Media commerciali e ufficiali propongono incessantemente la versione americana del tormento che il Tibet avrebbe subito dall’"aggressore e sterminatore" cinese. Dopo anni di ricerca e studio appassionato per conto mio sono arrivato ad una conclusione molto netta: il "caso tibetano" è una gigantesca montatura creata ad arte dal mondo occidentale per screditare la Repubblica Popolare Cinese a fini imperialisti e di conquista.
Incominciamo dalla bugia numero uno: il Tibet nel 1951 sarebbe stato "invaso" dalla Cina. Nulla di più falso: il Tibet è territorio cinese dal tempo in cui in Europa non esistevano ancora gli Stati nazionali, i primi a mettere in discussione la sovranità cinese sul Tibet (guarda a caso) sono stati i fautori dell’imperialismo britannico impegnati nel Grande Gioco in Asia. Basta consultare qualsiasi atlante stampato in Europa negli Anni Trenta o Quaranta per notare che i confini della Cina sono quelli attuali, cioé incluso il territorio tibetano...
Improvvisamente le cose cambiano nel 1949 quando al potere sale quel "diavolo" di Mao Zedong, la presenza di un governo comunista in un paese di un miliardo di persone non poteva che allarmare le potenze occidentali, così fu ideata la "manfrina" del Tibet indipendente ed oppresso dalla Cina...
Ora però passiamo ad analizzare la società tibetana ai tempi dell'"invasione cinese", una società che i molteplici film di Hollywood, viene dipinto come una sorta di paradiso in terra. Nulla di più falso ovviamente, il Tibet lamaista era forse assieme all'Arabia Saudita uno dei posti più claustrofobici ed oppressivi del pianeta dove una ristretta casta di sacerdoti/monaci teneva in pugno una grande massa di schiavi senza alcun diritto esercitando una forme di violenza, fisica e psicologica, in certi casi estrema. Basta leggere il libro Sette Anni in Tibet scritto dall'esploratore tedesco Heinrich Harrer (di note simpatie nazistoidi e decisamente simpatetico nei confronti del Dalai Lama) per accorgersi di cose sconcertanti:
"La supremazia dell'ordine monastico nel Tibet è assoluta, e si può confrontare solo con una severa dittatura" (e detta da un nazista questa frase fa un certo effetto). Inoltre sono presenti corveés e prestazioni gratuiti che i servi devono prestare ai loro padroni, pena la fustigazione o, in casi più estremi la mutilazioni degli arti o l'estrazione degli occhi! Al Dio-Re (il Dalai lama) la gente comune non poteva nemmeno rivolgere uno sguardo, del resto un abisso separa la casta dei semi dei da quella dei poveri (che in Tibet rappresentavano l'80% della popolazione). Infuria la mortalità infantile, la durata media della vita è incredibilmente bassa, le medicine sono sconosciute, in compenso circolano farmaci assai singolari:
"spesso i lama ungono i loro pazienti con la propria saliva santa", anche reati banalissimi come il gioco d'azzardo
"sono puniti con la flagellazione", nella capitale Lhasa regnava il più profondo degrado e la sporcizia più grande (alla faccia del "Tibet ecologico" immaginato dai vari Richard Gere...)
Nel 1959 il Dalai Lama e gli aristocratici/nobili tentano di riprendersi il potere con l'ausilio della Cia: è una rivoluzione armata in piena regola con tanto di truppe suicide che accompagnano il Dio-Re, ma è un grosso buco nell'acqua, una "rivoluzione passiva" che non incontra nessun favore nelle masse, schierate tutte con la Cina.
Dagli Anni Settanta i fautori dell'imperialismo cambiano tattica, essendo impossibile tentare la soluzione armata, ora tentano la carta del soft-power: grazie all'ausilio di Hollywood (dietro Hollywood cioè il Dipartimento di Stato, i film americani sono per la maggior parte propaganda pura!) il Tibet viene trasfigurato in una sorta di Eden e il Dalai lama in una sorta di Santo/profeta della non violenza, ovviamente gli "invasori" cinesi sono trattati alla stregua di "sporchi musi gialli" violenti che hanno sporcato il sangue del nobile popolo tibetano, il "popolo più pacifico della terra"! Balle spaziali, basta leggere sopra.
In realtà in Tibet non c'è nessuna oppressione: il Tibet è da un pezzo una regione autonoma. Una rivista "di parte" come Foreign Affairs ha affermato che nella Regione Autonoma Tibetana il 60-70% dei funzionari sono di etnia tibetana e vige la pratica del bilinguismo, oggi nel 2017 un numero infinitamente più grande di tibetani conosce e sa scrivere la propria lingua rispetto agli Anni Quaranta...
Ma cosa vuole in realtà il Dalai Lama? Egli esige la creazione di un Grande Tibet, il quale includerebbe non solo il territorio che ha costituito il Tibet politico in età contemporanea, ma anche aree tibetane nella Cina occidentale, in larghissima parte indiscutibilmente cinesi. E poi esistono tibetani sparsi in Bhutan, Nepal, India. Toh, non vi ricorda qualcosa la pratica di "riunire in una sola nazione tutti i territori abitati da un popolo?". Il principio “nazionale” (rigorosamente virgolettato) del Dalai Lama è esattamente quello di Hitler, pari, pari! Con un discrimine peggiorativo: Hitler almeno praticava una forma (assai discutibile) di socialismo, il Dalai Lama manco quello: il suo è solo sciovinismo oscurantista e retrogado allo stato puro!
http://www.webalice.it/mario.gangarossa ... i-lama.htmhttp://www.resistenze.org/sito/te/po/ci/poci3e25.htm