Cita:
secondo me è anche dovuto dal fatto che Federer ha passato troppi anni giocando contro un sacco di giocatori modesti e mezzi fuoriclasse, si era troppo abituato a vincere facilmente Cool
su questo punto ho trovato un articolo di Andrea Scanzi (giornalista de "La stampa") ...
Australian Open Day 14: Poche storie, il più forte è Nadal
Impresa leggendaria dello spagnolo, che sconfigge nuovamente al quinto Roger Federer. Per Rafa è il primo trionfo a Melbourne e sesto Slam in carriera. Match di altissimo livello, soprattutto tra secondo e quarto set. Finita per sempre (e tra le lacrime) la Dittatura Vegana. Applausi a entrambi.
Povero Roger Federer. Prima ha barattato la bellezza iconoclasta degli esordi per un famelico cannibalismo da record. Poi si è autoconvinto di essere il più grande tennista di tutti i tempi - e con lui i suoi tifosi meno obiettivi - vincendo per anni (bui) Slam, Master Series e Masters quasi sempre con vassalli improbabili: Roddick, Hewitt, Ljubicic, Davydenko, Blake, Roddick, Baghdatis, Gonzalez, Philippoussis. Mancavano gli Wham ed eravamo a posto. One man show di siderale noia catacombale.
Vinceva giocando da solo, o quasi, come l'Inter post-Calciopoli. Ma non si poteva dire. Guai a interrompere la Santificazione buonista. Guai a interrompere il luogo comune. Guai a dire che era un fenomeno ma non così bello, e neanche troppo impegnato.
Poi è accaduto qualcosa di salvifico, di benedetto, di mai abbastanza lodato: finalmente è arrivato nel circuito un avversario. Vero. Senza paura. Soprattutto: uno più forte di lui. Qualcuno capace di sbugiardargli i limiti del rovescio, costringendolo a steccare in maniera per lui (un po') inusuale. Qualcuno in grado, più di lui, di giocare in maniera implacabile i punti chiave. Qualcuno così mentalmente solido da portarlo al più doloroso dei contrappassi: alla sudditanza psicologica, al doppio fallo, alla resa senza se e senza ma quando il gioco si fa duro. Qualcuno che gli facesse conoscere quella cosa naturale che è la sconfitta, derubricata però da Federer nell'abbecedario personale quale "onta" e "ignominia" inaccettabile.
Il match, per lunghi tratti bellissimo, ha dato la risposta definitiva su chi tra i due sia il più forte: Rafael Nadal. Poche storie, i negazionisti (ahinoi di moda in ambiti ben più pregnanti) se ne facciano serenamente una ragione. Quando gli scontri diretti dicono 13-6 Rafa, e quando la superiorità si allarga a macchia d'olio toccando perfino le antiche roccaforti del Re Piccoso, terba e veloce, non c'è più spazio per alcun dubbio: Rafa, dei due, è il più forte.
Il che non vuol dire - già odo i lamenti inconsolabili dei federeriani, nuovamente listati a lutto - che Nadal sia più bello o più talentuoso di Federer. Non scherziamo.
Lo svizzero, se vuole, è arte pura (solo che non vuole quasi mai, altrimenti sarebbe un po' più bello e un po' meno vincente: non sia mai). Federer ha più tocco, più genio, più bellezza, più stile (o è solo più stilizzato) di Nadal. Ma l'altro, nella somma che danno per risultanza un tennista, gli è davanti: nella tenuta mentale, nella freddezza quando conta (e sì che essere più freddi di Federer mica è facile). Nella debordanza fisica. Nella voglia di migliorarsi. Oltre che in quella parola magica e benedetta che si chiama "umiltà".
Nadal ha vinto oggi in cinque set, come l'anno scorso a Wimbledon: se la Dittatura Vegana era finita nel luglio scorso, dopo questa batosta diventa impossibile ipotizzare un Despotismo Bis del Re Piccoso. Okay i colpi di coda, non di più. L'andamento del quinto set, un calvario senza requie che ha visto Federer alzare mestamente bandiera bianca, ha detto anzitutto una cosa: se un anno fa Federer ha sofferto (per lui) indicibilmente, stavolta al tappeto rimarrà ancora più a lungo. E forse si alzerà dopo che l'arbitro ha contato il dieci.
E' una vittoria meritata, quella di Nadal. Nonché "inspiegabile" e nuovamente stupefacente. Rafa veniva dalle cinque ore abbondanti con Verdasco, Federer aveva sofferto solo con lo Sparapalle Efebico Berdych in ottavi. Veniva da dire Roger, anche per la superficie.
Non avrei mai saputo pronosticarlo, come attestano i miei pronostici sul vincente finale (l'1% finale era uno scherzo, ma lo mettevo senz'altro dietro a Murray, D-Joker e Federer). E' vero, non lo nego, tendo a dare per favoriti quelli che non amo particolarmente e viceversa (ne avrete prova domani, nei voti finali). Non è poi un segreto che dei Primi Quattro ritenga Nadal il "più sostenibile". C'è in questo mio agire un poco bieco e molto stupidotto mantra scaramantico: non si cresce mai abbastanza, per fortuna.
Epperò la forza di questo ragazzo, di questo Fenomeno, non smette di stupire. Dopo Wimbledon e Olimpiadi sembrava aver finito la benzina, dicevano fosse seriamente infortunato, a inizio anno aveva perso perfino contro il gaelico Monfils. E invece.
Che Campione.
E che Campioni, plurale mai così obbligatorio. Nadal e Federer hanno dato vita a un incontro che riconcilia con questo sport, oltre a dimostrare come loro due sappiano ancora toccare livelli (e durata di livello) a tutt'oggi impensabili per l'Alighiero Noschese serbo e il Vampiro Hooligan.
Non è vero che ogni loro match è stato bello, spesso anzi hanno "deluso": non oggi. Verrò tacciato di eresia, ma a mio parere quello che si è visto tra secondo e quarto set è stato superiore alla media della finale di Wimbledon 2008. E sì che non si era cominciato sotto i migliori auspici.
Il primo set non era stato affatto bello, cinque break su dodici e una vittoria di Nadal (7-5) per la solita sindrome freudiana di Federer al suo cospetto. Troppi errori. Poi lo svizzero ha alzato il livello, ed è stato spettacolo (lo vedete? Quando c'è da applaudire, si applaude: quello che i federeriani devono ancora fare nei confronti di Nadal). Vittoria di Roger 6-3, tra incanti e scambi celestiali. Gioia per gli occhi, picchi rari. Applausi, tutti in piedi.
E tutti ancor di più in piedi per quel terzo set che è stato letizia e foto definitiva dei due. Letizia, perché certi scambi, certi recuperi e certe invenzioni avevano pochissimo di umano. Foto definitiva, perché è lì che Nadal ha vinto la partita. Lo svizzero ha avuto cinque palle break, prima 0-40 e poi 15-40. Era la parte finale del set, erano break point da leggersi set e match point. Sembrava scritto l'epilogo, già Paolo Cané - a cui mancavano solo le nacchere elvetiche ed eravamo a posto - diceva che "stavola Roger non se lo fa scappare".
Nadal ci avrebbe stupito ancora. Come nei match point annullati a Roma 2006 e tante altre volte ancora, Il Partigiano Rafa mostrava tutta la sua monumentale grandezza. Non indietreggiava, niente paura, rasoiate e traccianti: dispensava miracoli, devastava i microchipi del Robot prossimo alla cortocircuitazione. 4-4, 5-5, 6-6.
Si issava così al tie, Nadal, ben sapendo che non ne vinceva uno con Federer da Wimbledon 2006 (match che poi perse). Lo giocava magistralmente, nonostante un minibreak iniziale: 7-3 con doppio fallo finale di Federer, altra prova - lui che i doppi falli, di solito, li provoca sulla pletora colpevole di vassalli che ne ha benedetto a lungo il Trono Algido - della sua inferiorità psicologica.
Federer è però Campione vero, nel quarto ne ha dato nuova prova. Subito due a zero, poi due a due. Qui, nel quinto game, qualcosa di meraviglioso. Scambi su scambi, dipinti su dipinti, miracoli su miracoli. Nadal spreca cinque palle break, Federer si salva e vince il set 6-3. Un Gasquet avrebbe perso il quinto 0-6, un Berdych 1-6, il miglior Verdasco 4-6.
Non Nadal. Ecco perché lo chiamo Partigiano: perché, senza lui, la Dittatura non avrebbe mai avuto fine. Consegnandoci anzitempo al letargo.
Lo spagnolo lasciava i game finali del quarto, teneva giusto un servizio per poter servire primo nel quinto. Non concedeva più nulla alla battuta (fino a quel punto non aveva mai tenuto un servizio a zero). Dava segnali di forza continui, pur senza urlare o mostrare gli "occhi della tigre", di cui quasi si vergogna al cospetto di Federer.
Nel quarto game, sull'1-2 Nadal, Federer va 30-0, poi di colpo smarrisce se stesso: doppi falli, stecche, break. E' la resa. Roger, stanco per la troppa resistenza, sfiancato dalla invincibilità dello spagnolo, abdica. Definitivamente. La quinta frazione si chiude 6-2 per Nadal, quasi timido nei primi matchpoint, come se timoroso di disturbare o apparire eccessivamente cattivo.
Federer vincerà ancora, mai più però da Dittatore. Nadal si appresta a interpretare non si sa per quanto il ruolo del Nuovo Despota Maratoneta. L'uno è fermo a 13 Slam, l'altro sale a 6. Dietro, perfino i nuovi Lendl e i vecchi Vampiri sembrano inappropriati al ruolo di terze e quarte forze. Il futuro lo conosce solo Paolo Fox, e noi fortunatamente Fox non siamo. Ci sarà tempo per vedere ciò che sarà.
Intanto, applausi a entrambi. Per lo spettacolo, la bellezza, l'epicità finalmente definitiva. Applausi a Nadal, il più forte dei contemporanei. Applausi a Federer, a cui le sconfitte donano quella fragilità - e quelle lacrime finali umanissime - a cui ha rinunciato per troppa sete di dominio. E applausi anche a Mirka, che quando gli rimane strozzato in gola l'urlo finale è sempre divertente.
E' stato un gran giorno. E pazienza se qualcuno non capirà, se ci toccherà leggere nuovi elogi funebri perché "con Nadal è morto il tennis" (sì, buonanotte ai suonatori) o scleri adolescenziali di tifosi a cui non sono bastati 13 Slam per imparare la cultura della sconfitta.
Applausi, non per Fibra. Applausi, come cantavano i Camaleonti l'altro giorno a Ciak si canta. Applausi allo Slam che dei quattro è spesso il più bello del reame.
Applausi a due grandi Campioni, al loro (e solo loro) tennis.
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Forse un po troppo enfatizzato ma nella sostanza molti passaggi sono condivisibili.