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Dipende dal modulo che viene utilizzato. Di certo, però, come ricordi tu, l'ala sinistra ha finito per il subire “molte più contaminazioni”. Nel Catenaccio ad esempio, l'ala sinistra è in pratica diventata la seconda punta, mentre l'ala destra ha mantenuto la sua funzione originaria. Ma anche in altri sistemi di gioco, l'ala sinistra è stata - per così dire - deprezzata. Si pensi al Brasile campione del mondo nel '58: mentre l'ala destra Garrincha era realmente un giocatore di stampo offensivo, dedito ai compiti inizialmente previsti per un'ala (dribbling e cross dal fondo), l'ala sinistra Zagallo venne sacrificata in mansioni di copertura, per bilanciare il centrocampo e le avanzate a sinistra del leggendario terzino Nilton Santos. E' successo anche però che questi compiti più difensivi siano stati appannaggio dell'ala destra, mentre l'ala sinistra rimaneva tale: questo è il caso della Grande Ungheria. L'ala destra (Toth o Budai II) era un giocatore di raccordo, che ripiegava spesso per dare una mano a Bozsik o Hidegkuti nella costruzione del gioco; mentre l'ala sinistra, il grande Czibor, era realmente un'ala pura tutto genio, estro e attacco. Stesso discorso nel River Anni '40, con l'ala destra Munoz giocatore più versatile e l'ala sinistra Loustau esterno offensivo puro. Diciamo che uno dei pochi moduli che - teoricamente - preserva le ali come vere ali è il 4-4-2 di britannica impostazione.

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Il capitano Obdulio Varela al giovane Ruben Moran prima della finale del Mondiale 50, Brasile 1 Uruguay 2


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MessaggioInviato: sab 14 gen 2012, 20:12 
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forse è un giocatore un po' al limite come periodo, ma è lo stesso uno di quei giocatori che ha pagato la scarsa fruibilità mondiale del calcio nel periodo in cui viveva. Parlo di Zizinho: vorrei dagli storici qualche informazione in più su questo grande campione ;)

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MessaggioInviato: sab 14 gen 2012, 20:19 
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Oudeis, ora devo uscire. Appena posso scrivo di certo qualcosa sul grande Zizinho, che in Brasile è considerato il più grande calciatore brasiliano a non aver mai alzato al cielo la Coppa del Mondo. Un gigante. Nel frattempo, magari i sempre preparati Mad e Deus possono darti qualche utile informazione sul "Maestro Ziza"

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MessaggioInviato: dom 15 gen 2012, 14:07 
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Reg. il: dom 5 apr 2009,
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Altro mio pallino :P

Zizinho in Europa non è molto conosciuto, difficile che venga nominato quando si parla dei grandi della Seleçao, discorso che vale certamente anche per altri grandissimi del passato, Leonidas, Friedenreich, da Guia, ma lui, per quanto è stato grande lì è davvero poco conosciuto qui.

Nelle varie selezioni all-time a volte paga il fatto di aver giocato in ruoli dove il Brasile ha dato il meglio all'intera storia del calcio, e dando per scontati Pelé, e Garrincha, con tutti gli altri ha da giocarsela, quindi spesso paga nei confronti dei più noti Zico, Didì, Rivaldo, Ronaldinho e compagnia bella. Il punto è che per chi ha avuto la fortuna di vederlo il confronto nemmeno si pone, se non, forse, giusto coi primi due.

Uno il cui modo di giocare viene paragonato ad un'opera d'arte di Leonardo da Vinci, stesa sulla grande tela del campo del Maracanà, direi che si presenta già discretamente.

Il vero nome sarebbe Tomas Soares da Silva, ma Zizinho suona meglio no? E' nato nel 1922, ed ha 17 anni quando viene provato dal Flamengo, sostituendo in amichevole nientemeno che Leonidas, infortunato.

In realtà lui avrebbe voluto giocare per l'America FC di Rio, ma fu scartato perchè "fisicamente fragile" (storia che per altro si è ripetuta numerose altre volte per altri grandi campioni in futuro).

Ovviamente convince i dirigenti del club a trattenerlo, l'allenatore Flavio Costa gli dirà a fine partita (dopo che il ragazzo segnò due gol): "tagliati i capelli e torna domani", e da lì non se ne andrà prima di parecchi anni, diventando simbolo e stella della squadra di Rio.

3 campionati di fila col Flamengo, e 146 reti in 329 partite. Resta qui fino al 1950, l'anno che segnò la sua carriera. Con lui, da Guia e Leonidas il Flamengo iniziò a muovere i passi da protagonista nel campionato brasiliano, diventando uno dei clubs più importanti, e quel che faceva specie, era che si trattava di tre giocatori di colore.

Nonostante un'ottima Coppa del Mondo (sarà decretato miglior giocatore della competizione), nel 1950 non riesce ad evitare che il suo Brasile venga sconfitto davanti a 200 mila persone nella partita decisiva con l'Uruguay. Per questo forse il suo nome rimarrà sempre, in parte, legato a quell'esperienza, per i brasiliani così tragica. Di certo gli andò meglio che al portiere Moacir Barbosa, ma questa è un'altra storia.

Dopo la partita con la Spagna (conclusa per 6 a 1 a favore della Seleçao), un giornalista inglese disse di Zizinho: "Non stiamo parlando semplicemente di un grande giocatore, uno dei tanti grandi giocatori trovati in diverse parti del mondo. Questo è un genio! Un uomo che possiede tutte le qualità che dovrebbe avere un professionista per potersi avvicinare alla perfezione."

A seguito della sconfitta con l'Uruguay pare che Zizinho cadde per qualche tempo in depressione, pensando addirittura di lasciare il calcio. Quando poi si decise a riprendere, tornò sulla gara a difesa di Barbosa, commentando: "è assurdo dare la colpa di quella sconfitta a qualcuno dei miei compagni di squadra, come hanno fatto con Barbosa, nessuno dovrebbe essere mai incolpato individualmente per quella partita."

Facciamo ordine comunque: Zizinho poteva essere impiegato un po' in tutto il reparto offensivo del campo, diciamo che il meglio lo dava, forse, come mezzala. Oggi potrebbe giocare come trequartista, seconda punta, ma anche regista, e ala.

Dotato di enorme tecnica, sia nel controllo di palla, nel tocco della stessa, che nel passaggio, nel servire il compagno. Ambidestro, un dribbling formidabile, come, si dice, pochi altri, ed una visione di gioco non comune, come, si dice, altri meno ancora.

Si distingueva per la sua completezza, Pelé, il cui idolo da ragazzino era proprio Zizinho, lo ha descritto così: "Era un giocatore completo. Giocava a centrocampo, in attacco, faceva gol, sapeva marcare, colpire di testa e crossare".

Dopo il 1950, oltre alla già, sopraccitata disfatta del Maracanà, Zizinho affronta la nuova dirigenza del Flamengo, rapporto non idilliaco a quanto pare, difatti verrà poi ceduto per una grossa cifra, senza essere nemmeno consultato, al Bangu.

Nel Bangu (altra squadra di Rio, per la cronaca), segna comunque 120 reti.
Sembra che al momento di firmare il contratto Zizinho non volle nemmeno leggerlo, dicendo al Presidente: "se lei, signore, ha speso una cifra del genere per me, significa che apprezza il mio modo di giocare". Per la cronaca, la prima successiva partita in cui si incontrarono Flamengo e Bangu il risultato fu di 0 a 6 per la nuova squadra di Zizinho (la più larga sconfitta nella storia del Flamengo).


Partecipa a sei edizioni della Coppa America, vincendo quella del 1949, e della storia della Coppa America è assoluto protagonista, in quanto giocatore con più marcature della competizione (17 assieme all'argentino Norberto Mendez) e giocatore con più presenze (34 assieme al cileno Sergio Livingstone).

Durante la Coppa America 1953, ha delle discussioni con uno dei membri della delegazione Brasiliana, l'apice fu quando questo Jose Lins do Rego, gli intimò di farsi fare una puntura prima della finale (per la quale Zizinho si era infortunato). Il giocatore rispose che piuttosto avrebbe giocato zoppo, ma non si sarebbe mai fatto fare delle punture. Il Brasile in finale perse, e Jose Lins do Rego accusò pubblicamente i giocatori di essere dei mercenari e dei deboli; a quel punto Zizinho replicò pubblicamente dicendo di sapere un po' di cose riguardo a come funzionasse all'interno la Seleçao.

La polemica portò all'esclusione di Zizinho dai Mondiali del 1954, ufficialmente per far posto a Didì. Anche se mi sembra chiaro che non fosse proprio quello il motivo. Chissà che sarebbe successo in quel quarto di finale Brasile - Ungheria, finito 2 a 4 per i magiari, se in campo ci fosse stato anche Zizinho.

Nel '57 finisce al San Paolo, e riesce a conquistare un campionato Paulista.

Nel 1958 avrebbe ancora l'opportunità di partecipare ai Mondiali di Svezia, ma, alcune fonti dicono che lui, trentaseienne, venne alla fine escluso a favore del giovane Pelé, allora diciassettenne. Zizinho, invece, dichiarerà in futuro che venne avvertito della convocazione solo quattro giorni prima di partire, e che non se la sentì di rubare il posto a gente che già si stava allenando, che non era più un ragazzino e che quindi rifiutò. Disse, però, anche di essersi, successivamente, enormemente dispiaciuto di non aver mai potuto giocare accanto a Pelé.

Nel 1959 va a giocare per l'Uberaba, formazione dello stato di Minas Geiras.

Dopo essersi già ritirato, nel '61 gli viene chiesto di fare una partita in Cile, per l'Audax Italiano, finì per giocare l'intera stagione realizzando anche 16 reti.

A fine carriera i gol in nazionale saranno 30 (o 31) su 53 partite.

Fu anche mentore di un altro grande giocatore della Seleçao: Gerson. Zizinho era amico del padre di Gerson, e così il ragazzo crebbe con i consigli del "Mestre Ziza", visti i risultati doveva essere un ottimo maestro :P

Un giornalista brasiliano disse di lui: "Gli dei hanno concesso a Zizinho la grazia del calcio, ma il tempo non l’ha voluto al momento giusto".


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Ultima modifica di Mad il dom 15 gen 2012, 14:14, modificato 1 volta in totale.

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grazie mille, bellissimo pezzo ;)

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Beh, nulla da aggiungere al sontuoso pezzo di Mad :)

Riporto un particolare di Zizinho al Mondiale '50...nella partita contro la Yugoslavia segnò un gol favoloso, partendo dal lato destro del campo poco dopo il centrocampo, superando un paio di avversari e calciando dal limite nell'angolo opposto..l'arbitro inspiegabilmente annullò...bene, Zizinho non fece una piega, nell'azione successiva si fece dare di nuovo palla sul versante destro, dribblò ancora un paio di difensori e segnò nella stesso modo, con tiro teso e angolato..una moviola perfetta...questo a dimostrazione della grandezza tecnica di questo giocatore.

Un giornalista della Gazzetta dello Sport scrisse che Zizinho era «come Leonardo da Vinci, che dipinge opere d'arte con i piedi sull'immensa tela del Maracanà». Pelè ha sempre detto che il suo modello è stato Zizinho e, un po' come Di Stefano nei riguardi del suo "maestro" Pedernera, così Pelè ha sempre considerato Zizinho il massimo giocatore da lui ammirato.

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Ecco alcune "perle" di Zizinho che parla della sconfitta del Mondiale '50..

«Alcuni giorni dopo la sconfitta del Mondiale, ero talmente scosso che non riuscivo a prendere sonno. La mia società, il Bangu, mi aveva messo in vacanza per alcune settimane. Al quarto giorno li chiamai e dissi: "vengo ad allenarmi", non ce la facevo più a rimanere a casa. Allora tornai ad allenarmi. Ricominciai a giocare e uscii da quella situazione. Barbosa invece morì per la sconfitta del '50. Lo avete ammazzato voi giornalisti, andai in un programma tv e lo urlai a chiare lettere. A fine partita ero andato fuori dallo stadio a piedi, nessuno mi aveva dato fastidio, la gente che avevo incontrato mi diceva solo: "caro mio, oggi è andata storta". Ma il martedì la stampa cominciò già ad alzare la voce, a dare le sue spiegazioni sul perché avevamo perso. Se la prendevano con Barbosa, sempre. Non solo con lui, anche con Bigode, il quale non osava allontanarsi da casa. Andava solo in due posti, veniva da me o da Ademir. Lo invitavo a dei ritrovi e gli facevo la promessa che nessuno si sarebbe azzardato a parlare di calcio. Se uno si azzardava a sfiorare l'argomento, lo cacciavo fuori. Bigode lasciò Rio e se ne andò a Minas, poi lasciò anche Minas perché gli rompevano sempre le scatole ritornando immancabilmente su quell'argomento. Ora vive a Espirito Santo. Juvenal se ne sta a Bahia e non ritorna mica. A me non addossarono mai la colpa, ma se ci avessero provato sarei stato capace di rispondergli. I miei compagni erano più umili, io invece rispondevo a tutti. Il 16 luglio stacco la cornetta altrimenti mi chiamano da tutto il Brasile per sapere come abbiamo fatto a perdere la Coppa del Mondo. Non è vero Rosanì (l'assistente personale, ndr)? Sarò anche vicino agli 80 anni, ma piaccio ancora alle donne... Se conservo la medaglia d'argento dei Mondiali '50? Sì, ma non la lavo mai. In Brasile essere vicecampioni fa schifo. Tanto vale non qualificarsi neanche in finale, poi perdere fa ancora più male. L'unico vice che vale la pena essere è il vice-presidente perché diventi tu presidente se lui muore... Anzi, da noi nessuno ammazza i presidenti, quindi non va bene neanche quel vice...».

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Chi mi dice qualcosa su Josif Bican ? :-)


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Josef Bican è stato probabilmente il più forte attaccante del periodo bellico: purtroppo anche lui è stato penalizzato dalla Seconda Guerra Mondiale e dalla mancanza di competizioni internazionali che potessero tramandarne ai posteri l'effettivo valore.

Nato a Vienna il 13 dicembre 1913, è stato un attaccante rapido, dai fondamentali completi, dal fiuto del gol eccezionale. Dopo essere cresciuto nel vivaio dello Schstek, passa nel 1931 al grande Rapid Vienna, club con cui avvierà la sua portentosa carriera in termini realizzativi. I 53 gol segnati in pochissime stagioni con il club viennese gli valgono la chiamata nella nazionale austriaca a soli 20 anni. Il Wunderteam di Hugo Meisl sta incantando l'Europa e si fa portatore di un calcio nuovo, che getta le basi del total football poi ripreso dagli ungheresi dopo la Seconda Guerra Mondiale. Bican sfonda solo in parte nel Wunderteam (nonostante un buon bottino di reti), chiuso dalla stella Matias Sindelar, che troverà una tragica morte dopo l'Anschluss con la Germania hitleriana.

Nel 1937, si trasferisce in Cecoslovacchia, Paese di cui prende la cittadinanza, allo Slavia Praga. Con il club praghese conquista 6 campionati cechi, diventa l'idolo dei tifosi e segna con una frequenza inaudita: gli storici gli accreditano 395 reti in 204 partite (!), una media che fa davvero venire la pelle d'oca. Dopo la guerra si trasferisce in un club più piccolo, il Vitkovice, dove continua a timbrare puntuale come una cambiale. In totale, sarà per 12 volte capo-cannoniere del campionato ceco e per 5 stagioni consecutive miglior tiratore di tutti i massimi tornei europei.

Gioca anche 14 partite con la Cecoslovacchia e una, nel '39, con la Boemia Moravia, nel famoso 4-4 contro la Germania, dove - tanto per gradire - lascia il segno realizzando una tripletta. A fine carriera gli vengono accreditati 643 gol in 400 partite. Bican è stato un vero animale da gol, una macchina che in area non lasciava mai scampo a nessun marcatore. La guerra, come scrivevo prima, lo ha privato di una considerazione maggiore presso gli appassionati del presente. Ma chi conosce la storia, non può non considerarlo uno dei massimi attaccanti dei primi 50 anni del secolo. E' morto nel 2001 a Praga.

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Dopo Alex James, Eddie Hapgood viene considerato il più grande e influente giocatore dell'Arsenal di Chapman. Nato nel 1908, era gracile, esile e sulle prime nessuno avrebbe scommesso due lire su una sua carriera calcistica ad alto livello. Cresce nel Kettering, i dirigenti dell'Arsenal vengono stregati dalla sua meravigliosa tecnica individuale, ma storcono il naso davanti alle difficoltà fisiche. Decidono ugualmente di investire su di lui. E sarà la gloria.

E' il 1927 quando il 19enne Hapgood arriva al grande Arsenal, che Chapman sta cambiando secondo coordinate nuove: ai terzini non si chiede più di ramazzare l'area, liberi da vincoli di marcatura, come nel Vecchio Metodo. Ora, per loro, allargati sulla fascia, il compito è quello di controllare le ali avversarie. Hapgood però va oltre. Non si limita a coprire, ma sfruttando proprietà di palleggio e risorse tecniche e di dinamicità insolite per un difensore, spinge con costanza lungo tutto l'out, sostituendosi di fatto ai mediani laterali del Metodo. Spesso James o Jack, le due mezzali, possono pescarlo con lunghi fendenti a tagliare il campo, pronto a sostituirsi all'ala Bastin, pronto a crossare per il centravanti Drake. E' nato il terzino fluidificante, una figura centrale nell'evoluzione tattica del calcio e che viene abusata un po' in tutte le filosofie e i moduli, da quelli di matrice numerica (4-2-4, 4-3-3, 4-4-2) al catenaccio, fino alle disposizioni contemporanee.

Hapgood diventa ben presto capitano dei Gunners, nonostante sia uno dei più giovani del gruppo: dimostrazione di un campione completissimo, dal carisma eccezionale. Con l'Arsenal conquista 5 scudetti e 2 Fa Cup. Nel frattempo, debutta in nazionale, nel 1933, e pure con la maglia dei Leoni non tradisce: la sua proverbiale spinta sull'out diviene un marchio di fabbrica, la sua personalità spiccata lo porta in brevissimo tempo (anche qui) al grado di capitano. Nei test-match che l'Inghilterra disputa contro le migliori squadre d'Europa, Hapgood è sempre uno dei migliori in campo. Peccherà solo nel 1939 nel 2-2 contro l'Italia a San Siro, quando il doppio passo di Biavati lo manderà fuori giri. In totale, chiuderà a 393 presenze con l'Arsenal e 30 con l'Inghilterra.

Eddie Hapgood resta ancora oggi un'icona del calcio d'oltremanica, insieme a Bobby Moore forse il più forte difensore inglese di ogni tempo e uno dei massimi terzini sinistri della storia.

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