Francesco82 ha scritto:
Scarone è stato celebrato come una fantastica mezzala metodista da tutti gli osservatori e i compagni dell'epoca, determinante per tutti i successi dell'Uruguay (compreso il mondiale, dove pure brillò meno).
Meazza lo vide a fine carriera e disse che faceva cose inimmaginabili per chiunque altro, e la sua fama di miglior giocatore del mondo a metà anni '30 era ancora intatta.
Ovviamente vale il solito discorso, ci fidiamo di tutte queste considerazioni? Io mi limito a dire che visti pareri autorevoli e i successi uno come Scarone può essere candidato alla top ten.
Scarone fece cose mirabolanti ovunque.
In Italia molti critici, anche autorevoli, hanno sostenuto “eh ma quando è arrivato da noi (tre stagioni in tutto, una all'Inter e due al Palermo) fece malino”. Vero, ma era oramai bollito, oltre i 33 anni, dopo dieci e oltre spesi a mietere successi e record, e poi ebbe subito un infortunio.
Ma Meazza di lui disse: «Venne all'Inter a 33 anni ma era ancora il migliore di tutti. Faceva cose che tutti gli altri potevamo soltanto immaginare. Non oso nemmeno pensare cosa dovesse essere 10 anni prima. Sinceramente, nel corso della mia carriera ho veduto e affrontato tanti avversari e tanti campioni, ma per me Hector Scarone rimane il più forte di tutti».
Ricardo Zamora invece etichettò Scarone come “Il vero simbolo del football”.
Una delegazione della Fifa nel '50 lo ha eletto miglior calciatore dei primi 50 anni del '900.
Quando venne in Spagna con una tournée con il Nacional, incantò tutta l'Europa con numeri incredibili e un bottino finale di 29 reti in 38 partite, lui che non era centravanti, ma mezzala metodista deputata anche a costruire il gioco. I dirigenti del Barcellona lo videro e lo ingaggiarono. Al Barça si fece male, giocò appena 9 gare, ma condite da 6 reti e numeri d'alta scuola, tanto è vero che i vertici blaugrana volevano tesserarlo e farlo diventare un professionista, promettendogli uno stipendio superlativo, mi pare di 1500 pesetas al mese, più di Samitier e Platko. Sarebbe stato il primo giocatore professionista della rosa, qualche anno prima di Zamora, che lo divenne dopo il passaggio dall'Espanyol al Real Madrid. Scarone rifiutò per giocare le Olimpiadi del 28, aperte solo ai dilettanti. Vinse quelle Olimpiadi con un gol in finale, entrando in area dopo un assist di Bossio (e non con un tiro da 40 metri, come si legge da alcune parti).
L'Uruguay di Scarone - e di Andrade, Nasazzi, Petrone, Gestido, Mazali, Cea - vinse due Olimpiadi (prima dei Mondiali la competizione più ricca e importante anche nel calcio) nel giro di 4 anni in Europa, dopo viaggi da tregenda. In 80 anni di Mondiali una sola nazionale ha poi vinto il titolo iridato in Europa, il Brasile di Pelè, dunque non proprio una squadretta. E nessuna nazionale europea ha ancora vinto il Mondiale in Sud America. Questo serve per capire quanto sia rimasto difficile nel corso degli anni vincere un titolo mondiale in un continente diverso dal proprio. bene, quell'Uruguay ci è riuscito due volte nel giro di quattro anni...
L'Italia ha vinto due Mondiali, di cui uno in modo ben poco limpido, nel proprio continente. Anzi: uno in casa propria e l'altro a due passi. Non proprio la stessa cosa. Oltretutto il numero di partite tra Olimpiadi e Mondiale era identico. Anzi. L'Olimpiade del 28 fu probabilmente qualitativamente superiore al Mondiale del 30, con un Uruguay più forte e anche un'Argentina più forte, con Orsi, Bidoglio, Ferreyra e Tarasconi in più rispetto a due anni dopo.
Tornando al discorso delle differenze da un continente all'altro, ai tempi, il clima, i terreni di gioco e l'ambiente incidevano moltissimo sul rendimento di giocatori e squadre che erano pochissimo abituate a giocare in continenti differenti da quello di origine. Negli ottavi del Mondiale 38, si giocò un pirotecnico Brasile-Polonia. Bene, con il sole e il clima caldo, condizione a cui i brasiliani erano abituati sulle spiagge di Rio, i verdeoro scattarono sul 3-1 nel primo tempo.
Poi venne fuori la pioggia, la temperatura scese e la Polonia rimontò fino al 4-4. Il tempo però cambiò di nuovo, tornò il sole e prevalse il Brasile 6-5.
Lo stesso Brasile che otto anni prima in Uruguay trovò un clima molto rigido e, come si legge anche dalle cronache dell'epoca, ne soffrì molto: la Jugoslavia, abituata a giocare nel freddo, vinse 2-1 ed eliminò i brasiliani.
Quell'Uruguay fu invece imbattibile ovunque e con qualsiasi clima. La prima vera Nazionale di Fenomeni globali.