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Panchinaro Prima Squadra
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MILANO, 25 maggio 2012
Nessun azzurro come lui all'Olimpiadi: il leggendario schermidore, che collaborò anche alla Gazzetta, aveva vinto 13 medaglie olimpiche: sei ori, cinque argenti e due bronzi

A 63 giorni dai Giochi di Londra è morto all'età di 93 anni, nella sua casa di via Solferino a Milano, Edoardo Mangiarotti. Il leggendario schermidore con le sue 13 medaglie (6 ori, 5 argenti e 2 bronzi) è stato l'italiano più medagliato nella storia delle Olimpiadi e il 4° nella storia dei Giochi (alle spalle di Larissa Latynina, ginnastica, 18 medaglie; Michael Phelps, nuoto16; Nikolai Andrianov, ginnastica 15). A Berlino '36, nella spada a squadre, vinse il primo oro. Ripetè l'impresa nel 52, ’56 e ’60, nella spada individuale ’52 e nel fioretto a squadre ’56. Non è tutto: conquistò anche 26 medaglie ai Mondiali.

LA SCUOLA FRANCESE — Mangiarotti era nato il 7 aprile 1919 a Renate, nel milanese. Che grande storia la sua. E' stato figlio d'arte ed è cresciuto grazie agli insegnamenti del padre Giuseppe, già schermidore presente ai Giochi di Londra nel 1908 e maestro d'arma che importò in Italia le varianti della scuola francese di scherma. Edoardo ha condiviso la passione con i fratelli Mario e l'altro olimpionico Dario.

ALLA GAZZETTA — Anche nella speciale classifica degli schermidori plurimedagliati ai mondiali risulta l'italiano più vincente di sempre. Si è ritirato dalla scena agonistica dopo le Olimpiadi di Roma del 1960. Mangiarotti ha voluto poi raccontare le emozioni collaborando in qualità di inviato-giornalista per la Gazzetta dello Sport dal 1949 al 1972 occupandosi della rubrica sulla scherma. Scriveva dopo avere vinto l'oro a Roma: "Immenso tripudio, profonda gioia stasera al palazzo dei Congressi per la vittoria degli spadisti nel torneo a squadre. Si sono visti molti volti rigati dalle lacrime e abbracci a non finire. Per lo sport italiano, gli spadisti avevano appena conquistato la 13ª medaglia d'oro, per la scherma la 2ª, e a testimonianza che essa non è morta, che è più viva che mai e che l'avvenire la troverà attrice come esempio di disciplina e di volontà. Gli attori della vittoria sono stati gli atleti non più giovani, ad eccezione di Giangi Saccaro, ché Delfino, Pavesi, Pellegrino, Marini e Mangiarotti sono dei veterani e il quartetto che ha siglato l'odierna vittoria è composto dagli stessi uomini vincitori a Melbourne. Sono trascorsi quattro anni, ci sono state delle polemiche tra loro, ma quando si è fatto appello alle rispettive coscienze di atleti si è ricostruita la squadra, si è lavorato sodo con la passione di sempre per l'interesse della scherma, dell'ideale sportivo e per la bandiera".

DUE VOLTE ALFIERE — Nel biennio 1959-1960 ha fatto parte del comitato di gestione della Federscherma nominato dal Coni insieme a Gastone Darè e Renzo Nostini. Nel 1981 è stato insignito dal Cio dell'ordine olimpico di bronzo per l'anno 1977 e nel 1998 gli è stata conferita la massima onorificenza italiana dall'allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro che lo ha nominò Cavaliere di Gran Croce. Anche la figlia Carola è stata una tiratrice di scherma che ha rappresentato l'Italia ai Giochi di Montreal nel 1976 e di Mosca nel 1980. E come il marciatore Ugo Frigerio e lo sciatore Gustav Thoeni ha avuto il privilegio di essere stato selezionato per due volte come alfiere dell'Italia in una cerimonia d'apertura delle Olimpiadi: a Melbourne nel 1956 e a Roma nel 1960.

FINO A PECHINO — Quando volò in Cina per i Giochi del 2008, con la stessa eccitazione del debutto, quando 17enne fu oro nella spada a squadre, disse: "Cinque mesi fa ho avuto un ictus, i miei cari non erano molto d'accordo che io partissi, ma li ho convinti, non potevo mancare". Poi una breve pausa: "Finché sarò in vita, ai Giochi ci andrò".

da gazzetta.it

RIP :cry


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