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MessaggioInviato: mer 25 mar 2020, 16:49 
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Tifoso
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Come emerso nell'aprile 2010 con il ritrovamento di intercettazioni risalenti al 2004/2005, anche l'Inter, tramite il Presidente Facchetti, intratteneva cordiali rapporti con i dirigenti arbitrali, una prassi per quell'ambiente. Sono infatti numerose le telefonate sbobinate in cui sentiamo lui e il designatore Bergamo scambiarsi pareri, consigli, richieste di biglietti per la tribuna d'onore o per un arbitro gradito da avere o uno sgradito da tenere lontano, oppure quelle sempre tra Facchetti e l'arbitro De Santis. Cose già ascoltate con altri protagonisti quattro anni prima, ricorderanno tutti la famosa violazione dell'articolo 1, quello sulla lealtà sportiva.
Ad ogni modo la pubblicazione di questi dialoghi riaccende prepotentemente la questione Calciopoli. Immediatamente il mondo juventino, dal Presidente Agnelli all'ultimo dei tifosi su facebook ( senz'altro con modalità differenti ) non perde tempo a ribadire il concetto già espresso nel 2006, e cioè che tutti telefonavano con tutti, non solo loro. Mancava la prova che lo facesse anche l'Inter, e quindi questa pistola fumante scatena una ridda di polemiche e recriminazioni da parte della Juventus società, che si sente l'unica davvero punita nel 2006, e di insulti da certe frange della tifoseria bianconera all'indirizzo del Cipe. Prevedibile, tenendo conto dei risvolti di quell'estate infuocata, vedasi il controverso scudetto definito di cartone e Ibrahimovic e Vieira venduti a prezzo di saldo all'Inter.
Inter che naturalmente, Moratti in testa, respinge subito al mittente i veleni bianconeri, difendendo con forza l'onorabilità di Facchetti, deceduto quattro mesi dopo l'inizio di Calciopoli. Fin qui tutto giusto, credo che da juventino ne avrei avute anch'io da dire, mentre da interista avrei protetto il ricordo della mia grande bandiera storica, se fossi stato parte in causa nella diatriba.

Frattanto però è successa una cosa che, vista con il senno di poi, mi lascia alquanto perplesso: a forza di respingere ogni possibilità di dibattito sull'argomento, che invece era comunque doveroso affrontare, l'Inter si è arroccata in un silenzio stampa sulla vicenda giustificato dal più tradizionale e demagogico dei "non si parla di chi non c'è più".
Certo, gli assenti non hanno possibilità di esporre le proprie motivazioni, soprattutto in questo caso, purtroppo.
Però qui non si trattava di raccontare presunti scandali mai accaduti inerenti la persona di Facchetti, o dell'averlo accusato delle stragi mafiose del '92 - '93. Meno male, perché lui appunto, non essendoci più, non avrebbe avuto modo di sbugiardare gli accusatori.
No, qui era solo questione di commentare le telefonate di Facchetti, fatte ( o ricevute ) da lui, quindi nulla di inventato, nulla più di quanto accaduto sentendolo direttamente dalla sua voce. Telefonate che sappiamo essere state la base del processo sportivo di Calciopoli, perciò che c'era di strano a chiedere che si aprisse una disputa, giuridica e mediatica, anche su queste? Tralascio la questione della caduta in prescrizione di queste ipotesi di reato ( ipotesi, specifichiamo, perché non sono mai state giudicate penalmente ), ma le domande restano in sospeso: chi le ha tenute nascoste nel 2006? Io non credo la Telecom dell'azionista interista Tronchetti Provera, come si disse all'epoca, altrimenti le avrebbero proprio distrutte, ma in ogni caso perché l'Inter si dichiarava immacolata quando invece il suo Presidente discuteva anch'egli con chi, per regolamento, non avrebbe potuto? Il proprietario Moratti era a conoscenza di quello che faceva il suo dipendente? Se sì, perché non ha preso provvedimenti?
Si tratta di curiosità tutto sommato banali alle quali Moratti non ha mai voluto rispondere dal 2010 in poi, appunto assecondando, meglio direi approfittando, della litania ipocritamente moralista che i defunti non si tirano in ballo, proprio come recita lo striscione di cui sopra, apparso in tribuna ( e non in curva, per essere così ben visibile in tv ) durante Inter - Juventus del 16 aprile 2010, e fatto affiggere da Moratti stesso agli inservienti dello stadio, affinché il messaggio fosse chiaro a tutto il mondo: chi si azzarda a chiedere chiarimenti nel merito, anzi chi osa soltanto nominare Giacinto è un indegno, e pertanto verrà umiliato come essere spregevole.
Ad essere puntigliosi, nemmeno la vergognosa stampa italiana, una delle ultime al mondo per qualità, ha mai pungolato il magnate petrolifero sull'argomento. Dai tifosi non mi aspettavo in ogni caso nulla di diverso.

Bene, e io allora mi oppongo a questo finto buonismo un tanto al chilo: lui è scomparso, e umanamente è una cosa spiacevolissima, ma è il fatto stesso che si sia insabbiata la discussione proprio per tale motivo ad essere, da parte dell'Inter, una delle due cose davvero gravi di questa storia.
Non le telefonate tra Facchetti e gli arbitri. Non ritengo compromettenti quelle più arroganti, da padrone ( e padrino ) di Moggi, figuriamoci se mi scandalizzo per il Giacinto.
No, indegno è proprio quell'accusare d'infamia chiunque provi a parlarne, essendo un mero fatto di cronaca, e la cronaca non deve avere colori politici o calcistici.
I morti si trattano per quello che hanno seminato da vivi, e difatti per me Facchetti resta un fuoriclasse in campo e un uomo elegante nella vita, e persino le sue conversazioni al limite, o forse appena oltre, rimarcano comunque un certo stile sobrio d'altri tempi, in perfetta raffinatezza da cavaliere d'annata. Ecco quindi che l'altra cosa squallida della vicenda sono gli insulti alla sua memoria, neanche si trattasse di un assassino, che una parte di opinione pubblica juventina gli ha riversato addosso.
Scrivere Facchetti 48 non è roba da raccontare con orgoglio ai nipotini, tanto per fare un esempio.
Ma lamentare disparità di trattamento è lecito. Ecco perché non posso che essere d'accordo con un altro striscione apparso sempre nel 2010, ma a Torino, che recitava POVERI ONESTONI...ORA SI NASCONDONO DIETRO UN MORTO.
Già. È quello che ha scelto di fare Moratti. Ha deciso che Facchetti dovesse diventare una specie di santino, usandolo, utilizzandolo alla bisogna ma solo per scopi personali, atti ad eludere dibattimenti pubblici che sarebbero altrimenti stati un po' imbarazzanti.

Oggi i poveri resti del leggendario capitano nerazzurro giacciono in una tomba a Treviglio, luogo che dovrebbe essere meta di pellegrinaggio simbolico da parte di tutti gli amanti del pallone, juventini compresi.
Però qualche interista farebbe invece bene a girargli al largo. Almeno per rispetto alla sua memoria, dopo averne ignominiosamente sfruttato il cadavere col solo scopo di coprirsi le spalle.

_________________
No, non tifo né Inter né Juventus, e nemmeno altre squadre.


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