Appunti dal fronte
Juventus 0 Napoli 1
Ogni guerra ha la sua battaglia di Stalingrado. Quella del Napoli sarrista non si è combattuta ieri sera, ma mercoledì scorso. “Adesso vogliamo divertirci", ha detto il Comandante dopo Napoli-Udinese, nella notte in cui nel giro di pochi minuti il Napoli è passato da -9 a -4. E così è stato.
Il Napoli è andato a Torino a divertirsi. Dopo mesi trascorsi a marciare a ritmi folli, le avanguardie sarriste hanno trovato la pace, nel momento in cui erano quasi morte si sono riscoperte più vive che mai. E quindi addio a tutte le ansie, a tutte le pressioni, a tutto il logorio mentale che ha contraddistinto l’ultimo tratto di questo lungo percorso iniziato ad agosto.
Il Napoli a Torino si è liberato mentalmente ed è ritornato se stesso. Si sono viste undici facce di #@*§ palleggiare sotto al palazzo, come bambini col Super Santos in mezzo alle auto parcheggiate, per 89 minuti. Questo già rappresentava, di per sè, una vittoria ideologica contro l'oscurantismo utilitaristico di Allegri che, invece di ammazzare la contesa tra le mura amiche, ha pensato solo a speculare sul vantaggio in classifica. Come sempre.
Ma questa volta non gli è andata bene. Questa volta si è andati oltre l'ideologia: nel momento esatto in cui il gigante d'ebano è salito in cielo a spaccare quel pallone si è chiuso un cerchio apertosi il 14 febbraio 2016. Proprio Koulibaly, che si lasciò scappare Zaza in quella infame notte di due anni fa, ha tenuto vivo quel sogno. Il sogno di conquistare il Palazzo, di prendere il potere e di porre fine a una dittatura calcistica che dura da sei anni.
Non è finita, contro quelli non è mai finita, la strada è ancora lunga e siamo ancora indietro, ma la battaglia di ieri rappresenta quella "statement game" che mancava a un progetto tecnico meraviglioso iniziato nel giugno del 2015.
Ora bisogna portare a termine questo capolavoro, questo miracolo sportivo, questa magica utopia. Il gioco del calcio ne ha maledettamente bisogno.