Questo è il modulo e il tipo di gioco di base:
La nazionale brasiliana che vinse i mondiali nel 1970, battendo in finale l’Italia, è considerata una delle nazionali più forti di tutti i tempi, da quasi tutti la più forte nazionale verdeoro di sempre, superiore anche a quella del 1958. Rompiamo dunque gli indugi e passiamo a descrivere la tattica.
Il 4-2-4 brasiliano è stata probabilmente la formazione più spregiudicata mai messa in atto. Il calcio brasiliano aveva sempre rifiutato il concetto del libero, aborrendo la marcatura a uomo e puntando ad un calcio molto spettacolare. La difesa era dunque formata da quattro giocatori in linea, due centrali, uno un po’ più stopper e l’altro un po’ più libero (nel senso che il secondo era più completo), e due terzini fluidificanti, come imponeva la tradizione brasiliana dei due Santos del 1958, Nilton e Djalma, la coppia di fluidificanti più forte di tutti i tempi insieme a Suurbier e Krol, tradizione che sarà rispettata negli anni a venire con i vari Cafu e Roberto Carlos. Davanti alla difesa, stazionavano due giocatori, un mediano (anche se abbastanza completo) e un regista puro, el cerebro della squadra. E poi la linea degli attaccanti, formata da due ali che avevano, soprattutto la sinistra, licenza di svariare su tutto il fronte offensivo. Al centro, due punte molto mobili, quasi due mezzali. Inutile ricercare le origini di questo modulo nel metodo o nel sistema, perché non so se essi erano adottati dai brasiliani. Ecco i ruoli in dettaglio:
_________________________________Portiere
___________________________________n°1
______________________Brito____________________Piazza
_______________________n°2______________________n°3
Carlos Alberto_________________________________________________________Everaldo
_____n°4_______________________________________________________________n°16
_____________________Gerson_________________Clodoaldo
______________________n°8______________________n°5
_____________________________________________________________Rivelino
Jairzinho_______________________________________________________n°11
__n°7____________________________________________Pelè
__________________________Tostao_________________n°10
___________________________n°9
Guardando i numeri di maglia, si può tentare di risalire alla formazione dalla quale si è evoluto, tenendo presente che Everaldo aveva il 16 in quanto all’inizio della rappresentativa mondiale il titolare era considerato tal Marco Antonio, che aveva il numero 6. Partendo dal metodo:
____________________________________1
_____________________________2_____________3
__________________4_________________5___________________6
_____________________________8_____________10
__________________7_________________9___________________11
si intuisce che il modulo di partenza è più o meno questo, ma l’evoluzione dei ruoli ha seguito strade diverse: i due mediani laterali, che già prima erano una sorta di fluidificanti, arretrano a fare i terzini veri e propri, e i cari vecchi terzini metodisti si trasformano in centrali. In definitiva, se in Europa la difesa si accresce dal centro, decentrando i terzini, in Sudamerica (in effetti, il metodo era utilizzato dagli Uruguagi, quindi è probabile che i brasiliani l’abbiano copiato) la difesa si accresce dai lati. Il centromediano diventa quindi centrocampista, il mediano, e gli si affianca la mezzala destra, arretrato per l’occasione, che diventa il regista. La mezzala sinistra viene avanzata (lo stesso Pelè era mezzala, all’inizio della carriera) accanto al centravanti, e il gioco è fatto.
Vediamo quali erano i compiti di ognuno, ruolo per ruolo:
Portiere: il portiere era Felix, buoni riflessi ma in definitiva non certo un grande portiere.
Centrali: i due centrali erano Piazza e Brito, il secondo più completo del primo, ma che agivano comunque perfettamente in linea.
Terzini fluidificanti: i due fluidificanti, Everaldo a sinistra e il tuttofare Carlos Alberto a destra, raccolsero l’eredità di Nilton e Djalma Santos e, sebbene non riuscissero a coprire l’intera fascia come i successivi Krol e Suurbier, davano un grande contributo alle ali, arrivando anche spesso al tiro.
Mediano: il mediano era Clodoaldo, che aveva tuttavia le caratteristiche di un ottimo centromediano metodista, bravo in fase di copertura ma dotato anche di ottimi piedi.
Regista: il cervello arretrato della squadra era Gerson, giocatore simile sotto molti aspetti a Luisito Suarez, colui che dettava i tempi della squadra verdeoro.
Trequartista/Ala sinistra: il giocatore che ricopriva questo ruolo era Rivelino, uno dei più forti giocatori brasiliani di sempre, l’inventore dell’elastico. Dotato di gran potenza di tiro, Rivelino svariava su tutto il fronte offensivo, duettando con i compagni. Era il giocatore più arretrato dei quattro offensivi.
Ala destra: l’ala destra era Jairzinho, uno dei giocatori più controversi della storia, ritenuto un fuoriclasse assoluto da alcuni, un bidone stratosferico da altri. Fatto sta che nel ’70 imperversava sulla destra, duettando meravigliosamente con Pelè.
Seconda punta: il giocatore che ricopriva questo ruolo non ha bisogno di presentazioni: O’rei, Pelè, da molti considerato il più forte giocatore di sempre. Era il vero fulcro del gioco della squadra, impostava, dribblava, creava terrore nelle difese avversarie, segnava a valanga, partendo da dove voleva.
Centravanti: il centravanti era Tostao, anche lui una mezzala adattata al ruolo di centravanti, dotato di ottima tecnica e di splendido sinistro.
Il Brasile applicava un gioco altamente spettacolare, basato sul possesso del pallone e sulle invenzioni dei singoli. Il possesso palla era possibile grazie al fatto che ogni giocatore della squadra aveva un tasso tecnico altamente superiore alla media del suo ruolo, ai due fluidificanti, ai due mediani dai piedi molto buoni e, a mio parere, soprattutto al fatto che i due centravanti erano in realtà mezzali adattate, e per questo tornavano molto indietro per duettare con i compagni. La squadra adottava già una forma di calcio totale, poi perfezionata e lanciata definitivamente dagli Olandesi.
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