Continuiamo a parlare della meravigliosa Maquina, narrando le gesta di un altro giocatore di quella formazione:
Adolfo Pedernera.
Nato il 15 novembre 1918 ad Avellaneda, vicino a Buenos Aires, Pedernera cresce nelle giovanili dell'Huracan. Nel 1934 viene ingaggiato dal famoso River Plate e nel '35 debutta in prima squadra, giocando come interno destro, in coppia con il centravanti Peucelle e l'interno sinistro Moreno, di due anni più vecchio e destinato a diventare suo inseparabile compagno di tanti trionfi. Grazie alle magie di questo tridente da sogno, il River vince il campionato. La stagione successiva, i biancorossi centrano un altro titolo, con Pedernera che viene schierato da ala sinistra, dimostrando quindi grandissime capacità tattiche, sapendosi adattare in diversi ruoli.
Nel 1940 l'allenatore Renato Cesarini lo imposta da centravanti ed è la nascita della famigerata Maquina, destinata a sconvolgere gli equilibri del calcio mondiale. Munoz a destra, Loustau a sinistra, Moreno da interno destro arretrato, Pedernera da centravanti e Labruna da interno sinistro avanzatissimo: questa la versione più celebre di una prima linea atomica, con 5 interpreti meravigliosi che si scambiano posizione di continuo, mandando in tilt le difese avversarie.
Se Moreno è forse il più grande di quel River da sogno, Pedernera è colui che più di tutti permette alla Maquina di diventare realtà, grazie alla sua versatilità e alla sua intelligenza tattica. E' lui il cervello, il regista della squadra: manovra i fili del gioco, serve invitanti assist per gli inserimenti di Labruna, ripiega fin quasi sulla linea di centrocampo, si inserisce per concludere personalmente. Sa e può fare tutto.
Nel 1941, arpiona con il River il terzo titolo nazionale, in estate è tra i protagonisti del successo in Coppa America, a Santiago del Cile. Nel 1942 fa suo il quarto campionato argentino. Per vincere il quinto dovrà attendere il 1945 mentre nel 1946 gioca una Coppa America sontuosa, che l'Argentina vince a redini basse. Il suo carattere altezzoso e il suo carisma a tratti esagerato lo portano però a scontrarsi con i dirigenti del River, che nel 1947 lo vendono all'Atlanta per 140mila pesos.
Chiude così la sua avventura nel River con 131 reti in 287 partite. Con la maglia dell'Atlanta non ingrana (appena 4 reti in 28 presenze) e anche il successivo ritorno all'Huracan non sembra giovargli (20 partite e 2 gol). I maligni sostengono che sia oramai bollito. Niente di più sbagliato. Dopo lo sciopero dei calciatori argentini in seguito alla crisi (di cui Pedernera è tra i promotori), nel 1949 il nostro emigra in Colombia, ai Millionarios di Bogotà, dove è accolto da 5mila tifosi colombiani in festa.
I Millionarios in quegli anni si sono posti fuori dall'ambito Fifa e stanno reclutando a suon di dollari i migliori calciatori del continente sudamericano. Pedernera è il primo ad essere scelto. Insieme a lui, vengono ingaggiati anche il difensore Zuloaga, il portiere Cozzi, l'argentino Hector Rial (che diventerà poi una stella in Europa nel Real Madrid) e l'altro argentino Nestor Rossi, uno dei centromediani più forti degli Anni '40. Ultimo della lista, il 23enne Alfredo Di Stefano, l'erede di Pedernera in maglia River e chiamato in Colombia proprio dal suo maestro.
Con una simile accolita di stelle, i Millionarios incantano, conquistano 4 campionati su 5 e si guadagnano l'appellattivo di "Balletto Azzurro": Pedernera è il leader della squadra, personalità, esperienza e carisma. Per questo, si guadagnerà il soprannome di "Napoleon del futbol" e di "Maestro".
Dopo i fasti colombiani, Pedernera torna in patria nel 1954 a Baires, dove chiude la carriera giocando in coppia con Boyè nel Globito. Diventa quindi allenatore di successo, guidando diverse formazioni argentine (e vincendo due titoli argentini con il Boca Juniors) e la Colombia ai Mondiali '62. Nel 1965, in seguito a un grave incidente automobilistico, è costretto a un ritiro momentaneo. Rientra nel '68 e continua ad allenare nelle giovanili del River Plate fino alla morte, per un attacco cardiaco, il 12 maggio 1995.
Pedernera resta nella storia del calcio argentino e sudamericano come una delle figure più rilevanti. Attaccante modernissimo per i suoi tempi, veloce, dai fondamentali tecnici completi e dall'intelligenza tattica mostruosa, è stato un precursore anche come mercenario.
Antonio Ghirelli, apprezzato giornalista e storico italiano, lo ritiene il massimo centravanti della storia, mentre Biran Glanville lo ha inserito come terzo giocatore più grande dei primi 50 anni del '900 alle spalle di due icone come Scarone e Meazza. Il grande Alfredo Di Stefano, suo compagno nel River e poi nei Millionarios, lo considera addirittura il miglior giocatore di tutti i tempi:
«Il più grande calciatore che abbia mai visto nella mia vita è stato Adolfo Pedernera. Maradona era eccezionale, fantastico; e nessuno chiaramente può mettere in dubbio il valore di Pelè. Ma, sebbene sia difficile fare paragoni, ritengo che Pedernera sia stato il più completo di tutti. Era in grado di giocare ed essere determinante in ogni ruolo».
Pedernera è citato molto anche in diverse lettere di ernesto guevara... doveva essere davvero divino..