DI VLADIMIRO CAMINITI, DEL MARZO 1991:
Non ho mai avuto dubbi nell’indicare in Julio Cesar un autentico asso. Perché scarpinando si impara e Mexico City non poteva mentire. Sulla altura avevo visto all’opera quel fortissimo, altero “centre half”, quel formidabile autentico artista della difesa, che sa tramutare in offesa, con un piede calibrato e potente, all’altezza di un piazzamento sempre magico.
Non sto ingannando il lettore. Sto piuttosto narrando uno dei più grandi difensori naturali del calcio mondiale. Se il lettore consente, Julio Cesar attinge al piazzamento ed esprime nel campo una lievitante forza fisica. che ha qualcosa di belluino, di magnetico, ma sempre su piani di euclidea espressività.
Il suo apparire nella Juventus è stato accompagnato da critiche che definire cattive è davvero poco. C’era una punta, e comunque un’ombra di razzismo, in quei giudizi estivi, ed anche successivi alle prime partite in Coppa e campionato. Era vero, invece, che Julio Cesar stava ancora guardandosi in giro, si ambientava nella nuova maglia, cominciava appena a conoscere i nuovi compagni, era tutto nuovo per lui dopo gli anni, diciamolo pure, romanzeschi e pionieristici di Francia.
Parma - Juventus gli do sette. Cesena - Juventus, io lo trovo semplicemente fortissimo. È troppo lento per giocare in Italia, è il refrain dei media. Una colossale balla.
Julio Cesar, classe 1963, di Baurù, ex asso del Guarani, già del Brest e del Montpellier, può iscriversi ai ruoli dei grandissimi difensori brasiliani di ogni tempo, uno come i magici Nilton e Djalma Santos, uno con tutte le stimmate della classe. Non vedete l’eleganza sontuosa della sua corsa, la sicurezza luciferina del suo anticipo, la cattiveria leale del suo tackle? V’è forse in Italia, a parte “Franz” Baresi, un difensore con il suo stacco, con la sua belluinità e la sua eleganza?
Eppure il trapianto di Julio Cesar nella Juventus non è stato facile visto che, molto superficialmente, certi commentatori (ad esempio Sivori, e lo scrivo con malinconia) sostenevano che mai il Brasile ha avuto grossi difensori. Si tratta di un’affermazione un po’ settaria, se ci è consentito scriverlo, a proposito di un giocatore che abbiamo molto amato, ma non il commentatore televisivo. Non è vero, poi, che il Brasile mai abbia avuto grandi difensori. La storia bisogna conoscerla, e Sivori non la conosce. Io me la coccolo, la storia, me la bevo nelle mie letture lunghe e interminabili. lo penso che la storia sia tutto per uno scrivano di calcio.
E so che Julio Cesar ha avuto un antenato in Domingos da Guia, il quale senza essere insuperabile come difensore puro, era insuperabile come artista, fu il più pagato dell’America ai suoi tempi, era alto e agilissimo, era un pennello come tocco di palla, era un virtuoso. Ecco, per me Julio Cesar è ancora meglio.
Domingos giocava nei giorni del nostro Mondiale in Francia, rimane agli archivi come proverebbe la grande partita che nel 1938 Domingos giocò contro la Cecoslovacchia. Il Brasile vinse 2-1, e stiamo parlando della Cecoslovacchia dei Plánička. Non si improvvisa nulla.
Julio Cesar è arrivato nella Juventus nel momento giusto. Egli ha maturato in Francia esperienze composite che non gli hanno poi dato nulla. Gli hanno invece tolto. Lo hanno fuorviato sul piano tattico e dell’impegno professionale e quel certo dilettantismo, o goliardismo tattico, che oggi cerca di curare Platini commissario unico, lo aveva un tantino sminuito, e tutto considerato emarginato dal novero dei grandi giocatori mondiali, quale sacrosantemente è.
C’è tanta spocchia in giro, ed anche i tanti procuratori mica sanno vedere e capire. Doveva intervenire la Juventus. Vedete? La Juventus non si smentisce. Ed oggi con Luca Cordero di Montezemolo e Bendoni procede per la stessa strada seguita da Boniperti. Serietà, professionalità, capacità di scelta fuori dagli schemi seguiti da chi non ha idee nuove.
La Juventus nuova è anche splendidamente Julio Cesar, l’erede, con qualcosa di più, di Domingos da Guia.
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