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da l'Unità dell'11 maggio 2007 «Di niente, di meno
di Marco Travaglio
L’altro giorno, in questura, ho ritirato la notifica di una querela firmata dai cinque consiglieri della Rai in quota Cdl. Mi han denunciato per un articolo sulla nomina dell’incompatibile Meocci a direttore generale, costata alla Rai (cioè agli abbonati) 16 milioni di euro. Rientrato a casa, ho appreso che la Procura di Roma aveva chiesto il rinvio a giudizio di tutti e cinque per la nomina di Meocci: volevano trascinare me in tribunale, ci finiranno loro. In attesa di sapere se quella nomina è un reato, tutti sanno che è un’indecenza e c’è da augurarsi che la Corte dei conti faccia pagare a loro, non a noi, i 16 milioni. Mi ha querelato pure Fabrizio Del Noce, per un articolo in cui ricordavo gli strepitosi successi della sua Rai1, in collaborazione con i produttori esterni coi quali ha privatizzato la rete. Non potevo ancora prevedere le altre due furbate, “Apocalypse Show” e “Colpo di genio”, con cui il popolare Noisette è riuscito a rovinare anche Simona Ventura e Gianfranco Funari: prima di incontrarlo, erano due fuoriclasse degli ascolti; appena li ha sfiorati lui, è stata la catastrofe. È un re Mida alla rovescia. Vorrei comunque rassicurarlo: il titolo dell’articolo, “La prevalenza del cretino”, era tratto da un celebre libro di Fruttero e Lucentini. Potrebbe farlo leggere da qualcuno che lo capisca e poi farselo raccontare. Scoprirebbe che il libro non dava del cretino a nessuno: rappresentava il cretinismo dell’Italia anni 80, esattamente come il mio titolo tentava di descrivere il cretinismo imperante nella “rete ammiraglia”, elencando tutti i talenti con cui Noisette è riuscito a scontrarsi nella sua ridicola gestione di Rai1: Biagi, Celentano, Arbore, Carrà, Baudo, Frizzi. Su un punto Del Noce ha ragione: quando respinge con sdegno l’accusa di agire su commissione di Mediaset. Oltreché ingenerosa, l’accusa è davvero infondata. A lui i fiaschi non c’è bisogno di commissionarli: gli vengono spontanei. Ieri tutti fingevano sorpresa per l’ennesima fumata nera sulle nomine. Ma era tutto prevedibile già due anni fa, quando nacque il Cda dell’inciucio. L’altroieri il presidente della cosiddetta Vigilanza, Mario Landolfi di An, s’è recato in pellegrinaggio a Palazzo Grazioli dal padrone di Madiaset. Tuoni e fulmini dal centrosinistra (che però non vede l’ennesima prova che Berlusconi è in conflitto d’interessi anche quando sta all’opposizione, un conflitto risolvibile con l’ineleggibilità, non con l’incompatibilità). Purtroppo, quando due anni fa l’allora presidente della Vigilanza, Claudio Petruccioli, si recò a Palazzo Grazioli dal padrone di Madiaset, e ne uscì addirittura presidente della Rai, nessuno tuonò e fulminò. Eppure fu proprio allora che nacque questo Cda, con un mandato di tre anni. L’accordo spartitocratico era che l’opposizione avrebbe avuto la presidenza dell’azienda, e la maggioranza 5 consiglieri su 9, compreso quello (Petroni) nominato dal Tesoro. Non era difficile immaginare quel che sarebbe accaduto dopo le elezioni, accettando quell’inciucio: esattamente quel che si sta verificando. L’Unione vorrebbe sloggiare Petroni per rimpiazzarlo con un uomo di centrosinistra e ribaltare la maggioranza del Cda. Ma la Cdl ribatte che, allora, deve andarsene anche Petruccioli per far posto a un presidente di centrodestra: così continuerebbe a regnare sulla Rai anche dopo aver perso le elezioni. Chi è causa del suo mal, pianga se stesso. L’unica soluzione sarebbe il tutti a casa, con i partiti fuori dalla Rai. Ma pare brutto. Intanto, mentre tutti parlano di poltrone e nessuno di prodotto, l’agonia della Rai maschera quella di Mediaset. E nessuno investe in progetti nuovi, mentre Luttazzi, i Guzzanti e Grillo mietono successi nei teatri, nei palasport e nei cinema, e del rientro di Oliviero Beha (che alla radio faceva i record di ascolto) nessuno parla più. Poi qualcuno si meraviglia se la gente impugna il telecomando e si rifugia su Sky, o spegne il televisore. L’altro giorno, per dire, Alda d’Eusanio ha prestato un’oretta di “servizio pubblico” a Bruno Contrada per una scenetta strappalacrime con moglie al seguito, nel tentativo di impietosire la Cassazione che stava per giudicarlo per mafia. Missione fallita: da ieri è definitimente accertato che Contrada era un complice della mafia. Chissà se qualcuno parlerà di “uso criminoso della tv pubblica”, o magari chiederà una puntata riparatrice. »
Byez