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MessaggioInviato: mer 6 apr 2016, 23:22 
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Raccattapalle
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Reg. il: mar 23 giu 2015
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Indubbiamente l'avvento di Sacchi al Milan come allenatore ha coinciso con l'ascesa berlusconiana e con l' immissione di enormi capitali per l'acquisto di calciatori che hanno consentito di vivere al Milan uno dei periodi più gloriosi della propria storia, forse se consideriamo le vittorie conseguite in Europa e nel Mondo in "soli" 4 anni, il più glorioso.
Quando si parla di Sacchi, si vedono le partite di quel Milan, si leggono i pareri degli esperti in merito, è oggettivo riconoscere alcuni tratti fondamentali della sua filosofia: marcatura a zona, difesa alta, applicazione sistematica del fuorigioco, pressing alto ed intenso; per questi motivi per alcuni è stato un grande innovatore, per altri soltanto uno che non ha scoperto nulla ma che ha soltanto assemblato dettami di gioco inventati da altri prima di lui; per alcuni quel Milan ha vinto soprattutto grazie a lui, per altri principalmente grazie alla qualità di quei calciatori, di cui a mio avviso Baresi, Maldini, Rijkaard, Donadoni( spesso per me sottovalutato), Gullit e Van Basten erano autentici fuoriclasse affiancati da un gruppo di buoni-ottimi calciatori; per alcuni è stato un grande stratega, per altri soprattutto uno che ha soffocato l'inventiva dei calciatori in funzione degli schemi(emblematica in tal senso l'insofferenza di Van Basten negli ultimi tempi della sua gestione).
Infine, USA'94 dove Baggio conduce in finale un'Italia opaca e sofferente sotto la sua gestione, il Milan bis '96-97, le esperienze di Parma e Madrid contraddistinte da scarsi successi, che sommati a problemi di salute( da ciò che ho letto) che lo hanno indotto a lasciare la carriera di allenatore, fanno da contraltare ai fasti vissuti col suo Milan all'inzio dell'epopea berlusconiana.
A voi le considerazioni.

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samumonta


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MessaggioInviato: mer 6 apr 2016, 23:39 
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Tifoso
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Reg. il: mer 30 mar 2016
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"La zona di Sacchi è quella cosa che nessuno ha mai capito tranne Baresi, che alzava il braccio". Esordisco con questa frase che non è mia, è di tal Vittorio Sirianni (giornalista locale ligure, uno che passa dai dibattiti sportivi agli approfondimenti politici passando per i programmi di cinema, uno che ha qualcosa da dire su tutto) e, tanto per essere chiari, per me è una gran vaccata ma rende bene l'idea di come quel Milan possa portare a opinioni così contrastanti.
Non per fare il democristiano ma per me la verità sta nel mezzo: logico che senza quei giocatori quel Milan non avrebbe raggiunto risultati di rilievo ma penso che i meriti dell'allenatore ci siano e siano anche abbastanza rilevanti, anche solo da un punto di vista della preparazione atletica.


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MessaggioInviato: mer 6 apr 2016, 23:49 
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Raccattapalle
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Reg. il: mar 23 giu 2015
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Penso anche io Hanon, che Sacchi abbia avuto dei meriti nelle vittorie di quel Milan nonostante l'indiscussa qualità della squadra; sento spesso parlare anche di "sacchismo" inteso come movimento/rivoluzione culturale calcistica e come interpreti ho spesso sentito citare Conte( per il ritmo e l'intensità della sua juve può starci a mio avviso), so che Mourinho ne era un estimatore( anche se poi non so quanto abbia preso esempio da lui) e Ancelotti spesso dipinto come allievo( non saprei, forse a Parma, al Milan il suo gioco era improntato molto al possesso palla e a ritmi molto più blandi a mio avviso rispetto al Milan di Sacchi); credi però che gli insuccessi/difficoltà post-'91 che ha incontrato fino all'abbandono della carriera ne ridimensionino il giudizio sulla qualità dell'allenatore?

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samumonta


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MessaggioInviato: mer 6 apr 2016, 23:54 
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Reg. il: lun 20 feb 2012
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aldilà dei concetti tattici specifici di sacchi , alcuni dei quali sono stati superati tipo il fuorigioco sistematico ed altri che hanno portato a conseguenze negative tipo l'eccessivo schematismo e le tonnare a centrocampo , io trovo che il suo merito principale , nonchè la sua vera eredità , stia nell'esaltazione del collettivo e nella voglia di fare sempre la partita
queste cose poi ognuno le ha interpretate come gli pare ma sicuramente tante squadre vi si sono ispirate

limitandoci alla sua carriera mi pare folle negarne i meriti , poco cambia che avesse dei fuoriclasse , se l'inter di trapattoni(mica un nome a caso , molto significativo nel confronto) usciva col malmo mentre lui dominava in europa non poteva essere un caso


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MessaggioInviato: gio 7 apr 2016, 0:16 
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Tifoso
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Reg. il: mer 30 mar 2016
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Una finale mondiale non è proprio un insuccesso anche se trovo che in quell'occasione i meriti di Sacchi siano molto minori rispetto a quanto fatto con il Milan precedentemente. Dopo l'esperienza in Nazionale ha fatto troppo poco per dare un ridimensionamento. Che abbia incontrato difficoltà è evidente ma il valore di quanto fatto prima rimane immutato.
Ribadisco che più che i concetti tattici è l'atletismo di quel Milan che in certe partite risalta particolarmente.


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MessaggioInviato: ven 8 apr 2016, 8:23 
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Pulcino
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Reg. il: lun 12 mar 2012
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Il sacchismo ha cambiato in peggio il calcio.

E ha rischiato di rovinarlo del tutto, trasformandolo in una sorta di football americano giocato con i piedi.
(Come disse Sandro Mazzola in una vecchia intervista al Guerin Sportivo.)

Il punto è che la rivoluzione sacchiana ha messo l'accento sulla quantità, e sul collettivo, abolendo o quasi la figura del numero 10, cioé dell'artista.

Si è mai visto un artista "collettivo"?...

Inoltre ha dato potere e importanza alla figura dell'allenatore, e quindi allo spartito invece che ai musicisti.

Il calcio tradizionale, all'italiana, curava al massimo la difesa per consentire ai Rivera, ai Corso, ai Mazzola di esprimere
liberamente la loro creatività.

Il sacchismo proclama che bisogna sempre "fare la partita".
Ma questo significa intasare la tre quarti avversaria, creando ingorghi nei quali è molto difficile muoversi, per i giocatori offensivi.

Invece il calcio all'italiana cercava gli ampi spazi nella metà campo avversaria, nei quali colpire in velocità senza creare traffico.


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MessaggioInviato: ven 8 apr 2016, 9:10 
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Reg. il: ven 22 mag 2015
Alle ore: 20:02
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"Si è mai visto un artista collettivo?"

Sì.

Il problema è proprio un nostro limite culturale e di approccio. Sacchi per me ha grandi meriti e pure qualche demerito, ma fra i primi il più importante è proprio l'aver portato in Italia l'idea per cui il singolo di grande qualità e la squadra - intesa come collettivo - non sono realtà incompatibili. Van Basten era un artista, Donadoni pure.

Certo come tutti i fanatici a volte è degenerato, ed è rimasto ai vertici per poco tempo, tutto sommato.

Ma in generale ha ripreso alcuni concetti di Michels e Cruijff, esasperandone certe componenti (difesa aggressiva, importanza del ritmo e della componente atletica), ma anche riconoscendo che grande singolo e grande collettivo possono viaggiare insieme.

Anzi, noi fatichiamo a capire questa idea e infatti parliamo di bambagia e robacce simili: ma è solo un limite nostro.

Cruijff è stato rivoluzionario portando idee tipicamente sudamericane (i 5 numeri 10 che giocano insieme) dentro una cornice europeista. Sacchi ha accentuato la componente europeista, senza dubbio, e a volte la sua idea è stata portata a conseguenze quasi aberranti (le squadre di calciatori muscolari che pressano 90 minuti e stop), ma l'idea di fondo rimane quella. Si è sublimata come mai prima forse nel Barcellona, non a caso una squadra latina che vive su concetti olandesi.

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MessaggioInviato: ven 8 apr 2016, 9:21 
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Pulcino
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Reg. il: lun 12 mar 2012
Alle ore: 16:14
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Località: Milano
Francesco82 ha scritto:
"Si è mai visto un artista collettivo?"
Sì.

Il problema è proprio un nostro limite culturale e di approccio. Sacchi per me ha grandi meriti e pure qualche demerito, ma fra i primi il più importante è proprio l'aver portato in Italia l'idea per cui il singolo di grande qualità e la squadra - intesa come collettivo - non sono realtà incompatibili. Van Basten era un artista, Donadoni pure.

Certo come tutti i fanatici a volte è degenerato, ed è rimasto ai vertici per poco tempo, tutto sommato.

Infatti sai bene che Van Basten e Sacchi sono stati ben felici di separare le rispettive strade, nel 1991.

Il primo ha continuato a segnare e vincere anche senza i fantastici, avveniristici schemi sacchiani.

Il secondo non ha mai più vinto niente.
E non è nemmeno mai più riuscito a mostrare al mondo il suo mitico giuoco.
Il perché mi sembra ovvio, fin troppo.

Se il Napoli non crolla in quel modo verticale, e assurdo, nella primavera 1988... ti saluto sacchismo...

E se non scende quella incredibile nebbia, a Belgrado, nell'autunno successivo...


Ultima modifica di Oldboy il ven 8 apr 2016, 9:24, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: ven 8 apr 2016, 9:24 
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Reg. il: ven 22 mag 2015
Alle ore: 20:02
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Va bene, ma se facciamo le pulci a tutti, non finiamo più. Per me quel Milan avrebbe potuto vincere a prescindere da Arrigo, e l'ha fatto negli anni successivi. Ma non credo sia possibile negare i meriti del tecnico in termini anche concettuali.

Il mio discorso riguarda comunque proprio la presunta incompatibilità fra grande singolo e grande collettivo, che credo sia un nostro retaggio culturale, di cui hanno pagato le conseguenze i vari Rivera, Baggio & C.

Il primo sul piano della nazionale, il secondo a livello di club in alcune fasi. Il Brasile metteva in campo una marea di "artisti" e li amalgamava in un collettivo, per noi questo è impensabile: il calcio è soprattutto difesa, cazzimma, agonismo, tempra. I centrocampisti servono in primis a quello, loro fanno la squadra. Il singolo artista è un lusso che ti permetti solo se ti risolve le partite.

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MessaggioInviato: ven 8 apr 2016, 9:35 
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Reg. il: lun 12 mar 2012
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Francesco82 ha scritto:
Va bene, ma se facciamo le pulci a tutti, non finiamo più. Per me quel Milan avrebbe potuto vincere a prescindere da Arrigo, e l'ha fatto negli anni successivi. Ma non credo sia possibile negare i meriti del tecnico in termini anche concettuali.

Per me le colpe del sacchismo sono gravi, storicamente, proprio sul piano concettuale e filosofico.

Perché ha privato il calcio di un po' della sua poesia, e della sua specificità rispetto agli altri sport.

Ha messo l'accento sulla quantità: più corsa, più muscoli, più schematismo, più concentrazione, più pressing, più allenamento.
Tutte cose che si trovano anche in altri sport.

Quindi ha colmato un po' di quella distanza che separava il calcio dalle altre discipline.
E che contribuiva a renderlo affascinante.

Ha trasformato i calciatori in atleti veri e propri, rendendo più difficile l'identificazione da parte dello spettatore.

E no, non esistono artisti "collettivi": quella era un'idea in voga nell'Unione Sovietica fino agli anni '50.

L'artista è per definizione un individuo che esce dagli schemi.
E non sto parlando solo di calcio, ovviamente.


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