Posto questo interessante articolo di Marco Imarisio tratto dalle vesrsione on-line del Corriere della Sera
https://www.corriere.it/sport/22_settem ... cbed.shtmlIn un mondo parallelo, questo momento è già accaduto. Tardo pomeriggio del 14 luglio 2019.Roger Federer ha trasformato uno dei due match point contro Novak Djokovic, e ha vinto il suo nono Wimbledon dopo una partita epica, alla bella età di 38 anni, sconfiggendo una delle sue nemesi, uno dei due uomini che più gli hanno tolto durante la sua lunga vita sportiva.
Dopo l’impresa più grande, che ha chiuso ogni discussione sul più grande di sempre, prende in mano il microfono. E dice addio. Non sapremo mai se lo avrebbe fatto davvero. Anche se non esiste l’uscita di scena perfetta, quella lo sarebbe stata. Ma sappiamo invece che i grandi campioni hanno diritto al loro crepuscolo, a vivere gli ultimi bagliori del loro fuoco come meglio credono. La verità è che la sua storia sportiva era finita proprio quel giorno. Con quei due colpi mancati, con lo sguardo pieno di lacrime rivolto al giudice di sedia mentre gli stringeva la mano.
Oggi fa male ugualmente, ma eravamo pronti. Abbiamo sempre detto che il tennis è più grande di un solo uomo. Ma certo, non sarà più come prima. Roger Federer è stato il miglior tennis della nostra vita, perché ha incarnato il concetto di bellezza in uno sport che si avviava di gran corsa a perderlo. Perché è stato il campione che con i suoi gesti neoclassici e leggeri si è opposto all’avanzata di un gioco sempre più muscolare e taurino. Il dolore quasi insopportabile che causavano le sue sconfitte era dovuto proprio alla consapevolezza di ammirare qualcosa di unico e irripetibile. Non riproducibile, come non lo erano i suoi gesti.
Quando Federer perdeva, sempre battuto da armi diverse dalle sue, era anche la sconfitta di una certa idea dell’arte e della vita. Era un Davide, spesso umano nell’esibire le proprie debolezze, che viene sottomesso da Golia o da qualche altro Dio della guerra. Il Maestro è stato un atleta fuori dal tempo, che quasi senza saperlo cercava di fermare a colpi di fioretto un progresso non necessariamente meno talentuoso, ma ormai lontano anni luce dalle radici di questo sport. Così etereo e diverso nella sua superiorità, da aver deciso lui quale tennista essere nelle varie fasi della sua carriera. Se dobbiamo scegliere un ricordo, uno solo, prendiamo quegli incredibili primi mesi del 2017, in cui ritornò da quasi un anno di assenza mostrando un tennis mai visto prima, fatto solo di anticipi, di tempo rubato all’avversario, di puro istinto. Ancora una volta capace di reinventarsi, di creare qualcosa che prima non c’era. E che forse non rivedremo mai più. Poco importa se è il Goat o solo il più bello di sempre. Roger Federer ci ha fatto vivere una utopia durata oltre vent’anni. Adesso che ci lascia, bisogna solo ringraziarlo, per essere stato con noi così a lungo.