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 Oggetto del messaggio: L'inarrivabile Ajax 1970-1973
MessaggioInviato: gio 17 mar 2022, 21:31 
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Stranamente mancava un topic dedicato a una delle più grandi squadre mai esistite: l'Ajax 1970-1973.

Il mio contributo sarà di postare materiale raro o addirittura inedito almeno per quanto riguarda l'Italia. Rare interviste ai protagonisti rilasciate su giornali e riviste dell'epoca, laddove mi sia possibile la traduzione. La prima è questa lunga intervista su France Football n° 1427 del 7 agosto 1973, in cui Ștefan Kovács, il celebre allenatore, fa un bilancio delle sue due stagioni ad Amsterdam e spiega nel dettaglio com'era strutturato il club.



Penso che in 2 anni sono stato letteralmente sposato con l'Ajax. Al club ho dedicato tutti i miei pensieri e tutte le mie forze. All'Ajax ero allo stadio dalle ore 9 alle ore 18, almeno per tre volte a settimana. Mi sono adattato alla pioggia e al fango. Non ho mai interrotto la mia attività da dicembre a febbraio, come invece ero solito fare in Romania. Quando rientravo a casa mia in bicicletta, riflettevo su tutto ciò che mi era capitato in giornata e cercavo di inventarmi qualcosa di nuovo per il giorno successivo. Mentre mia moglie lavorava a macchina, spulciavo ogni giornale, sia quelli favorevoli all'Ajax (la stampa di Amsterdam) sia quelli contrari (la stampa di Rotterdam), e leggevo i giornali rumeni, francesi, ungheresi, inglesi, tedeschi e italiani a cui ero abbonato. Segnavo in rosso gli articoli che potevano tornarmi utili e chiedevo a mia moglie di conservarli. Il mercoledì era il nostro giorno di riposo. Quando il tempo era buono, ci recavamo a Volendam, pittoresca cittadina portuale di cui sono originari i fratelli Mühren. A volte ci spingevamo fino a Rotterdam, L'Aja o perfino al Belgio. Abbiamo visitato tutti i meravigliosi musei di pittura d'Olanda. Ma la verità è che alla fine non conosco quasi nulla dell'Olanda e di Amsterdam. Il fatto è che conservavo tutte le mie energie e i miei pensieri per il calcio e per l'allenamento. Io non ho mai consentito a nessun altro di occuparsi della preparazione dei miei giocatori. Nella mia prima stagione avevo un vice, Han Grijzenhout, che poi lasciò l'Ajax per andare ad allenare il Cercle Bruges. Nella seconda stagione il mio vice è stato Bobby Haarms, un ex giocatore dell'Ajax che si occupava soprattutto della squadra B che si allenava la sera. Haarms è un bravo ragazzo, ma che secondo me non è stato mai apprezzato troppo dal club, così io ho cercato di spronarlo e di valorizzarlo. Prima del mio arrivo, l'Ajax aveva un preparatore fisico e un preparatore psicologico. Il preparatore fisico dirigeva gli allenamenti una volta a settimana. Si sforzava - mi diceva - di migliorare lo stile di corsa dei giocatori. Ma la mia esperienza di vent'anni di calcio mi diceva che ciò era semplicemente un'utopia. Poi si arrabbiò perché non l'avevano portato a Londra per la finale con il Panathinaikos del 1971 e cosa fece? Si dimise. Allora io decisi che non l'avremmo sostituito. Io non ho lavorato una vita alla preparazione fisica per poi incaricare di questo aspetto un altro!! Quanto allo psicologo, rinunciammo anche a lui. Gli psicologi più importanti in un club devono essere il presidente, l'allenatore, il capitano e l'ambiente. Si cita spesso lo psicologo che accompagnò il Brasile al Mondiale del 1958. Ma penso che all'epoca avesse a che fare con ragazzi più semplici, più ingenui e più spaesati rispetto ai ragazzi brasiliani di oggi. L'Ajax non aveva bisogno di psicologi specializzati!!
All'Ajax ho imparato come un club possa essere amministrato con efficacia grazie a pochissime persone. Alla Steaua c'erano ben 2000 persone che lavoravano per il club. All'Ajax, invece, c'erano 1 medico, 3 dirigenti e 2 allenatori a tempo pieno. Basta. Ci si complica troppo la vita con troppi responsabili, che poi alla fine non si capisce più chi è responsabile di cosa. Ricordo che diversi allenatori francesi mi vennero a visionare ad Amsterdam, e mi chiesero quale fosse il segreto dell'Ajax. Io risposi: la semplicità. Nessuno s'immischiava nel lavoro degli altri. Ovviamente il presidente controllava la buona riuscita della società. Dà fiducia una volta per tutte all'uomo che lui stesso ha incaricato di un compito preciso. Sarebbe inconcepibile, infatti, all'Ajax, vedere un allenatore licenziato nel bel mezzo della stagione. A mio avviso, questa è un'abitudine pessima. Mai, in 2 anni, un dirigente si è intromesso nel mio lavoro. Per quanto riguarda i giocatori, devo riconoscerne ancora una volta il valore professionale. Amano, come chiunque, i divertimenti, le belle donne e bere qualcosa. Ma possiedono anche ciò che gli olandesi chiamano "il carattere": la capacità cioè di rinunciare a tutte le tentazioni che li possano danneggiare. In caso d'infrazione, ogni giocatore è il principale giudice di se stesso. E anziché coprirsi a vicenda, come fanno i latini, all'Ajax si denunciavano pubblicamente tra di loro, in nome dell'interesse superiore della squadra. In caso di recidiva, toccava all'allenatore intervenire. In caso di terza infrazione, interveniva il dirigente. La prima stagione non diedi neanche una multa. La seconda multai solo Piet Keizer perché dimenticò di leggere alcune disposizioni relative all'allenamento. Ogni tanto dovevo rimproverare Johnny Rep perché faceva un po' il monello per Amsterdam e spesso scordava i suoi doveri professionali. Ma fortunatamente ho potuto contare sull'aiuto dei 2 capitani, Piet Keizer e Johan Cruijff, che erano sempre pronti a vigilare sul loro giovane compagno facendogli capire che certi vizi possono pesantemente danneggiarlo.


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 Oggetto del messaggio: Re: L'inarrivabile Ajax 1970-1973
MessaggioInviato: dom 20 mar 2022, 12:21 
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Non è facile reperire interviste dei protagonisti di quell'Ajax in una lingua che non sia l'olandese, purtroppo per il sottoscritto incomprensibile.
Questa, invece, è una rara intervista in inglese con Sjaak Swart, uno dei veterani di quella leggendaria formazione, che racconta qualche aneddoto a proposito degli anni d'oro dei Lancieri:



Penso che la Coppa dei Campioni più emozionante sia stata quella conquistata contro l'Inter nel 1972. Sappiamo che le finali non sono sempre delle gare spettacolari, perché le squadre si temono un po'. Ma quella volta noi dominammo. Loro avevano una grande squadra con Giacinto Facchetti, Sandro Mazzola... ma noi giocammo benissimo. Vincemmo 2-0, ma avremmo potuto benissimo vincere 5 o 6 a 0. Quella finale fu fantastica. Già nel 1969 avevamo affrontato in finale un'altra italiana, il Milan. Perdemmo, ma imparammo molto. Il Milan giocava con... come si chiama quella tattica difensiva...? Il Catenaccio, ecco, il Catenaccio. Noi purtroppo cademmo nel loro tranello e perdemmo 4-1.
Ai nostri tempi noi giocavamo il "Calcio Totale". Eravamo veloci, imponevamo il nostro gioco grazie a campioni come Johan Cruijff e Johan Neeskens. Del Milan ricordo bene Gianni Rivera: era il padrone del centrocampo: non sbagliava un passaggio.
Amo l'Italia. Ricordo che dopo aver vinto la finale contro l'Inter nel 1972, tutta la squadra andò in vacanza in Italia. Io andai a Riccione. Per 35 anni sono sempre andato in vacanza lì, sempre nel solito albergo.


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 Oggetto del messaggio: Re: L'inarrivabile Ajax 1970-1973
MessaggioInviato: dom 20 mar 2022, 21:30 
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Ho trovato altre due testimonianze, una da parte di un protagonista dell'Ajax, Johan Neeskens, l'altra da parte di un avversario, Dante Mircoli, che con l'Independiente fu sfidante dei Lancieri nella Coppa Intercontinentale 1972.

Neeskens dal minuto 4:01



Il nostro allenatore, Rinus Michels, cercava proprio i giocatori che fossero in grado di garantire alla squadra un pressing costante dalla metacampo in su. Ogni santo giorno noi ci allenavamo su questo aspetto, su come migliorare non solo la resistenza fisica, ma anche sui movimenti. Se uno si spingeva in avanti, il compagno andava a prendere la posizione lasciata libera. Nessuno al mondo faceva questo gioco. All'epoca il fuorigioco era differente, perciò noi ci spingevamo fino alla linea di metacampo. Poi con attaccanti forti come quelli che avevamo, riuscivamo a segnare molto spesso. L'importante era recuperare la palla e servirli. Io amavo il mio ruolo di centrocampista box to box. Uno deve avere le abilità tecniche, ma deve anche lavorare molto per la squadra, non solo per se stesso. Sono stato però fortunato a giocare per 7 anni con Johan Cruijff. Johan all'epoca era il numero uno al mondo. Aveva una conoscenza calcistica formidabile. Tu ti puoi preparare per la partita prima, ma poi ti accorgi che durante la partita può accadere di tutto perché l'avversario ha cambiato tattica o atteggiamento. Ecco, Johan capiva tutto subito. Alzava il braccio e diceva: «Tu, sali! Tu, invece, arretra!». Era un allenatore in campo. Eravamo un po' delle superstar, ma anche perché eravamo sempre in tv e la gente ci ammirava. Poi però lì entra in gioco il fattore soggettivo, nel senso che ognuno viveva la fama a modo proprio. L'importante era fare sempre le scelte giuste e non lasciarsi condizionare dal modo in cui la gente ti vedeva.



Mircoli dal minuto 39:06



Noi avevamo visto la finale di Coppa dei Campioni in cui l'Ajax aveva battuto l'Inter 2-0. Ma non li avevano battuti e basta, eh, li avevano proprio fatti ballare. Però noi dell'Independiente eravamo cocciuti. Ho giocato lì 7 anni e in 7 anni negli spogliatoi non ho mai ascoltato discorsi di rassegnazione. «Oggi perdiamo», o robe così. Mai. Chiunque fosse l'avversario noi non avevamo paura e ce la giocavamo. Eravamo quasi incoscienti. Però non sapevamo molto dell'Ajax. Li vedemmo in quella finale con l'Inter e poi basta, li rivedemmo allo stadio quando giocammo in Coppa Intercontinentale. Ma non avevamo paura. C'era da giocare e li affrontammo senza paura. Punto e basta. Ricordo che tutti dicevano che Johan Cruijff non voleva venire a giocare in Argentina. A un certo punto lo vidi correre al mio fianco e mi andò via. Io gli tirai un calcio e lo feci volare quasi vicino ai cartelloni pubblicitari. Lui si alzò in piedi ed uscì dal campo. Ma secondo me non era un intervento violento. Infatti non sono stato nemmeno ammonito e lui dopo dieci giorni era regolarmente in campo nella gara di ritorno ad Amsterdam. Stava benissimo, però siam sempre lì, era Cruijff, il miglior giocatore, venne qua in Argentina e al primo calcio prese e se ne andò. Non voleva giocare qui, punto e basta. Come nel 1978, hai visto che non venne nemmeno a giocare il Mondiale qui in Argentina? Lui secondo me non ci poteva vedere, tutto qui. Io ricordo che finii sulla bocca di tutti: Mircoli che ha fatto infortunare Cruijff. Pelé rimane il più grande di tutti. Cruijff era buono, però, come ti ho detto, non ho potuto affrontarlo a lungo perché al primo calcio ha voluto uscire... :asd


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 Oggetto del messaggio: Re: L'inarrivabile Ajax 1970-1973
MessaggioInviato: ven 8 apr 2022, 20:17 
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Altra gustosissima intervista al tecnico Ştefan Kovács alla vigilia della finale di Coppa dei Campioni con l'Inter tratta dalla rivista spagnola "AS Color" n° 54 del 30 maggio 1972. Tra le parti più succulenti: :sbav

«Quando arrivai all'Ajax dopo la partenza di Rinus Michels pensai di trovare la miglior squadra d'Europa. Invece non era così. O per lo meno non come mi aspettassi. Velibor Vasović era appena tornato a Belgrado. Nico Rijnders era stato venduto al Bruges. Ruud Krol aveva una gamba fratturata. Wim Suurbier era infortunato al menisco. In definitiva, dovetti iniziare tutto daccapo, perché la squadra aveva compromesso tutto il suo potenziale. Poco a poco, con l'aiuto di tutti, siamo però migliorati e ora eccoci in finale. L'Ajax prima che arrivassi io giocava in modo diverso: più atletico, più meccanico, direi quasi più mitteleuropeo. Questo in Olanda piace. I tifosi sono abituati a questo calcio. Ma quando arrivai decisi di cambiare l'impostazione. Volevo che i miei giocatori diventassero come i Globetrotters: più fantasiosi. Come dicevo, l'Ajax ha un DNA mitteleuropeo. Bene: io provo a modificarlo. L'Ajax deve esprimere un calcio più latino. Finora il suo è stato un calcio meccanico. Sia chiaro: ammiro molto Michels, a cui mi lega anche una cordiale amicizia, ma io sto chiedendo ai miei giocatori di lasciarsi trasportare dalla fantasia. Chiedo loro di improvvisare, e che non si facciano influenzare solo dalla matematica. Faccio notare che non avevamo mai battuto il Feyenoord per 5-1. Ci siamo riusciti e questo dimostra qualcosa. Questo si nota anche negli incassi: la gente viene all'Olimpico sapendo che godrà di un grande spettacolo di calcio. Quanto a Johan Cruijff, con Michels giocava da punta, ora invece con me costruisce gioco partendo dal centrocampo e avanza a seconda dell'esigenza del momento. Io voglio trasformarlo in una specie di Di Stéfano. Costruttore di gioco e goleador. Ha tutte le qualità per diventarlo».

Peccato che non sia ancora riuscito a trovare qualche intervista a Rinus Michels in qualche lingua comprensibile. Ci dovrà pur essere da qualche parte...


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 Oggetto del messaggio: Re: L'inarrivabile Ajax 1970-1973
MessaggioInviato: mer 18 mag 2022, 17:34 
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Questa è un'autentica perla... :ahsisi

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 Oggetto del messaggio: Re: L'inarrivabile Ajax 1970-1973
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Profetica dichiarazione del Profeta del Gol alla vigilia della finale di Coppa dei Campioni 1973: “Niente ci può fermare, l'Ajax vincerà!”



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Pensare che l'Ajax l'anno dopo uscì già al secondo turno (che erano gli Ottavi) col CSKA Sofia... altro calcio.

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 Oggetto del messaggio: Re: L'inarrivabile Ajax 1970-1973
MessaggioInviato: mer 19 ott 2022, 20:05 
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La rivista francese "Football Magazine" n° 149 del giugno 1972, propone un breve virgolettato del tecnico Ştefan Kovács all'indomani del successo in Coppa dei Campioni contro l'Inter:

«A mio avviso la preparazione della squadra era troppo incentrata sulla condizione fisica generale. Quando sono arrivato io ho cercato di aggiungere una preparazione fisica specializzata, sviluppando in particolare la resistenza, la velocità, il cambio di ritmo, il tutto però con il pallone tra i piedi. Cos'ho detto ai ragazzi prima di scendere in campo? "Giocherete davanti a 200 o 300 milioni di spettatori grazie alla televisione. La partita che voi disputerete avrà perciò un peso decisivo sull'evoluzione del gioco. Vi prego dunque di combattere in modo generoso per tutti quegli allenatori che difendono gli stessi miei concetti e, in fin dei conti, per il gioco del calcio stesso"».

Che dire: chapeau!


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 Oggetto del messaggio: Re: L'inarrivabile Ajax 1970-1973
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I ragazzi dell'Ajax agli ordini di Ştefan Kovács. Che miti intramontabili! :grazie


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 Oggetto del messaggio: Re: L'inarrivabile Ajax 1970-1973
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Il canale ufficiale dell'Ajax ha recentemente raccolto la testimonianza (in italiano :D ) di Fabio Capello a proposito della finale di Coppa dei Campioni 1973 vinta dall'Ajax sulla Juventus. Molto interessante ciò che dice:

«Non è che avevamo la sensazione che l'Ajax fosse arrogante: l'Ajax era arrogante! Erano arroganti nei confronti dell'arbitro, erano presuntuosi nella loro sicurezza. Erano quasi irrispettosi in tutto ciò che facevano in campo. Sembravano i padroni del campo, i padroni della partita, i padroni dell'arbitro, i padroni di tutto! Ed era una cosa non bellissima. Però erano i padroni della Coppa dei Campioni da tre anni e lo facevano pesare. Direi che questa finale in un certo senso aveva una sacralità. Non era facile spostare così tante migliaia di tifosi da uno Stato all'altro, dall'Italia a Belgrado. Fu un esodo di massa! I tifosi sperano sempre in una vittoria, come noi giocatori, ma purtroppo quell'Ajax fu l'unica squadra che ci mise veramente in difficoltà, che non ci fece giocare. Per questo dicevo dell'arroganza, della forza e della sicurezza che quella compagine possedeva. Davano la sensazione di essere invincibili. Però noi non li temevamo, il timore non esiste. C'era rispetto, sì, ma timore no. C'era l'attenzione di mettere in pratica ciò che avevamo pianificato. La difficoltà però fu proprio vedere durante la partita che non riuscivamo a crear loro dei problemi. E questo ci fece perdere un po' di sicurezza. Noi normalmente creavamo difficoltà alle altre avversarie. Ma contro quell'Ajax ci sentivamo un po' inermi e incapaci di reagire. Johan Cruyff era un giocatore di un altro livello. Un campione grandissimo con qualità impressionanti. Tecnica, visione di gioco, quando voleva era egoista e quando voleva era altruista. Un giocatore difficile da marcare e pericolosissimo nel cambio di ritmo. Nell'uno contro uno era immarcabile: andava via a destra e a sinistra. Si fermava e ripartiva, cambiava ritmo all'improvviso; insomma: è stato uno dei più grandi in assoluto. Qualcuno ha accusato Dino Zoff sul loro gol, ma quel colpo di testa, pur senza forza, sarebbe stato imparabile per chiunque. Non avrei mai pensato che ci potessero segnare di testa! Noi pensavamo, con l'umiltà e con l'attenzione tattica, di poter creare loro dei problemi, però loro col fuorigioco e con la pressione che esercitavano, ci hanno messo in difficoltà. La cosa più arrogante a cui abbia mai assistito nella mia carriera calcistica fu quando, a fine partita, vidi i giocatori dell'Ajax salire sul loro bus con la Coppa dei Campioni. A un certo punto uno di loro prende il trofeo e lo butta sul sedile quasi come un ferrovecchio, come a dire: "Toh, un'altra...!". Quello fu un gesto di arroganza totale. Noi eravamo sul nostro bus lì di fianco, vedemmo quella scena e ci fece male. Ma devo confessare che qualcosa di simile accadde a me molti anni dopo, quando vincemmo la Champions League ad Atene nel 1994. Arrivati all'aeroporto di Malpensa, ci saranno state solo 200 persone ad aspettarci. In quel periodo i tifosi del Milan erano talmente abituati a vincere che la vissero come una cosa normale: nessuna festa, nessun giro di campo, nulla. Ecco, io qui non sono d'accordo. Ogni vittoria va festeggiata. Se tu non festeggi nella giusta maniera, vuol dire che non hai capito il valore della tua vittoria. E tutto ciò perde di significato».


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