Stranamente mancava un topic dedicato a una delle più grandi squadre mai esistite: l'Ajax 1970-1973.
Il mio contributo sarà di postare materiale raro o addirittura inedito almeno per quanto riguarda l'Italia. Rare interviste ai protagonisti rilasciate su giornali e riviste dell'epoca, laddove mi sia possibile la traduzione. La prima è questa lunga intervista su France Football n° 1427 del 7 agosto 1973, in cui Ștefan Kovács, il celebre allenatore, fa un bilancio delle sue due stagioni ad Amsterdam e spiega nel dettaglio com'era strutturato il club.
Penso che in 2 anni sono stato letteralmente sposato con l'Ajax. Al club ho dedicato tutti i miei pensieri e tutte le mie forze. All'Ajax ero allo stadio dalle ore 9 alle ore 18, almeno per tre volte a settimana. Mi sono adattato alla pioggia e al fango. Non ho mai interrotto la mia attività da dicembre a febbraio, come invece ero solito fare in Romania. Quando rientravo a casa mia in bicicletta, riflettevo su tutto ciò che mi era capitato in giornata e cercavo di inventarmi qualcosa di nuovo per il giorno successivo. Mentre mia moglie lavorava a macchina, spulciavo ogni giornale, sia quelli favorevoli all'Ajax (la stampa di Amsterdam) sia quelli contrari (la stampa di Rotterdam), e leggevo i giornali rumeni, francesi, ungheresi, inglesi, tedeschi e italiani a cui ero abbonato. Segnavo in rosso gli articoli che potevano tornarmi utili e chiedevo a mia moglie di conservarli. Il mercoledì era il nostro giorno di riposo. Quando il tempo era buono, ci recavamo a Volendam, pittoresca cittadina portuale di cui sono originari i fratelli Mühren. A volte ci spingevamo fino a Rotterdam, L'Aja o perfino al Belgio. Abbiamo visitato tutti i meravigliosi musei di pittura d'Olanda. Ma la verità è che alla fine non conosco quasi nulla dell'Olanda e di Amsterdam. Il fatto è che conservavo tutte le mie energie e i miei pensieri per il calcio e per l'allenamento. Io non ho mai consentito a nessun altro di occuparsi della preparazione dei miei giocatori. Nella mia prima stagione avevo un vice, Han Grijzenhout, che poi lasciò l'Ajax per andare ad allenare il Cercle Bruges. Nella seconda stagione il mio vice è stato Bobby Haarms, un ex giocatore dell'Ajax che si occupava soprattutto della squadra B che si allenava la sera. Haarms è un bravo ragazzo, ma che secondo me non è stato mai apprezzato troppo dal club, così io ho cercato di spronarlo e di valorizzarlo. Prima del mio arrivo, l'Ajax aveva un preparatore fisico e un preparatore psicologico. Il preparatore fisico dirigeva gli allenamenti una volta a settimana. Si sforzava - mi diceva - di migliorare lo stile di corsa dei giocatori. Ma la mia esperienza di vent'anni di calcio mi diceva che ciò era semplicemente un'utopia. Poi si arrabbiò perché non l'avevano portato a Londra per la finale con il Panathinaikos del 1971 e cosa fece? Si dimise. Allora io decisi che non l'avremmo sostituito. Io non ho lavorato una vita alla preparazione fisica per poi incaricare di questo aspetto un altro!! Quanto allo psicologo, rinunciammo anche a lui. Gli psicologi più importanti in un club devono essere il presidente, l'allenatore, il capitano e l'ambiente. Si cita spesso lo psicologo che accompagnò il Brasile al Mondiale del 1958. Ma penso che all'epoca avesse a che fare con ragazzi più semplici, più ingenui e più spaesati rispetto ai ragazzi brasiliani di oggi. L'Ajax non aveva bisogno di psicologi specializzati!! All'Ajax ho imparato come un club possa essere amministrato con efficacia grazie a pochissime persone. Alla Steaua c'erano ben 2000 persone che lavoravano per il club. All'Ajax, invece, c'erano 1 medico, 3 dirigenti e 2 allenatori a tempo pieno. Basta. Ci si complica troppo la vita con troppi responsabili, che poi alla fine non si capisce più chi è responsabile di cosa. Ricordo che diversi allenatori francesi mi vennero a visionare ad Amsterdam, e mi chiesero quale fosse il segreto dell'Ajax. Io risposi: la semplicità. Nessuno s'immischiava nel lavoro degli altri. Ovviamente il presidente controllava la buona riuscita della società. Dà fiducia una volta per tutte all'uomo che lui stesso ha incaricato di un compito preciso. Sarebbe inconcepibile, infatti, all'Ajax, vedere un allenatore licenziato nel bel mezzo della stagione. A mio avviso, questa è un'abitudine pessima. Mai, in 2 anni, un dirigente si è intromesso nel mio lavoro. Per quanto riguarda i giocatori, devo riconoscerne ancora una volta il valore professionale. Amano, come chiunque, i divertimenti, le belle donne e bere qualcosa. Ma possiedono anche ciò che gli olandesi chiamano "il carattere": la capacità cioè di rinunciare a tutte le tentazioni che li possano danneggiare. In caso d'infrazione, ogni giocatore è il principale giudice di se stesso. E anziché coprirsi a vicenda, come fanno i latini, all'Ajax si denunciavano pubblicamente tra di loro, in nome dell'interesse superiore della squadra. In caso di recidiva, toccava all'allenatore intervenire. In caso di terza infrazione, interveniva il dirigente. La prima stagione non diedi neanche una multa. La seconda multai solo Piet Keizer perché dimenticò di leggere alcune disposizioni relative all'allenamento. Ogni tanto dovevo rimproverare Johnny Rep perché faceva un po' il monello per Amsterdam e spesso scordava i suoi doveri professionali. Ma fortunatamente ho potuto contare sull'aiuto dei 2 capitani, Piet Keizer e Johan Cruijff, che erano sempre pronti a vigilare sul loro giovane compagno facendogli capire che certi vizi possono pesantemente danneggiarlo.
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