“Il Presidente sta seguendo una strada che è giusto che si segua. Gli scudetti è giusto vincerli sul campo. La Juventus per me ha 29 scudetti, il resto è tutto relativo, pensiamo di farla tornare competitiva sul campo, di scudetti ora ne vogliamo parlare solo sul campo.”
Parole e musica di Antonio Conte l'11 agosto 2011, agli albori della sua prima stagione da allenatore juventino (dopo 13 da calciatore), al termine della tradizionale amichevole in famiglia di Villar Perosa. La domanda del giornalista era ovviamente riferita al numero di scudetti vinti dai bianconeri, dopo il contenzioso con la Figc ai tempi di Calciopoli. Conte sull'argomento si è sempre tenuto abbastanza distante durante il suo periodo a Vinovo, preferendo lasciar parlare la società e dedicarsi soltanto a robe di pallone. Più volte stuzzicato in merito nel suo triennio a Torino, non si è mai lasciato andare a polemiche a distanza con l'Inter, preferendo l'elusività, anche quando i cronisti gli chiedevano di commentare le coreografie "calciopolare" dello Stadium rivolte agli interisti (famosa ad esempio quella del 25 marzo 2012). Quantomeno però l'amo gli è stato gettato, bravo poi lui a non abboccare. Ricordiamo per precisione che lui lasciò la Juventus da giocatore nel 2004, quindi non visse in prima persona Calciopoli. Piccola parentesi. Nell'estate 2012 la Juventus acquista Lucio, centrale difensivo ex Inter ed ex triplete. Non un trasferimento da poco, quindi. Perciò il giorno della presentazione non poteva mancare la domanda su quanti scudetti avesse la sua nuova squadra (i famosi 30 sul campo, in realtà 28 ufficiali). Risposta di Lucio, in un imbarazzato e balbettante italiano: “Io penso… la penso come il Presidente.” Era giusto chiederglielo, in una democrazia si può fare.
Tornando adesso ai tempi recenti, a quando nell'estate 2019 l'Inter ufficializzò Conte come nuovo allenatore, già mi pregustavo i veleni a distanza con la sua ex squadra del cuore. Veleni che in effetti non sono mancati finora, e soprattutto con Agnelli le frecciate reciproche su vari temi non se le sono risparmiate (calcioscommesse, la stella allo Stadium, oltre all'accusa di Conte ai giornalisti di aizzargli contro gli insulti degli juventini, e capirai che dramma), però mi aspettavo anche che in sala stampa, all'esordio di Conte con la Beneamata, venisse subito riesumata la mai sepolta questione degli scudetti tolti a uno e dati all'altro. Proprio come accadde l'11 agosto 2011 a Villar Perosa, solo a colori invertiti. Invece niente. In questo anno e mezzo mai qualcosa di bello tipo "mister, quanti scudetti ha l'Inter? Ritiene giusto che la Juventus esponga allo Stadium i due titoli revocati? Fece bene l'Inter a non rifiutare lo scudetto 2006?" Come no. L'appiattimento giornalistico al potere ha evitato queste legittime domande. Del tutto ovvio pare che Conte abbia imposto, tramite l'ufficio stampa (per me un cancro della democrazia ma va bé) il divieto totale, da parte di qualsiasi giornalista accreditato per le conferenze, di parlare degli scudetti vinti e persi. Io potrei anche capire la sua volontà, cioè evitare il contraddittorio su un tema che sa essere infuocato e non cadere in qualche trappolone con i fantasmi del passato, sebbene per uno della sua (presunta?) tempra mi sembra un atteggiamento leggermente conigliesco, ma quello che non accetto è che i cronisti, in possesso di tesserino, tollerino queste censure da Turchia di Erdoğan, nel 2019, 73 anni dopo la nascita della Repubblica Italiana. Non dico i singoli giornalisti, perché uno alla volta si può fare ben poco, ma trovo sconsiderato che l'intera associazione di categoria non sia insorta e non abbia preteso la libertà di potergli chiedere "mister, nel 2011 il suo ex Presidente Agnelli disse che lo scudetto 2006 non è quello degli onesti ma dei prescritti. Lei era dipendente di Agnelli, considera oggi a otto anni di distanza la dichiarazione del suo ex datore di lavoro come legittima oppure la ritiene offensiva per la sua attuale società?" Ecco, la stampa calcistica avrebbe dovuto, magari nella persona di un eroe solitario spalleggiato da tutto l'Ordine, tirargli il carico da novanta. Avrebbe cioè dovuto fare il possibile per metterlo in difficoltà sulla sua materia. D'altronde sempre di calcio si tratta, nessuno desidera che il tecnico leccese dia un contributo scientifico nella lotta al coronavirus. E invece no, perché Recep Tayyip Conte ha posto il veto al mondo dell'informazione al suo servizio. E la Turchia, cioè scusate l'Italia, ha obbedito. Bentornato Ventennio.
_________________ No, non tifo né Inter né Juventus, e nemmeno altre squadre.
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