fu shoccato dall’atmosfera triste e malinconica che si respirava a casa dell’amico e dal fatto non ci fosse nulla da mangiare. Valentino era un ragazzo molto taciturno, solitario, quasi mai sorrideva e spesso era assorto nei suoi tristi pensieri; per sfogare la sua rabbia e le sue frustrazioni era solito calciare lattine vuote nel tragitto da casa sua al linificio, da qui il suo soprannome di tulen con il quale era noto in tutta la borgata.
PRIMI CALCI:
Nel 1934 un dirigente della Tresoldi, la locale squadra di calcio, notò il talento di Mazzola e lo volle portarselo in squadra. Gli inizi calcistici non furono poi così entusiasmanti, Valentino venne infatti quasi immediatamente ceduto in prestito al Fara d’Adda per poi fare ritorno alla Tresoldi dopo un anno. In questi anni Mazzola venne impiegato in mediana, sia nella posizione di centrosostegno che in quella di laterale. Nel 1938 Valentino fu provinato dal Milan ma visto che aveva ricevuto un’offerta di lavoro dall’Alfa Romeo preferì andare a giocare nella squadra aziendale che militava in Serie C. Nell’Alfa Romeo Mazzola, dopo gli esordi come mediano e anche come terzino, giocò un intero campionato all’ala, questi continui cambi di posizione in campo saranno la sua fortuna quando con il Grande Torino emergerà la sua classe che farà di Mazzola il primo giocatore universale della storia del calcio.
VENEZIA, LA SORPRESA:
Nel 1939 Mazzola andò a fare il servizio militare a Venezia e fu notato da un dirigente del Venezia calcio che decise di fargli fare un provino. Superato il provino Mazzola divenne a tutti gli effetti un giocatore nero-verde. Mazzola passò l’intera annata 1939-40 più in tribuna che in campo ed esordì appena il 31 marzo 1940 nella partita Lazio-Venezia (1-0), prendendo il posto del centravanti titolare Pernigo, dopo quella partita non uscì più dagli 11 titolari. Valentino non fece in tempo a godersi l’esordio in A che una terribile notizia lo sconvolse: papà Alessandro era finito sotto un camion. Nell’estate del 1940 Mazzola firmò un contratto con il Bari ma su intervento della Marina militare fu persuaso a rimanere in nero-verde. Nella stagione 1940/41 Mazzola, nel girone di andata fu spesso utilizzato dal tecnico Girani come tappabuchi. Quando Girani fu sostituito da Rebuffo Valentino fu promosso stabilmente nel ruolo di mezz’ala sinistra e a fine campionato fu giudicato da molte riviste specializzate come il miglior numero dieci del torneo, una soddisfazione corroborata dalla conquista della sua primo trofeo della carriera, la Coppa Italia. Nella stagione 1941/42 ci fu la consacrazione per Valentino che in coppia con Loik (un altro incompreso scartato dal Milan) trascinò il modesto Venezia ad un terzo posto storico. Il 15 marzo Mazzola sposò Emilia Ranaldi, una sua compaesana dalla quale avrà due figli Alessandro (nato nel novembre 1942) e Ferriccio (nato nel 1945).
TORINO, LA LEGGENDA:
Nell’estate 1942 il presidente del Torino Ferruccio Novo si svenò e con un milione e duecentocinquantamila lire si aggiudicò sia Mazzola che Loik battendo sul filo di lana la concorrenza della Juventus. Mazzola, dopo un avvio stentato a causa del passaggio della squadra dal metodo al sistema, incominciò a prendere per mano la squadra e alla fine trascinò i granata ad una clamorosa doppietta: campionato-Coppa Italia. La guerra interruppe l’attività e Valentino per tenersi in forma disputò il campionato di guerra 1943/44 con il Torino Fiat (in pratica il Grande Torino con Piola e con Pozzo allenatore) che perse clamorosamente la finale contro la sorpresa Vigili del Fuoco di La Spezia. Nel 1945, alla ripresa del campionato, Mazzola, ormai leader indiscusso e trascinatore dei granata trascinò i suoi alla vittoria del Campionato Alta Italia e successivamente a quello di Divisione Nazionale, ormai il Torino stava per diventare Grande. La stagione successiva Mazzola divenne il capitano della squadra e disputò forse la sua migliore stagione segnando ben 29 reti (un’enormità per una mezzala). Nel frattempo la vita privata di Valentino fu scossa dalla rottura del matrimonio con Emilia che tornò a Cassano portandosi con sé Ferruccio, Valentino si prese in custodia il primogenito Sandrino e si legò sentimentalmente a Giuseppina Cutrone. Nonostante le turbolenze della vita privata, il rendimento di Valentino in campo non ne risentì e nella stagione 1947/48 fu ancora scudetto, con un record di ben 65 punti, Mazzola si confermò un cecchino infallibile fu il vice capocannoniere del campionato dopo Boniperti. Mazzola era ormai considerato uno dei giocatori più forti del mondo anche se in nazionale le cose andavano meno bene: Valentino, che era di carattere schietto e genuino, sentiva troppo l’emozione e il rendimento era incostante anche perché l’insipienza tecnica del vecchio CT Pozzo non gli giovava. Pozzo gli metteva attorno giocatori di stampo metodista che mal si addicevano al sistema che Valentino usava con i suoi compagni al Torino e che lo stesso Pozzo intendeva proporre nella rinnovata nazionale. Il siluramento di Pozzo in favore di una commissione tecnica nella quale c’era anche il presidente granata Novo sembrò sbloccare finalmente Mazzola e nel corso del campionato 1948/49 la sua stella cominciò a brillare anche in Nazionale, con la quale disputò due prove sontuose contro Spagna e Portogallo. In quella stagione però incominciarono a manifestarsi i primi dissapori con il Torino, Mazzola si rifiutò di scendere in campo la prima partite per divergenze economiche con la società. In realtà Valentino era ammaliato dall'offerta dell’Inter e in testa sua voleva lasciare Torino per ricongiungersi con la sua prima moglie e per evitare una denuncia per bigamia. Mancavano poche giornate alla fine quando il Torino andò a giocare a Milano lo scontro diretto con l’Inter, Valentino non giocò perché afflitto da febbre alta e mal di gola. Il Torino pareggiò con molte difficoltà per 0 a 0 grazie ai miracoli di Bacigalupo e decise di partire per Lisbona per giocare un’amichevole in onore del capitano lusitano Ferreira, amico personale di Mazzola conosciuto durante un incontro di qualche mese prima con la nazionale, che proprio in quei giorni metteva gli scarpini al chiodo. Mazzola, che non era al meglio e che ironia della sorte aveva paura di volare, decise di partire comunque per rendere omaggio all'amico. La partita finì 4-3 per il Benfica, il Torino al ritorno si schiantò contro la Basilica di Superga consegnando capitan Valentino e i suoi compagni alla leggenda.