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 Oggetto del messaggio: Nereo Rocco, il Paron
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INIZI:
Nereo Rock, così all’anagrafe, nasce a Trieste il 20 maggio 1912 da una famiglia di macellai di lontane origini viennesi, nel 1925 il cognome fu cambiato in Rocco. La sua famiglia lo voleva capitano, ma a Nereo interessava solo il pallone, così terminate le medie decide di andare ad aiutare la famiglia come fattorino, nel tempo libero gioca a calcio. Su consiglio dell’amico Piero Pasinati (poi campione del mondo del 1938) viene tesserato dalla Triestina, esordisce in alabardato a 17 anni in una partita contro il Torino.

GIOCATORE:
mezzala sinistra atipica, non molto tecnica ma dotata di gran fisico e di un grande tiro con il mancino, Rocco gioca 232 partite in rosso alabardato segnando sessantasei reti, tutt’ora è il secondo miglior marcatore della storia della società giuliana. Nel 1934 disputa la sua unica partita in Nazionale a Milano contro la Grecia (4 a 0 per l’Italia), gioca 45 minuti sottotono e nella ripresa verrà rimpiazzato da Ferrari. Nel 1937 passa al Napoli, sotto il Vesuvio però delude e disputa tre annate anonime, decide di scendere di categoria accasandosi al Padova. Nella stagione 1941/42 Rocco è allenato da tale Joszef Banas, il primo allenatore che in Italia decide di giocare con il libero staccato, Rocco nel nuovo schieramento tattico gioca da mediano davanti alla difesa. Nel 1943/43 disputa la sua ultima annata da professionista con 94° Reparto di Trieste (Serie C), poi scoppia la guerra.

INIZI DA TECNICO:
nel 1945 Rocco inizia da allenatore giocatore ad allenare la squadra del suo rione, il Cacciatore, ottiene subito la vittoria del campionato di promozione. L’anno successivo passa alla Libertas Trieste che milita in Serie C sempre con il doppio ruolo di giocatore e allenatore. Vista l’età e la pancetta Rocco decide di auto impiegarsi come battitore libero. In un'amichevole contro la più quotata Triestina, Rocco riesce a infliggere una clamorosa sconfitta agli alabardati (1 a 0), che lo prenotano per l'anno seguente. In realtà Rocco non è assolutamente convinto di fare l’allenatore e appena saputo il suo ingaggio durante i festeggiamenti per il ripescaggio della Triestina in A (l’Unione era finita ultima in classifica nel campionato precedente ed era stata ripescata per via della delicata situazione nella quale versava la città) pensa ad uno scherzo. Dopo molti dubbi Rocco, che non possiede nemmeno il patentino, decide di provare gratis per due mesi.

TRIESTINA, IL MIRACOLO:
Rocco si trova tra le mani una squadra che allinea tra le sue file un paio di nomi illustri (Trevisan, Tosolini, Ispiro) ormai al digestivo e alcuni giocatori da scoprire (Sessa, Begni, Giannini). Rocco decide di schierare la squadra con un inedito mezzo sistema: davanti al portiere Striuli c’è il libero Blason, il terzetto di difesa è composto da Zorzin (terzino destro), Sessa (stopper) e Radio (terzino sinistro). Davanti alla difesa il mediano Giannini marca la mezz’ala e viene aiutato dai rientri di Trevisan, che gioca a tutto campo. In attacco giocano Rossetti ala destra, Begni ala sinistra e ispiro centravanti con tosolini trequartista, in termini moderni si tradurrebbe con un bel 4-2-3-1. La Triestina dopo un inizio difficile ingrana la quarta e termina seconda a pari merito con Juve e Milan (ma con gli scontri diretti a favore) dietro all’irraggiungibile Torino. Ciò che stupisce della squadra alabardata non è solo la ferrea fase difensiva ma anche le pregevoli azioni di ripartenza con 4-5 giocatori che si fiondano come schegge negli spazi. Rocco resta altri due anni a Trieste e centra due ottimi ottavi posti, poi il rapporto con la dirigenza s’incrina e decide di cambiare aria.

TREVISO, ANCORA TRIESTINA:
Rocco allena per tre anni il Treviso, in serie B e ottiene buone posizioni di metà classifica, poi decide di tornare a Trieste ma si trova una società sull’orlo dell’abisso e con uno spogliatoio che non lo accoglie positivamente, così dopo un pesante 0-6 casalingo contro il forte Milan di Nordahl arriva l’esonero, è l’unica esperienza veramente negativa del Paron in oltre venticinque anni di carriera.

PADOVA, I MANZI:
Rocco non se ne sta con le mani in mano e accetta subito dopo l’esonero la chiamata del Padova, i patavini sono con un piede e mezzo in Serie C. l’inizio è traumatico perché la scossa del nuovo tecnico non arriva, poi Rocco compatta il gruppo e lo spogliatoio e il Padova riesce ad ottenere una grande salvezza. L’anno dopo il Padova ottiene la promozione in Serie A e adesso inizia il bello. Al primo anno di A il Padova ottiene l’ottavo posto e Rocco rivaluta giocatori dati per morti come Blason, Zanon, Moro. Poi, dopo una stagione interlocutoria arriva il capolavoro: i manzi si classificano terzi in classifica e a lungo insidiano la Juventus prima di crollare nelle ultime partite. Secondo Gianni Brera il Padova è stato a lungo danneggiato dalla classe arbitrale per via del suo gioco da molti additato come catenacciaro. In realtà il Padova di Rocco era una squadra sicuramente ben impostata dietro ma che era anche capace di esaltanti azioni di ripartenza. Il match contro la Fiorentina vinto 3 a 2 può considerarsi come un vero spettacolo calcistico. Rocco tra le altre cose riesce a far esplodere il talento del regista Rosa e scopre una giovane ala svedese scartata da mezza Serie A, Kurt Hamrin. Dopo il terzo posto il Padova centra tre quinti posti consecutivi ed entra nell’elite del calcio italiano. Rocco nell’estate 1960 diventa selezionatore della Nazionale olimpica, al coppia di mezzali di quella squadra è Bulgarelli-Rivera, tanta roba per un catenacciaro! Rocco capisce di aver fatto il suo tempo a Padova, vuole la grande squadra e la trova, il Milan.

MILAN, IL TRIONFO:
L’impatto di Rocco con il Milan non èd ei migliori, la piazza lo snobba per via del suo passato provinciale e per il fatto che si esprima in un italiano buffo e dialettale. Dopo un inizio difficile Rocco intima al DT Viani la cessione dell’inglese Greaves, bravo ma troppo sregolato. In cambio il Milan acquista il brasiliano sani, è la svolta: il Milan vince lo scudetto con un gioco frizzante e offensivo con un attacco formato da Danova (ala destra), sani 8mezzala destra), Rivera (mezzala sinistra), Altafini (centravanti) e Pivatelli (ala sinistra), alla faccia del catenaccio! L’anno dopo il Milan va male in campionato ma vola in Europa e arriva a disputare la finalissima a Wembley contro il fortissimo Benfica. I portoghesi passano in vantaggio ma poi il milan prende in mano la partita e grazie a due ripartenze fulminanti vince 2 a 1 e si porta a casa la Coppa Campioni, Rocco diventa il primo tecnico italiano ad aver vinto l’ambito trofeo. Prima della vittoria Rocco si era già accordato con il Torino, così lascia il Milan (anche per contrasti con Viani) e va sotto la mole.

TORINO:
Il quadriennio di rocco al Torino in realtà è stato tutto sommato positivo: centra un grande terzo posto nel 1964/65 (miglior risultato dal dopo Superga allo scudetto di Radice del 1976), lancia nel grande calcio un certo Meroni, valorizza il trequartista Moschino e il concittadino Giorgio Ferrini, ma il feeling con la piazza è così così e il Paron non riesce ad entrare nel cuore della tifoseria granata che da lui si aspetta lo scudetto. Al termine della stagione 1966/67 decide di ritornare al Milan, società che è nel pieno caos e che è reduce da campionati decisamente grigi, sembra il capolinea e invece qui il Paron si appresta a realizzare il suo immenso capolavoro.

MILAN, IL CAPOLAVORO:
Rocco al suo arrivo trova una squadra a pezzi, lui si tira su le maniche e decide di spendere i pochi soldi presenti nella casse societarie in Hamrin, che però ha già 33 anni. Quindi il Paron decide di puntare su Cudicini (secondo portiere del Brescia), Malatrasi (libero del Lecco) e decide di lanciare il giovane Pierino Prati. Il Milan resuscita e vince lo scudetto segnando gol a grappoli e stritolando tutte le concorrenti. L’anno dopo il Milan punta alla Cappa Campioni: elimina il Celtic grazie a una prova catenacciara in Scozia, poi da una lezione di calcio a Milano contro il Manchester United di Best e Charlton, al ritorno il Milan perde uno a zero ma esce tra gli applausi dell’Old Trafford. In finale c’è l’Ajax di Michels, ancora troppo giovane ed inesperta. Finisce in trionfo: 4 a 1 per il Milan e venti tiri in porta a due, catenacciaro a chi? L’annata successiva (1969/70) arriva anche la Coppa Intercontinentale dopo due infuocate sfide contro l’Independiente, Rocco e il suo Milan sono sul tetto del mondo.

MILAN IL TRAMONTO:
Dopo l’Intercontinentale inizia il lento declino del Milan e del suo tecnico, la squadra è troppo anziana e non riesce più competere per lo scudo. Nel 1972/73 sembra l’ano buono, il Milan acquista Chiarugi e resta in corsa in tre manifestazioni su tre. Il Milan vince la Coppa UEFA a Salonicco contro il Leeds giocando però da cani, ormai la squadra non ne ha più. Rocco pretende il rinvio della partita decisiva contro il Verona, se il Milan vince e campione d’Italia, la società fa orecchie da mercante e il Milan soccombe 4 a 2. Come ciliegina sulla torta il Milan perde anche la Coppa Italia contro il Torino ai rigori. Rocco resta anche l’anno successivo ma ormai delega sempre più compiti al suo fido vice Giovanni Trapattoni, a metà campionato viene esonerato.

FIORENTINA E ULTIME PANCHINE:
Rocco decide così di rimettersi in gioco e nel 1974 diventa l’allenatore della Fiorentina. Con i viola il Paron disputa una buona annata, ha tra le mani una squadra giovane e ambiziosa, ma il feeling con la piazza e alcuni giocatori (Antognoni su tutti) non c’è e così, prima della finale di Coppa Italia che doveva disputarsi contro il suo Milan, non se la sente e si dimette. Rocco così perde la possibilità di gioire per il suo ultimo trofeo della sua incredibile carriera. Nel 1976/77, con il Milan in cattivissime acque dopo la disastrosa esperienza zonista di Marchioro, Rocco disputa la sua ultima stagione da tecnico. Il Paron riesce a salvare il Milan, è la sua ultima avventura nel mondo del calcio. Rocco, abbandonata la panchina non è più lo stesso, gli manca terribilmente il campo e lo spogliatoio, così nel giro di pochi anni si ammala di epatite e muore a Trieste il 20 febbraio 1979 all’età di 67 anni.


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MessaggioInviato: gio 31 gen 2013, 12:29 
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certo che far passare herrera come un semplice catenacciario e rocco come uno zeman VINCENTE ante-litteram, con calcio champagne etc.. mi pare francamente eccessivo


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GLENN MILLER ha scritto:
certo che far passare herrera come un semplice catenacciario e rocco come uno zeman VINCENTE ante-litteram, con calcio champagne etc.. mi pare francamente eccessivo


Chi l'ha detto scusa? Herrera ha perfezionato in senso ancora più cosnervatore le idee di Rocco. Mentre Rocco giocava con 4 attaccanti, 2 mediani e 4 difensori, Herrera giocava in modo diverso più complesso: un regista arretrato (Suarez) e tanti centrocampisti pronti ad attaccare gli spazi, il giochino di HH era circa questo: mi piazzo con dieci uomini davanti alla difesa e poi parto a cento all'ora in contropiede grazie ai vari jair, pierò, Mazzola, che erano dei velocisti.

Il discorso sul Paron è diverso: lui giocava sempre con 4 attaccanti, prediligeva una difesa arcigna e un centrocampo tosto anche se non disdegnava i piedi buoni (Sani ne è un esempio), diciamo che sia deguava parecchio agli avversari: se l'avversario era passivo le sue squadre attaccavano con 4-5 uomini, viceversa se gli altri attaccavano allora preferiva giocare di rimessa tenendo almeno 7 giocatori dietro la linea della palla...


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Rocco non so perchè ma viene sempre etichettato solo come catenacciaro eppure le sue squadre segnavano spesso. Io non ero nato ma vedendo le statistiche nel campionato che il Milan perse a Verona vedo che fece un numero spropositato di gol, però la sua difesa fu una delle peggiori. Perchè viene considerato dall'opinione pubblica solo come un catenacciaro? Ha fondamento questa teoria?


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la frase che preferisco di Rocco (non la trovo quindi non sarà un quote esatto, ma ricordo di averla letta):
per vincere basta 1 portiere che pari tutto, un assassino in difesa, un genio a centrocampo , un attaccante che la metta dentro + 7 asini che corrono per il campo

spettacolare :8)

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Probabilmente viene ricordato come catenacciaro perché venne eretto dall'amico Gianni Brera a paladino della scuola difensiva italiana in contrapposizione all'epoca ai sostenitori del WM e del calcio offensivo in generale.
Brera è stato sempre un sostenitore del Metodo giocato in chiave difensiva che non è molto dissimile dal catenaccio, quando si parla di catenaccio di solito si sbaglia a considerarlo un impostazione di gioco quando invece è un modulo vero e proprio.
Poi il WM passò di moda e la tattica all'italiana venne contrapposta ai sistemi di gioco nord europei orientati verso il 442 e il 433 o comunque a quelle scuole che proponevano o sembravano proporre un calcio offensivo.
Nel periodo di Rocco in Italia c'era una vera e propria guerra di religione in questo senso con i quotidiani sportivi e non che si dividevano in fazioni ponendosi come riferimento dell'una o dell'altra posizione.


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Cita:
la frase che preferisco di Rocco (non la trovo quindi non sarà un quote esatto, ma ricordo di averla letta):
per vincere basta 1 portiere che pari tutto, un assassino in difesa, un genio a centrocampo , un attaccante che la metta dentro + 7 asini che corrono per il campo

vabbè...le massime di Rocco sono decine :grin

"Tu colpisci tutto quello che si muove. Se è la palla, meglio" detta però in dialetto triestino :asd

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Il Milan di Rocco stagione 1967/68 ha il record di gol segnati in un campionato a 16 squadre...
Non solo ha anche il record di gol segnati in una partita (9 a 3 contro l'Aalanta)...


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Giornalista: "Come giocherete domenica?"
N. Rocco: "Domenica giocheremo così: Cudicini in porta e tutti gli altri fuori..."

Un grande :D


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Mad ha scritto:
Giornalista: "Come giocherete domenica?"
N. Rocco: "Domenica giocheremo così: Cudicini in porta e tutti gli altri fuori..."

Un grande :D


Io sapevo un'altra risalente a tempi di Padova:
Giornalista: "Domenica in trasferta giocherete in modo offensivo?"
N. Rocco: "Domenica giocheremo così: tutti davanti"

Il Padova vince uno a zero con un catenaccio micidiale, il giornalista si ripresenta e gli fa osservare "Non ha onorato alle sue parole caro Rocco" e il Paron risponde con la sua consueta flemma: "No, no, mi go dito tuti davanti, ma intendevo a Pin (il portiere)".


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