Luis Vinicio: “Ho rifatto l’Olanda in maglia azzurra”.
Prima grande centravanti (155 gol), poi allenatore rivoluzionario e spettacolare: così un brasiliano arrivato a Napoli a metà degli anni Cinquanta ha deciso di vivere in un paradiso e non lo ha mai più lasciato...
È stato un allenatore rivoluzionario, il primo in Italia ad adottare la zona: da che idea partì?
«Giocare in Italia mi sembrava facile, col libero potevo stazionare 90’ nell’area di rigore. Il primo concetto era dare all’avversario meno campo, potevamo farlo solo tenendo la difesa molto alta. Iniziai con l’Internapoli in serie C, avevo Wilson e Chinaglia e sfiorammo la promozione. Nel 1973 mi chiamò Ferlaino».
Col Napoli un terzo e un secondo posto, la beffa del gol di Altafini...
«Volavamo. Peccato per le due sconfitte con la Juve, 6-2 in casa dopo una massacrante trasferta di coppa in Cecoslovacchia e 2-1 al ritorno. Quel giorno dominammo, ci beffò allo scadere Altafini che Carlo Iuliano, inviato dell’Ansa, chiamò per primo core ’ngrato».
Resta un rimpianto?
«No, in città ci ricordano tutti, per qualcuno il mio Napoli era più bello di quello di Maradona. E di certo non avevamo gli stessi fuoriclasse. C’è mancato un titolo. Ma ai miei ragazzi dico sempre che dobbiamo essere orgogliosi di quei due anni, abbiamo aperto un nuovo capitolo nel calcio italiano chiudendo la parentesi del calcio brutto di Rocco ed Herrera».
Lo scambio Clerici-Savoldi col Bologna fu il primo passo verso l’addio.
«Del gringo avevo bisogno, con Savoldi avrebbe fatto scintille. Invece Ferlaino pensò agli abbonamenti, per arrivare a Savoldi sacrificò Clerici. Eppure quella stagione iniziò bene, a dicembre vincemmo all’Olimpico con la Lazio e per la prima volta i nostri tifosi, almeno trentamila, cantarono “Oj vita mia”».
’O lione: perché?
«Un giornale di Rio mi celebrò con una poesia: Vinicio, il tuo nome è perfetto, tu hai nel petto il cuore di un leone. Me lo sono portato appresso».
Chi le assomiglia oggi?
«Vieri qualche anno fa, oggi non saprei. Ma i più grandi che ho visto erano Garrincha e Nilton Santos».
Il Napoli di Sarri è come il suo?
«La voglia di dare spettacolo ci accomuna. Il mio Napoli è stato un vanto per l’Italia, Ameri disse che non aveva mai visto un calcio come quello di Vinicio. Un altro allenatore, in Europa, ammise di aver rivisto l’Olanda di Cruijff in maglia azzurra».
Lo scudetto chi lo vince?
«Questo campionato è a disposizione di tutte».
È vero che il suo Napoli era più bello del Milan di Sacchi?
«Arrigo passò un’estate ad osservare i nostri allenamenti in ritiro, venni a saperlo anni dopo. Quel Milan però ricorreva al fallo tattico per fermare l’azione. Noi non l’abbiamo mai fatto, noi eravamo leali >>.
http://napoli.repubblica.it/cronaca/201 ... 130982275/