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 Oggetto del messaggio: Re: Ucraina - vogliamo parlarne?
MessaggioInviato: sab 12 apr 2025, 18:11 
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Proposta di tregua, con fascia demilitarizzata sulla linea del fronte.

Nessun riconoscimento dei territori ma presidio russo a est.

A ovest Francesi e Britannici, e si spera qualche altro paese che decida di contare qualcosa.

Immagine

L'analisi del colonnello Stirpe.

Cita:
La Tregua di Trump?
Naturalmente è ancora presto per discuterne approfonditamente, ma sembra stia emergendo una bozza di “piano” americano di base per portare Kyiv e Mosca a una trattativa.
Cerchiamo di mettere a fuoco la cosa: si tratta di un piano DI BASE: non è la soluzione finale del conflitto, ma semplicemente la base su cui impostare una successiva trattativa; trattativa che a sua volta dovrebbe condurre ad un cessate il fuoco, non alla “pace”. Quindi la risoluzione politica del conflitto sarebbe comunque rimandata a data da destinarsi, e cioè ad un momento in cui le condizioni politiche generali evolvessero ad un livello tale per cui fosse possibile addivenire ad una soluzione definitiva accettabile dalla comunità internazionale: in sostanza, una soluzione “tedesca”, dove la DDR è sopravvissuta fintanto che l’Unione Sovietica ha potuto mantenerne il controllo militare.
Trattandosi di una proposta di “piattaforma contrattuale” e non di un “piano” finalizzato, è ovviamente molto generico e pieno di punti da chiarire in sede di trattativa. Nelle sue forme generali però di massima suddivide il territorio ucraino in tre zone principali: tutti i territori a ovest del Dnipro cadrebbero sotto la protezione armata di una “coalizione di volenterosi” su base europea (per ora anglo-francese), e sostanzialmente sarebbe coperta dall’equivalente dell’”Art.5” dell’Unione Europea; la Russia manterrebbe il controllo militare e dunque l’amministrazione dei territori attualmente occupati; l’Ucraina manterrebbe l’esclusivo controllo militare dei territori residui fra la sponda orientale del Dnipro e l’attuale linea del fronte. Ovviamente l’amministrazione di tutto il territorio ucraino non occupato sarebbe esclusiva pertinenza ucraina; la linea del fronte diventerebbe una “linea di demarcazione” e potrebbe prevedere – ovunque o in determinati tratti – una “fascia smilitarizzata” larga fino a 30 chilometri.
Per una volta, assistiamo alla presentazione di una “piattaforma” relativamente realistica: innanzitutto sarebbe militarmente fattibile e sostenibile, poi scontenterebbe entrambi i contendenti quanto basterebbe a rendere la trattativa almeno ipotizzabile, lasciando ad entrambi la possibilità di reclamare una “vittoria” più o meno verosimile.
Detto questo, vediamo le implicazioni militari di questa piattaforma.
Innanzitutto la natura della “Forza dei Volenterosi”: non si tratterebbe di “peacekeepers”, non sarebbero sotto l’ONU, e soprattutto non sarebbero schierati nella “fascia smilitarizzata”, come abbiamo cercato di spiegare per mesi. Si tratterebbe di una forza da combattimento e di dissuasione, come le forze NATO schierate a suo tempo nella Repubblica Federale tedesca per dissuadere un’invasione da parte del patto di Varsavia: a parte elementi da ricognizione, queste forze erano dislocate in profondità, a distanza di sicurezza da un attacco di sorpresa, e in grado di reagire con prontezza ad un’aggressione. Di fatto, con la loro presenza sul terreno queste forze offrirebbero all’Ucraina una garanzia equivalente all’Art.5 della NATO su tutto il territorio a ovest del Dnipro, garantendo definitivamente la sopravvivenza, indipendenza e sovranità dell’Ucraina nell’ambito della EU.
Per quanto riguarda la “fascia smilitarizzata”, il suo controllo dipenderebbe da “peacekeepers” che nulla avrebbero a che fare con la “Forza dei Volenterosi”: si tratterebbe in questo caso sostanzialmente di osservatori militari, magari assistiti da elementi leggeri per il sostegno logistico e la protezione immediata, presumibilmente sotto responsabilità ONU e probabilmente forniti da Nazioni quali India, Nigeria o Brasile. Il suo scopo sarebbe esclusivamente monitorare la situazione, investigare eventuali violazioni e tenere fisicamente separati i contendenti: un po’ come a Cipro. In alternativa, potrebbe anche essere una fascia più ristretta e semplicemente abbandonata, intensivamente minata e sottoposta al controllo da remoto delle forze contrapposte, come in Corea. È anche facilmente presumibile che questa “fascia” non esisterebbe in corrispondenza del settore dove la linea di contatto corrisponde al fiume Dnipro, e probabilmente nemmeno dove coincide con la frontiera di Stato internazionalmente riconosciuta, dove sarebbe al massimo ridotta a pochi metri.
Un gran numero di aspetti collaterali, primo fra tutti il controllo dello spazio aereo, sarebbero lasciati alle successive trattative.
Fin qui, quanto si riesce a capire al momento sulla proposta americana, come ventilata dal generale Kellogs. Esiste anche la versione rilanciata da Mosca, secondo cui la zona lasciata in mano russa dovrebbe corrispondere agli attuali confini occidentali degli Oblast unilateralmente annessi da Mosca nel 2022, ma si tratterebbe di un “non-start”, in quanto è assolutamente escluso che Kyiv possa anche solo sedersi a un tavolo dove la discussione partisse da una piattaforma che richiedesse un preventivo arretramento ucraino.
Ma si tratta di una piattaforma credibile?
Come detto sopra, per la prima volta si tratta di una proposta realistica: non prevede arretramenti da parte di nessuno dei due contendenti, se non in misura minima, e non ha la pretesa di risolvere definitivamente il conflitto ma unicamente di addivenire ad un “cessate il fuoco” più o meno stabile. Ove avesse successo, l’Ucraina otterrebbe il definitivo riconoscimento della sua sovranità accompagnato da una solida garanzia e dalla certezza della successiva integrazione in ambito europeo e occidentale, e dovrebbe in cambio rinunciare PROVVISORIAMENTE al ristabilimento dell’integrità territoriale; la provvisorietà sarebbe indefinita (Mesi? Anni?), e il vantaggio sarebbe la fine del conflitto guerreggiato, nella considerazione che la riconquista dei territori occupati potrebbe richiedere molto tempo e molte ulteriori perdite.
Di contro, la Russia otterrebbe il controllo a tempo indeterminato dei territori occupati e accederebbe ad un “confine” militarmente più difendibile del precedente, con la conseguente possibilità di millantare una “vittoria” sul campo grazie all’acquisizione di territori precedentemente non occupati.
A questo punto, la discriminante circa la convenienza o meno di questa piattaforma per l’Ucraina andrebbe individuata sul mantenimento o meno delle sanzioni alla Russia: se queste fossero tolte, nel giro di quattro anni un rinnovo dell’aggressione russa ai danni della zona NON coperta dalla garanzia europea sarebbe estremamente probabile in quanto porterebbe la Russia a controllare un “confine” (anche se non internazionalmente riconosciuto) ancora più favorevole. Se invece fossero mantenute, una ripresa militare russa sarebbe virtualmente impossibile e il degrado economico russo procederebbe fino ad un probabile collasso in tempi difficilmente prevedibili ma comunque non troppo distanti: collasso che consentirebbe un successivo reintegro pacifico dei territori occupati. Ogni eventuale “via di mezzo” circa le sanzioni andrebbe valutata ragionando fra questi due estremi.
Fin qui, la diplomazia. Poi però c’è la situazione sul campo.
La situazione sul campo – quella puramente militare – si presenta sempre più grave per i russi e sempre più promettente per gli ucraini, soprattutto in campo aereo. Il post è già lungo abbastanza senza riproporre ancora una volta gli aspetti tecnici che supportano questa mia affermazione, per i quali rimando all’audizione del generale Cavoli al Congresso, ma la sostanza del discorso è che in base all’attuale tendenza di sviluppo delle capacità ucraine e di sostegno occidentale, sarà possibile addivenire al collasso militare russo in tempi assai più brevi rispetto al collasso economico raggiungibile per via diplomatica mantenendo le sanzioni. Quello che però occorre ricordare, è che tanto l’Europa quanto l’America intendono evitare ad ogni costo che la Russia raggiunga un collasso sociale, le cui catastrofiche conseguenze sommergerebbero di profughi l’intero continente e costringerebbero a spese militari spaventose per stabilizzare la Federazione Russa.
Alla luce di quanto sopra, mi azzardo a prevedere che gli ucraini potrebbero accettare di trattare sulla base della piattaforma sopra esposta, probabilmente nell’intento di prolungare le trattative abbastanza a lungo da addivenire nel frattempo al collasso militare russo, con l’intento eventuale di accettare l’accordo e aspettare quello economico ove quello militare non si verificasse abbastanza presto.
ORIO GIORGIO STIRPE


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 Oggetto del messaggio: Re: Ucraina - vogliamo parlarne?
MessaggioInviato: sab 26 apr 2025, 19:40 
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 Oggetto del messaggio: Re: Ucraina - vogliamo parlarne?
MessaggioInviato: sab 26 apr 2025, 22:34 
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:gulp
termopiliano ha scritto:
Foto dell'anno?

Magari lo fosse...Dipende da cosa succederà dopo.


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 Oggetto del messaggio: Re: Ucraina - vogliamo parlarne?
MessaggioInviato: sab 26 apr 2025, 22:41 
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Di sicuro è di grande effetto.

Il problema è che il biondino è una mina vagante e non ha alcuna percezione del diritto internazionale.

Sarebbe bello se ne venisse fuori qualcosa, ma temo che sia solo un illusione.


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 Oggetto del messaggio: Re: Ucraina - vogliamo parlarne?
MessaggioInviato: dom 1 giu 2025, 17:34 
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Oggi è avvenuta una delle azioni militari più ardite ed efficaci di sempre, i media russi parlano addirittura di Pearl Harbor russa.

Cita:
A seguito del massiccio attacco dei Servizi di Sicurezza ucraini sugli aeroporti russi, sono stati danneggiati più di 40 velivoli, tra cui bombardieri A-50, Tu-95 e Tu-22M3. Secondo Clash Report, ciò indica un fallimento totale nel garantire la sicurezza degli aeroporti strategici russi.
"Nessun hangar, nessun ostacolo, nessuna guardia armata. Perdite ingenti", si legge nel rapporto.
Si sottolinea che, dal punto di vista dell'efficienza economica, l'operazione di sabotaggio dell'Ucraina non ha eguali.
Pertanto, se un drone FPV ucraino può costare solo 300-600 dollari, allora, ad esempio, un bombardiere strategico russo Tu-95MS modernizzato costa più di 100 milioni di dollari.
"Si tratta di una differenza di costo di oltre 100.000 volte", sottolinea il rapporto.
Inoltre, la distruzione dei bombardieri Tu-95MS, che rimangono la base dell'aviazione strategica russa, rappresenta il colpo più duro al prestigio militare e alla dottrina nucleare della Russia.
Se la Russia si liberasse di questi velivoli, ciò indebolirebbe il potenziale di attacco nucleare, ridurrebbe drasticamente gli attacchi convenzionali a lungo raggio e aumenterebbe la dipendenza dal Tu-22M3, più piccolo.
Si sottolinea inoltre che la Russia non sarà in grado di sostituirli rapidamente.
I Servizi di Sicurezza ucraini stanno conducendo un'operazione speciale su larga scala per distruggere i bombardieri nemici nelle retrovie della Federazione Russa. I droni dell'SBU si stanno esercitando sui velivoli che bombardano le città ucraine ogni notte. Secondo quanto riferito da fonti dei servizi speciali, attualmente gli aerei stanno bruciando gli aeroporti di Belaya, Diaghilev, Olenya e Ivanovo.
Questa operazione speciale unica nel suo genere è stata chiamata "Ragnatela". Gli aerei russi hanno subito perdite per oltre 2 miliardi di dollari.


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 Oggetto del messaggio: Re: Ucraina - vogliamo parlarne?
MessaggioInviato: dom 1 giu 2025, 20:17 
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Peccato che dopo Pearl Harbor ci sono state Hiroshima e Nagasaki.


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 Oggetto del messaggio: Re: Ucraina - vogliamo parlarne?
MessaggioInviato: lun 2 giu 2025, 19:21 
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O Futeboleiro ha scritto:
Peccato che dopo Pearl Harbor ci sono state Hiroshima e Nagasaki.


Peccato che la Russia non ne abbia più, se neanche riesce più a difendere le sue basi strategiche.


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 Oggetto del messaggio: Re: Ucraina - vogliamo parlarne?
MessaggioInviato: mar 8 lug 2025, 19:01 
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Reg. il: dom 28 lug 2013
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Trump: 'Putin sta dicendo un sacco di #@*§ sull'Ucraina'. E evoca sanzioni contro la Russia

Calo scorte, Usa hanno solo il 25% di missili Patriot'. Guardian: 'Esaurimento razzi in Medio Oriente causa stop a Kiev'. Macron a Westminster, 'gli europei non abbandoneranno mai Kiev'

Putin sta dicendo "un sacco di #@*§" sull'Ucraina: lo ha detto Donald Trump rispondendo ai reporter durante una riunione di governo.

Trump ha rievocato l'ipotesi sanzioni contro la Russia.

"Ci stiamo pensando con forza", ha detto, rispondendo alle domande dei giornalisti, ma senza entrare nei dettagli.

"Vogliamo dare armi difensive" all'Ucraina, ha detto Trump, perché "Putin non sta trattando bene gli esseri umani. Sta uccidendo troppe persone".

Gli Usa dispongono solo di circa il 25% di missili intercettori Patriot necessari per tutti i piani militari del Pentagono, dopo aver esaurito le scorte in Medio Oriente negli ultimi mesi, un calo allarmante che ha portato l'amministrazione Trump a congelare l'ultimo trasferimento di munizioni a Kiev. Lo scrive il Guardian. Le scorte di Patriot sono scese così in basso da suscitare preoccupazione al Pentagono per il rischio di compromettere potenziali operazioni militari Usa, e il vicesegretario alla Difesa Stephen Feinberg ha autorizzato l'interruzione della fornitura in corso, con l'ok del capo del Pentagono Pete Hegseth.

Donald Trump sembra aver rivisto almeno in parte quella decisione lunedì, quando ha annunciato ai giornalisti, a margine di una cena alla Casa Bianca con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che avrebbe "inviato altre armi" all'Ucraina, benche' non abbia rivelato se ciò include i sistemi Patriot. Trump ha anche detto al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, durante una telefonata, di aver ordinato una revisione delle scorte delle armi Usa ma di non averne ordinato il congelamento degli aiuti militari a Kiev, secondo fonti informate sulla conversazione. Tuttavia, la decisione presa il mese scorso di interrompere il trasferimento, come descritto da quattro persone direttamente a conoscenza della questione, si basava in gran parte sul sistema di monitoraggio globale delle munizioni del Pentagono, utilizzato per generare il livello minimo di munizioni necessario per attuare i piani operativi delle forze armate statunitensi. Secondo il sistema di monitoraggio, gestito dai capi dello stato maggiore congiunto e dall'agenzia di cooperazione per la sicurezza e la difesa del Pentagono, le scorte di diverse munizioni critiche sono rimaste al di sotto di tale soglia per diversi anni da quando l'amministrazione Biden ha iniziato a inviare aiuti militari all'Ucraina. L'amministrazione Trump ha avviato una revisione del livello di esaurimento dei missili Patriot e di altre munizioni intorno a febbraio, hanno affermato le fonti. Le discussioni si sono accelerate dopo che gli Stati Uniti hanno schierato un maggior numero di intercettori in Medio Oriente a supporto della campagna degli Houthi e in Israele. La situazione si è ulteriormente aggravata in seguito alla decisione di Trump di bombardare gli impianti nucleari iraniani il mese scorso, quando gli Stati Uniti hanno lanciato quasi 30 missili Patriot per intercettare i missili balistici iraniani lanciati in rappresaglia contro la base di Al Udeid in Qatar.



Il presidente russo Vladimir Putin ha firmato il decreto che nomina Andrei Nikitin ministro dei Trasporti. Lo riporta la Tass precisando che la candidatura è stata approvata oggi dalla Duma. Nikitin, nato a Mosca nel 1979, è stato viceministro dei Trasporti e prima governatore della regione di Novgorod. Ieri Putin ha sollevato dall'incarico di ministro dei Trasporti Roman Starovoit. Successivamente è stata annunciata la notizia della morte di Starovoit. Il Comitato investigativo russo sostiene che "l'ipotesi principale" per il decesso sia "quella del suicidio".

Francia e Regno Unito sono unite nel guidare la coalizione dei volenterosi e "gli europei non abbandoneranno mai l'Ucraina" di fronte "all'aggressione" della Russia di Vladimir Putin. Lo ha detto il presidente francese Emmanuel Macron rivolgendosi in inglese a Camere riunite al Parlamento britannico nella sua visita di Stato nel Regno Unito: onore accordato in passato ai presidenti americani Ronald Reagan e Bill Clinton, e più di recente alla cancelliera tedesca Angela Merkel o al presidente ucraino Volodymyr Zelensky. In precedenza Macron aveva deposto una corona in memoria dei caduti di guerra nell'Abbazia di Westminster.


https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2025/07/08/trump-putin-sta-dicendo-un-sacco-di-stronzate-sullucraina.-e-evoca-sanzioni-contro_66506027-d62a-4f3a-8959-8107de98d890.html

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MessaggioInviato: mer 9 lug 2025, 11:15 
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Le giravolte di Donald

Donald Trump frustrato e con le armi — istinto, imprevedibilità, dealmaking — spuntate davanti a un Vladimir Putin, studioso della sua psicologia (già nel 2017, prima di incontrarlo, chiese un rapporto sulla sua mentalità) che lo spinge verso un binario morto con una strategia fatta di elogi, disponibilità al dialogo sull’Ucraina e zero concessioni. Ora che Trump, dopo avergli fatto regali a raffica senza ottenere nulla, dice di non capire più il suo amico e gli dà del matto, il Cremlino replica con altri ringraziamenti per gli sforzi negoziali uniti a una frase che sa più di commiserazione che di comprensione: quel giudizio di «sovraccarico emotivo» brucia più di un insulto sulla pelle di un presidente che aveva promesso «pace in 24 ore», certo di godere di un rispetto che il leader russo non aveva per Obama e Biden.

Anche nel primo mandato Trump aveva gestito alcuni dossier con superficialità facendo concessioni in cambio solo di qualche risultato mediatico (come nel caso dell’incontro col dittatore della Corea del Nord). Gli avversari degli Stati Uniti si erano, però, mossi con prudenza, spaventati dall’imprevedibilità delle sue reazioni.
Ma, come sanno gli scacchisti che sono riusciti a battere un giocatore migliore con mosse sconcertanti, l’imprevedibilità funziona una volta sola. Trump ha usato quest’arma di nuovo ma su altri fronti: per accusare la Ue di essere peggio della Cina sul piano commerciale, per pretendere l’annessione della Groenlandia, per mettere con le spalle al muro Zelensky.

Tutti regali a Putin (indebolimento dell’Europa e di Kiev, disprezzo per le regole del diritto internazionale) al quale ha fatto, poi, molte altre concessioni: riconoscimento dei territori annessi prima ancora di cominciare a negoziare, no preventivo ad estendere all’Ucraina il meccanismo di difesa Nato, capovolgimento della realtà attribuendo a Zelensky la responsabilità della guerra e rifiutando di riconoscere, in sede Onu, la Russia come invasore. Ma anche smantellando, lontano dai riflettori di tv e giornali, le task force del governo Usa che stavano raccogliendo prove dei crimini di guerra di Mosca, che indagavano sui tentativi del Cremlino di interferire nei processi elettorali in Occidente e che ricostruivano i patrimoni occulti degli oligarchi vicini a Putin. Fino alla chiusura, mascherata da risparmio delle spese di bilancio, di organizzazioni che erano una spina nel fianco del Cremlino: dalla Voice of America al National Endowment for Democracy, creato a suo tempo da Ronald Reagan per monitorare le campagne russe di disinformazione.

Avendo offerto tutto questo, Trump si aspettava abbracci e pace da Putin. Invece lo zar, felice di aver incassato soprattutto il risultato più importante, la riammissione di un leader accusato di crimini di guerra e a rischio di arresto, nel consesso dei grandi, in un rapporto alla pari col capo della superpotenza mondiale, non gli ha concesso nemmeno una tregua di 30 giorni.

Così il set da Mezzogiorno di fuoco è stato smontato e il leader americano ha rimesso la Colt nella fondina: da pistolero è diventato prima un leader supplicante (sconcertato davanti ai suoi appelli fatti cadere nel vuoto da un autocrate che, pure, ammira), poi un presidente irritato: un Trump ondeggiante tra il risentimento nei confronti di Putin, la tentazione di ritirarsi da una partita «che riguarda soprattutto gli europei» (peraltro esclusi dalla sua architettura negoziale) e la minaccia di punire Mosca per la sua protervia che, però, finora non si è concretizzata nell’adozione di nuove sanzioni.

Risale a più di 50 anni fa The Broken Rebel, saggio nel quale Rupert Wilkinson analizzò le differenze tra una personalità autoritaria e un vero autocrate capace di imporre una dittatura spietata: indagine su come chi ammira un dittatore e vorrebbe gestire il potere in modo altrettanto assoluto rischia di finire in una sorta di sottomissione, magari finendo per sfogare la sua aggressività su chi è più debole. Più di recente sono stati scritti vari saggi sulle psicologie di due leader — Trump e Putin — che condividono tratti comuni, da un populismo che cattura il consenso di masse frustrate alimentandone il risentimento al narcisismo, ma molto diversi sotto altri aspetti.

Con Trump che oggi paga (e fa pagare a tutti i Paesi nel mirino della Russia) la sua illusione di poter mettere fine alle guerre con accordi tra grandi oligarchi del Pianeta nei quali lui pensava di prevalere grazie alla sua imprevedibilità e alla sua capacità di trasformare tutto in trattativa commerciale, senza perdere tempo a leggere dossier sulle cause profonde dei conflitti e ad ascoltare relazioni di diplomatici e intelligence sulle reali forze in campo.

Fidandosi solo del suo istinto, il leader americano sembra non capire che dietro l’autoritarismo che lui ammira, Putin ha la spietata razionalità dell’ex funzionario del Kgb, deciso a sfruttare tutti gli spazi che gli si aprono davanti per ridare alla Russia una grandezza imperiale dopo le umiliazioni del crollo dell’Unione Sovietica.

Così, mentre il suo team adorante vede nel futuro di Trump un altro manuale di grande successo, The Art of Peace Deal, l’arte di concludere accordi di pace, Putin gli fa balenare la possibilità di favolosi accordi commerciali Usa-Russia, dei quali il presidente si dice entusiasta. Talmente convinto di poter porre fine a una guerra che spacca l’Europa creando vantaggi di tipo economico da mandare a negoziare con Lavrov, grande volpe della diplomazia russa, il suo amico Steve Witkoff: un immobiliarista del Bronx che fino a qualche giorno fa dava interviste assicurando che Putin non poteva avere alcun interesse a estendere il suo controllo su tutta l’Ucraina. Oggi è lo stesso Trump a sostenere il contrario. Meglio rimettere, per ora, nel cassetto il sogno del Nobel per la Pace.


https://www.corriere.it/opinioni/25_mag ... 6xlk.shtml


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