27 maggio 2004. Muore Umberto Agnelli, l'ultimo grande della vecchia dinastia. L'anno prima scomparvero Gianni e Vittorio Caissotti, meglio conosciuto come Chiusano. Fine di un'epoca. Il giorno dopo, tra le righe di un quotidiano, nella pagina sportiva leggo un virgolettato di Moggi: “Adesso io e Giraudo saremo più soli.” Virgolettato o forse solo una sintesi di un discorso più ampio, non ci faccio troppo caso e non approfondisco. La cosa evidente è che dopo la dipartita dei leggendari padroni del vapore cominciano ad affacciarsi con continuità volti nuovi nel mondo juventino, finora rimasti nell'ombra dei più ingombranti predecessori: Andrea Agnelli, John e Lapo Elkann. Il primo, figlio di Umberto Agnelli, è già considerato il delfino di Giraudo, mentre i secondi sono in netta contrapposizione con lui e Moggi, e la faida non tarderà ad esplodere.
Giugno 2004. La Procura di Torino svolge indagini su presunte partite truccate nell'ambito del calcioscommesse intercettando le telefonate di vari dirigenti, tra cui quelli della Juventus.
Agosto 2004 Partono le prime intercettazioni di Calciopoli catturate dai carabinieri romani di via In Selci. Bersaglio numero uno, come sappiamo, la coppia Moggi-Giraudo. Ma questo ancora non è noto al pubblico, per ora accantoniamolo.
4 dicembre 2004. Fabio Capello, allenatore della Juventus, rilascia all'Ansa questa dichiarazione: “Da domani, nella gara contro la Lazio, i giocatori della Juventus non butteranno più la palla fuori quando un avversario rimarrà a terra. Si sta esagerando, si è passati dal fallo tattico al fallo di svenimento. Ne abbiamo parlato anche con i dirigenti e la decisione è maturata non a seguito di uno specifico episodio, ma da un andazzo generale. Abbiamo avvertito gli avversari su quale sarà la nostra condotta in merito.” I giovani Elkann storcono subito il naso per questa dichiarazione, ovviamente approvata da Moggi-Giraudo, e primo segnale della guerra fratricida in seno alla società di Piazza Crimea.
18 dicembre 2004. A Torino si gioca uno Juventus-Milan destinato a far discutere con i rossoneri, in gran forma per tutto l'incontro, che recrimineranno parecchio per alcuni episodi. A fine gara Capello viene intervistato e, mentre cerca di spiegare la serata dal suo punto di vista tecnico-tattico, ecco che di colpo, in diretta, sbuca Lapo. Non dimenticherò mai la scena: il bizzarro rampollo degli Elkann che interrompe Capello per dire: “Ci è andata bene, ci è andata bene.” Lo sguardo di Don Fabio è di quelli tirati, con il mascellone ancora più prominente del solito. Avesse potuto, l'avrebbe incenerito seduta stante. Siparietto divertente, ma non per il sergente di Pieris.
Gennaio 2005. È il mese in cui il ribelle Lapo intensifica la sua scalata mediatica in seno alla Juventus: dà a Giraudo consigli su come amministrare le finanze (Lapo, capite?), a Moggi per realizzare buone trattative di mercato, a Capello stesso per far giocare la squadra in modo più moderno e giovanile. La Triade per ora incassa il colpo.
4 febbraio 2005. Moggi incontra Lapo a Villa Igeia, Palermo, sede dell'albergo che ospita la Juventus per la partita contro i rosanero. Vuole fare due chiacchiere con Lapo per esprimergli i propri malumori per come il giovanotto si sta mettendo in mostra a suo scapito, e anche per lamentarsi della lacunosa gestione Elkann di tutto ciò che riguarda la società bianconera. Moggi lamenta una crescente disorganizzazione, secondo lui non casuale, che gli sta creando disagi. Sarà lo stesso Luciano, qualche anno dopo, a svelare in un'intervista il contenuto di quell'incontro: “All’improvviso ci venivano create difficoltà crescenti anche sulle piccole cose. Le auto di rappresentanza per i giocatori o i dipendenti della società, ma anche per fare dei piccoli favori a persone funzionali al nostro lavoro, dovevano essere cose automatiche in una grande azienda. In quel periodo, invece, faticavamo a far tutto. Ad avere qualsiasi cosa. Non parliamo poi dei soldi per il mercato dei giocatori: rubinetti chiusi. Fortunatamente siamo riusciti a gestire la Juve senza bisogno di interventi esterni degli azionisti di riferimento, altrimenti sarebbero stati problemi. Gli attacchi interni ed esterni c’erano eccome. La nostra solitudine era palpabile”. Insomma, è lo scenario di un boicottaggio interno ma Lapo non sembra temere Moggi, anzi.
8 febbraio 2005. Non soddisfatto, Lapo suggerisce alla dirigenza anche una nuova strategia comunicativa. Stanco di sentir dire che la Juventus è antipatica, afferma che si deve procedere con l'operazione simpatia. Come? Con uno smile (la faccina gialla sorridente) sulla giacca degli addetti ai lavori, a cominciare dai dirigenti. Ve li immaginate Moggi e Giraudo, abituati a incutere timore a tutti, presentarsi dai colleghi con quell'adesivo appiccicato addosso? E oltre a questo caldeggia l'arrivo di un talento giovane e "simpatico" come Cassano per fare il salto di qualità a tutti i livelli. E buonanotte sognatori, ormai la misura è colma.
9 febbraio 2005. Giraudo è una furia, è arrivato il momento di ristabilire le gerarchie. A brutto muso ricorda al ragazzino che “Senza smile in questi ultimi 10 anni abbiamo vinto 5 scudetti, abbiamo disputato 16 finali di coppe e vinte 8, abbiamo avuto 2 palloni d'oro e siamo la prima società ad avere vinto 3 Viareggio consecutivi. La Juve secondo L'Equipe è la numero uno come risultati in Europa e tra le più solide economicamente senza che gli Agnelli in questi ultimi 10 anni abbiano dovuto mettere denaro.” Risposta pronta, non certo simpatica ma efficace, e ne ha in serbo un'altra. “L'intervento di Elkann ci fa tornare il sorriso perché il parlare di Cassano ci fa pensare che la proprietà voglia tornare ad investire come fanno Moratti e Berlusconi. Questa novità dell'ambizione del voler investire nella Juventus ci dà la possibilità di fare qualcosa d'importante e ho già detto a Moggi di muoversi e di fare come Abramovich e Berlusconi.” In pratica ricorda a tutti che i risultati raggiunti dalla dirigenza sono stati ottenuti senza costare nulla alla Casa Madre. In tutta risposta John Elkann, in difesa del fratello, critica il modo della Juventus di fare plusvalenze sul mercato. Riferimento alle plusvalenze fittizie tipiche anche di quel periodo, e che negli anni futuri produrrà un'inchiesta che vedrà la posizione processuale di Moggi e Giraudo (ma anche di Moratti e Galliani) stralciarsi per prescrizione dei termini. Questo è un affondo dedicato principalmente a Moggi, che risponde rammentando che è solo il suo fiuto per gli affari che lo porta a compiere grandi operazioni di mercato e che sarebbe meglio se ognuno si occupasse dei fatti propri.
11 maggio 2005. Tre giorni dopo la rovente sfida scudetto vinta a San Siro con il Milan e dopo mesi di indiscrezioni interne, Jean-Claude Blanc (futuro amministratore delegato e in seguito presidente nel dopo Calciopoli) viene nominato da Elkann nel Consiglio d'Amministrazione della Juventus come elemento di rottura tra la vecchia dirigenza e quella del futuro, quella che lui ha già in mente. Infatti i giornali parlano apertamente del nipote di Gianni Agnelli come del successore di Giraudo, mentre Moggi si affretta a dichiarare che intende comunque rimanere in società, qualunque sarà il nuovo assetto aziendale e nonostante nubi sempre più dense si formano sopra la biade. Tanto più che dal quotidiano torinese La Stampa, storicamente molto caro agli Elkann, improvvisamente trapelano spifferi su presunte intercettazioni nel mondo del calcio, qualcosa di ancora non chiaro, ma che si lascia intuire possa avere un effetto dirompente. Il grande pubblico ignora la cosa, ma oggi sappiamo che maggio 2005 è lo stesso periodo in cui termina l'inchiesta investigativa di Calciopoli. L'opinione pubblica non coglie questi spifferi, la vecchia volpe Giraudo sì: intuisce infatti la brutta aria che tira, e confida a Moggi che per entrambi si sta avvicinando l'inizio della fine. Ne sono consapevoli, e sapremo bene cosa significheranno nel 2006 quelle primissime indiscrezioni. Inoltre ricordiamo che il 30 giugno 2006 scade il loro contratto con la Juventus, e la nuova proprietà non pensa certo al rinnovo. In effetti da un po' di tempo si stanno guardando attorno, allettati da altre proposte da utilizzare come eventuale paracadute. Per Giraudo si parla del Milan o della gestione del patrimonio immobiliare di Berlusconi, che stravede per lui, e per Moggi dell'Inter. Sì, proprio l'Inter che già nel 1999 tentò, con Moratti, di far firmare una bozza di contratto al Lucianone, e ci riuscì anche, per poi veder sfumare l'accordo definitivo a causa di un'incomprensione sulla cessione di Moriero dall'Inter al Middlesbrough, società con cui Moggi era in buoni rapporti per la vendita pochi anni prima di Ravanelli. Come prova di ciò Moggi sostiene di avere ancora la bozza di quel contratto nella propria cassaforte, così in caso di smentita di Moratti lo potrebbe sbugiardare pubblicamente. E in effetti Moratti non ha mai smentito. Ad ogni modo non ha ancora abbandonato definitivamente l'idea di ingaggiare il nemico di tante battaglie per averlo dalla propria parte. Antipatico, ma di certo vincente.
19 luglio 2005. Il Procuratore di Torino, Raffaele Guariniello, archivia l'inchiesta iniziata nel giugno 2004 sulle intercettazioni con al centro Moggi in quanto non v'è nulla di penalmente rilevante, ma invia comunque gli atti alla FIGC.
27 settembre 2005. Lapo rilascia un'intervista in cui, tra le altre cose, è chiamato a dare un parere sulla dirigenza juventina. Tranquillamente, la sua risposta: “Quei tre (compreso Bettega, N.d.R.) mi ricordano Caino e Babele (sic). Pensa che tra tutti il più simpatico è Moggi. Ti basta per farti capire la mia opinione sulla dirigenza Juve.” Per ripicca Caino e (B)Abele, la settimana successiva, giorno di Juventus-Inter, fanno perquisire Lapo dagli addetti alla sicurezza prima del suo ingresso in tribuna d'onore, come fosse un tifoso qualsiasi preso dalla strada. Ormai è chiaro che è guerra aperta tra proprietà e società. Per ora Andrea Agnelli assiste da lontano a questa resa dei conti, ma nei progetti soprattutto di Giraudo c'è quello di fargli da chioccia per un suo futuro incarico con una poltrona importante, per un 2005 in sordina ad assistere alle liti interne e un'idea per lui di un 2006 da protagonista, cominciando piano piano a fagli fare esperienza dietro le quinte. Il figlio di Umberto Agnelli è un po' il cocco di Moggi e soprattutto di Giraudo, e infatti rapporti tra Andrea e il ramo familiare Elkann sono ai minimi storici per questo motivo.
10 ottobre 2005. Lapo viene ricoverato in rianimazione per abuso di droghe durante un festino con la trans Patrizia, episodio del quale il 23 febbraio 2007, in un'intervista al New York Times, accuserà Moggi di essere stato il regista dello scandalo. Come mai al mio arrivo in ospedale c'erano dei giornalisti, chiede Lapo? Chi li ha avvisati di quello che era successo? E chi li ha avvertiti, come ha fatto a sapere che sarebbe successo per poi approfittarne per svergognarmi a mezzo stampa? Domande legittime senza risposta. Moggi rigetterà le accuse al mittente, ma è chiaro che avrebbe avuto tutto l'interesse a silenziare il ribelle, divenuto troppo ingombrante e critico sul suo operato. Infatti da quella notte le apparizioni pubbliche di Lapo si diraderanno sempre più, smettendo quindi di creare imbarazzi ai due dirigenti e favorendo invece una maggior esposizione pubblica di Andrea Agnelli, tanto che da qui in poi lo si vedrà sempre più spesso in compagnia di Moggi & Giraudo, soprattutto nella consueta ricognizione da loro effettuata in campo prima del fischio d'inizio. Tutto lascia intendere che sarà lui, a breve, l'elemento di maggior spicco in società, anche per costruirsi una specie di assicurazione interna contro gli strali degli Elkann. Ma soprattutto, questo è bene non scordarlo mai, da mesi Giraudo sta rastrellando azioni Fiat sul mercato e infatti nel primo trimestre 2006 diverrà addirittura il terzo azionista dell'azienda. Un'inarrestabile scalata al potere che a qualcuno crea fastidio, qualcuno dietro le quinte. Infatti l'A.D. si accorge che il clima è cambiato anche in Fiat, il suo nome fa storcere il naso a molti e, come dirà in seguito, certi personaggi, che pensava fossero suoi amici, improvvisamente in quel periodo gli hanno voltato le spalle.
Primavera 2006. Nei primi mesi del 2006 anche John Elkann si è ritagliato un ruolo importante al seguito della squadra, ma in netta contrapposizione ad Agnelli, senza scendere sul terreno di gioco con loro al fianco dei due squali. Le distanze vanno rimarcate. Il pollaio è piccolo per due galli, e John, che da tempo si è pian piano creato il proprio cerchio magico di collaboratori per mettere in minoranza il cugino su tutto, crede fermamente che questo è il momento in cui spingere al massimo per far cambiare rotta alla Juventus. Forse sapeva che quelle indiscrezioni sulle telefonate nel maggio 2005 erano ormai pronte ad esplodere, come senz'altro ne era a conoscenza Franzo Grande Stevens, Presidente della Juventus dopo Chiusano e avvocato di punta del foro torinese nonché amico di John, e di conseguenza sa anche che è il momento giusto per accelerare perché sta arrivando la bufera? Probabilissimo.
2 maggio 2006. Finalmente (si fa per dire) tutto viene a galla con l'esplosione dello scandalo di Calciopoli, ma questa è storia nota: le prime telefonate pubblicate sui giornali, la caccia alle streghe, Elkann che il 9 maggio accompagna i ragazzi alla partita con il Palermo scaricando ufficialmente Moggi e Giraudo, con il celebre “Sono qui per sostenere la squadra e l'allenatore.” Non certo la dirigenza. No, perché quella, la coppia Luciano&Antonio, ormai estromessa da Fiat e Juventus, abbandonata in tribunale e appoggiata solo dai tifosi allo stadio, come se fossero stati due corpi estranei per dodici anni, è irrimediabilmente sola. Proprio come in quel virgolettato di Moggi, due anni prima. E che io colpevolmente non capii subito.
_________________ No, non tifo né Inter né Juventus, e nemmeno altre squadre.
Ultima modifica di Riccardo1 il lun 22 ago 2022, 11:32, modificato 16 volte in totale.
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