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CORSERA (F. MONTI)
- Il problema non è il k-way azzurro con la scritta Italia indossato mercoledì per ripararsi dal temporale che ha accolto gli azzurri all’arrivo allo stadio di Bari per l’ultimo allenamento. Resta il fatto che l’ascesa di Claudio Lotito, presidente della Lazio e consigliere federale (dall’11 agosto), non conosce pause. Mercoledì ha assistito alla rifinitura della Nazionale in panchina accanto al presidente della Figc, Carlo Tavecchio; giovedì sera, ha indossato di nuovo il k-way della Nazionale, ma girato al contrario; a partita conclusa, è stato visto passeggiare davanti allo spogliatoio del San Nicola, prima di trasferirsi in sala stampa dove, insieme con Tavecchio e il presidente della B, Abodi, ha assistito all’intera conferenza stampa di Conte. Lotito ha scortato Tavecchio anche a cena, in un ristorante del centro di Bari, insieme con Matarrese (da lui scaricato nel 2009, quando sembrava scontata la rielezione alla guida della Lega di A) e con il presidente del Bari, Paparesta. Cena a parte, il presenzialismo azzurro di Lotito ha già infastidito qualche «federale» e soprattutto la maggioranza dei giocatori al punto che ne hanno parlato tra di loro nello spogliatoio («ce lo ritroviamo dappertutto», è stata la sintesi) e qualcuno, come Daniele De Rossi (e non solo perché gioca nella Roma), non ha fatto nulla per nascondere il proprio disappunto. La due giorni di Bari non è che l’ultimo episodio dell’estate ruggente del presidente della Lazio.
È stato fra i primi a sponsorizzare Tavecchio, dopo le dimissioni di Abete («impallinato» anche per la strenua difesa dell’istituzione Figc dai ripetuti assalti delle Leghe); è stato il più deciso a difendere il candidato presidente, dopo la famosa gaffe dei «mangiabanane»; ha fatto di tutto per garantire a Tavecchio i voti necessari all’elezione; è diventato consigliere della Figc; ha lavorato anche di notte per sistemare tutti i dettagli del contratto di Antonio Conte; era presente all’investitura del c.t.; da Tavecchio ha ottenuto la delega per le riforme, cioé la revisione del format dei campionati. Per anni, le Leghe si erano opposte a qualsiasi tipo di revisione; ora hanno scoperto che 20 squadre in A e 22 in B sono troppe e siccome sono scomparse anche le mezze misure, adesso sembrano tanti (troppi) anche i 60 club della nuova Lega Pro, tant’è che si pensa di scendere a 40. La delega è servita a Lotito per occupare subito la stanza che era stata di Albertini al quinto piano della Figc. Non si è mai visto un consigliere, espresso da un club, avere un ufficio in via Allegri, ma l’incarico conferitogli da Tavecchio autorizza anche questo. In attesa di nuovi sviluppi.
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IL MESSAGGERO (U. TRANI)
- «E questo che cosa ci fa qui?». Questo sarebbe Claudio Lotito. La frase parte da dentro lo spogliatoio dell’Italia, nella pancia del San Nicola, dopo la partita con l’Olanda. Uno la dice, altri si accodano. Più di un giocatore della Nazionale è seccato per la presenza del presidente della Lazio. A cominciare dai senatori. Che si lamentano e ne parlano tra loro. Lo fanno presente anche a qualche dirigente della vecchia guardia. Daniele De Rossi, il capitano della notte di Bari, si guarda attorno e vede più di un compagno perplesso. Il centrocampista della Roma è tra i più scocciati. Non capisce l’intrusione. Come gli altri big Buffon e Chiellini. Se lo ritrovano ovunque. Ingombrante. In ritiro, in albergo. E il giorno prima, durante l’allenamento di rifinitura, addirittura in campo. In panchina con il presidente federale Carlo Tavecchio e a colloquio con il presidente del Bari Gianluca Paparesta prima della lunga abbuffata «tra amici» al ristorante Bella Bari, presente pure Antonio Matarrese, ex numero uno della Figc.
BATTUTE E MUGUGNI
Lotito, la sera di mercoledì, a tavola dà spettacolo. Protagonista assoluto fino a tarda notte. Anche nel pomeriggio, però, si prende la vetrina. Mentre l’Italia si allena sotto il diluvio, il presidente biancoceleste finisce nel mirino dei fotografi vestito d’azzurro. Scatti e flash. Anche perché indossa la giacca della tuta della Nazionale, con la scritta Italia in bianco. Dal campo un calciatore si chiede: «Ma che gioca la Lazio?». Ridono in pochi. Ma tutti lo puntano con lo sguardo e si accorgono che lui è sempre vicino a Tavecchio, seguito e coccolato dalla mattina alla sera. Consigliato e accompagnato durante ogni intervista.
GELOSIE E REGOLAMENTI
«Tutta invidia» sospira il presidente della Federcalcio. Lotito, però, si difende da solo. «Io non capisco che cosa vogliono e soprattutto che cosa dicono. Parlano senza sapere. Io posso entrare dove voglio. Me lo consente il mio ruolo di consigliere federale» avverte il presidente della Lazio. Che è infastidito dalle polemiche sulla sua presenza, giovedì sera, nella zona antistante gli spogliatoi e il pomeriggio prima in panchina al San Nicola durante la rifinitura. «Posso accedere in tutte le zone dello stadio. Io come tutti gli altri consiglieri. Siamo in ventuno. Se vogliono venire, nessuno può impedire loro di entrare. Io, comunque, non sono andato nella stanza dell’Italia».
VISITA A HIDDINK
La precisazione ci sta tutta. Lotito racconta: «Io ero lì perché dovevo vedere De Vrij. Mio figlio gli aveva telefonato prima della partita perché voleva la maglia dell’Olanda. Sono andata a ritirarla nello spogliatoio. La volete vedere? Ce l’ho nel trolley». Accontentato il diciottenne Enrico, papà Claudio si porta a Roma il suo trofeo. In aereo, di ritorno da Bari, non nasconde la tuta dell’Italia indossata sotto la pioggia di mercoledì pomeriggio. Non è in valigia, ma appoggiata sul sedile accanto insieme con i quotidiani da leggere.
PARAGONE SCOMODO
«Insomma non capisco dove sta il problema. Io sono pure nel comitato di presidenza. Siamo in cinque: Tavecchio e il vicario Beretta di diritto, gli altri tre eletti. Io, Mambelli e Ulivieri. Chi chiacchiera, farebbe bene a informarsi. Mi hanno votato all’unanimità, non mi ci sono messo da solo... Ma che vogliono da me? Parlano senza sapere. E quante ne dicono» continua Lotito. Che scoppia a ridere quando si ricorsa di essere stato battezzato anche come il nuovo Moggi. «Non sanno di che cosa parlano. Perché lui non aveva alcun incarico e quindi la sua presenza era fuori luogo. Lui era solo dirigente della Juve. Io invece posso. Da consigliere, appunto». Si diverte, chiamando in causa la politica. «È come se impedissero al ministro Alfano di partecipare a una manifestazione istituzionale. Che ne so, a vedere l’esibizione delle Frecce Tricolori...».
CLUB INDISPETTITI
«Chiedete che cosa dice Conte di me. Lotito è una forza della natura. Lo ripete a tutti. Dai chiedete...». Il presidente della Lazio ci tiene a farlo sapere. Perché tanti non riescono a capire come mai il ct, così geloso del gruppo, accetti la presenza di Lotito in ogni luogo. Di sicuro le società non gradiscono l’intrusione. E vorrebbero fare qualcosa per bloccare il laziale che in via Allegri, al quinto piano, si è preso pure l’ufficio del vicepresidente uscente Albertini. La Juve è già in azione. E ne discuteranno anche il Torino, la Roma e la Fiorentina. «Ma che vogliono?». Lotito si sente in regola.
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GAZZETTA DELLO SPORT (M. CECCHINI)
- Prima i sorrisini, poi il disagio, infine un pizzico di irritazione. La «due giorni» barese che ha santificato l’ascesa di Claudio Lotito «superstar» non è passata senza lasciare strascichi nell’ambiente della Nazionale, dove il consigliere federale - nonché numero uno della Lazio - si è conquistato una inaspettata ribalta.
De Rossi e non solo Una cosa è certa: molti azzurri hanno gradito poco il presenzialismo del «king maker» del presidente Tavecchio, tant’è che uno di loro - di cui preserviamo doverosamente l’anonimato - ha detto sorridendo a denti stretti: «Ce lo ritrovavamo dappertutto ». Avviso ai naviganti dei marosi della Serie A. In principio il malumore è parso nascere dal nucleo romanista dell’Italia - con De Rossi leader incontrastato (gli altri sono Astori, Florenzi e Destro) - ma un giro di telefonate ai procuratori di diversi calciatori azzurri ha rivelato come l’imbarazzo sia stato comune a quasi tutti, derubricando il fatto dalla semplice polemica di campanile per farlo assurgere a piccola (?) grana federale, di cui si sussurra già nei corridoi di Via Allegri (e non solo).
Pioggia galeotta In realtà l’ingresso «ufficiale» nel giro della Nazionale il presidente Lotito lo aveva fatto già il 19 agosto, scortando Tavecchio alla presentazione di Conte come nuovo c.t. Dal suo posto in prima fila, le cronache hanno raccontato dei frequenti commenti con cui aveva punteggiato gli interventi, a turno, dei suoi pupilli: «Bravo, sei perfetto, continua così, faje vede’ chi sei», commentando alla fine: «Conte commissario tecnico è un’operazione clamorosa, una svolta». Insomma, vederlo mercoledì a Bari indossare il k-way azzurro con la scritta «Italia» e assistere alla rifinitura in panchina accanto al presidente Tavecchio, è parso a molti quasi la logica conseguenza del suo straripante modo di interpretare il ruolo di consigliere. Ma che l’impermeabilino gli fosse piaciuto lo si è capito anche la sera della partita contro l’Olanda, quando lo ha indossato di nuovo, anche se stavolta al contrario. Comprensibile, comunque, che la rassegna stampa che lo riguardava non fosse stata troppo gradita. Non a caso si è lamentato con alcuni amici del presunto accanimento nei suoi confronti, giustificandosi così: «Il k-way l’avevo messo solo per non bagnarmi. Pioveva così tanto...».
Spogliatoio e cena Ma a far lievitare il disagio dei calciatori, probabilmente, è stato vedere Lotito aggirarsi nei pressi dello spogliatoio del San Nicola, prima di traslocare in sala stampa - a fine partita - dove insieme a Tavecchio e al presidente della Lega di B, Abodi, ha assistito all’intera conferenza di Conte. La simbiosi col numero uno federale non è terminata neppure quando le luci delle telecamere si sono spente per tutti. Lotito, infatti, ha affiancato Tavecchio anche a cena, in un ristorante del centro di Bari, al tavolo con Antonio Matarrese e Gianluca Paparesta, presidente del Bari. Impressioni? Nonostante la delega federale a lavorare sulle riforme gli abbia consentito di occupare anche una stanza in via Allegri, quella che fu di Albertini, Lotito ha mal digerito le ultime polemiche, senza però lasciarsene intimidire. Chissà che a questo punto Tavecchio (soprattutto) e Conte per sedare i mal di pancia azzurri non convincano il presidente della Lazio che un ruolo più defilato potrebbe aiutare la causa comune.