articolo su lotito che gira su web
Per anni Claudio Lotito ha ciondolato nei lunghi corridoi di Montecitorio. Per anni ha braccato deputati e senatori per convincerli a sposare il suo sogno:
lo stadio delle Aquile. Bar, ristoranti, appartamenti, residence, centro commerciale, un albergo e poi anche campi da rugby, da tennis, hockey, baseball. “Circa 600 ettari su cui realizzare volumetrie pari a due milioni di metri cubi”, secondo Legambiente.
Lotito da anni, al grido di “O Tiberina o morte”, pretende di edificare il suo sogno, una nuova città ma dello Sport, lungo la via Tiberina. Gli ambientalisti però denunciano: “è area vincolata è c’è un elevato rischio idrogeologico. Il pericolo è l’esondazione del Tevere”. E il Tevere, in combutta con gli ambientalisti, in quella zona è esondato per tre volte negli ultimi cinque anni. A dimostrazione che il rischio c’è, è concreto. A meno di non voler costruire il primo stadio al mondo su palafitte o una città-stadio galleggiante. E se c’è il rischio, resta il vincolo. E se c’è il vincolo, addio città. Per questo Lotito, quasi ipercinetico, in questi anni ha destinato giornate intere al Parlamento. Per spiegare a ciascuno dei deputati e dei senatori che la legge non può legare le mani agli uomini del fare. Allenti piuttosto i vincoli. La sua è una eccellente prova di lobbing. A Montecitorio decine di lobbisti, dietro volti sconosciuti, da anni sospingono, ritardano, o accelerano certe leggi. Business is business. Lotito è lobbista come loro, solo più noto. E per svolgere al meglio la sua missione, in passato non ha esitato a travestirsi da collaboratore di un parlamentare, con la targhetta appesa al bavero della giacca. Lotito per anni è entrato e uscito dai palazzi del potere romano. Lui che da Gaucci ha raccolto l’eredità di re romano della “ramazza”, instancabile e inossidabile presidia ogni angolo. Perché da sempre sa che l’Italia è fatta così: ipervincolata, ma disponibile ad accettare ogni buona ragione. Certo, sul suo sogno incombono vincoli e divieti, il piano regolatore dice assolutamente no a qualunque edificazione lungo il fiume Tevere, ma in Italia quanti no divengono sì? Quante leggi sono fatte ad personam? Quindi continua a provarci in modo disperato, anche perché con tutti i furbacchioni che girano impuniti e fanno affari impossibili, lui mica può e vuole fare la figura del fesso. Ma il tempo per approvare la “Legge sugli stadi”, sta quasi per scadere e il sogno rischia di andare in frantumi. Non solo quello di Lotito, sia chiaro.
Barbara Berlusconi ieri ha lanciato un appello, dicendo in parole povere: “Approvatela con tutti i vincoli e le garanzie che volete, ma approvate questa legge”. Lotito, invece, che di una legge con i vincoli attuali non se ne fa nulla e quindi giorni fa ha detto che “è assurdo bloccare tutto per quattro righe inutili”, riferendosi chiaramente alla parte della legge in cui si ribadisce “fermi restando i vincoli già esistenti”.
Linea Berlusconi o linea Lotito? E’ più importante approvare una legge che serve a tutti o abolire i vincoli che impediscono a Lotito di realizzare il suo sogno? E quante possibilità ci sono che questa legge veda la luce prima della fine della legislatura? Lo abbiamo chiesto all’on. Claudio Barbaro, uno dei relatori della “Legge sugli stadi”.
“Se Lotito intendeva dire che è assurdo bloccare il testo della legge stadi dal momento che sono state fornite risposte credibili e rassicurazioni certe circa l'impossibilità che con questo provvedimento vengano avvallate e facilitate speculazioni edilizie ai danni dell'ambiente e a vantaggio dei soli imprenditori, allora sono d’accordo. E mi preme di ricordare che le componenti politiche che adesso stanno bloccando il testo al Senato, alla Camera hanno invece collaborato con gli altri partiti e hanno contribuito ad approvare un testo trasversalmente condiviso”.
Visti i tempi stretti e i tanti e urgenti argomenti in discussione in sede parlamentare, quante possibilità ci sono che si riesca ad approvare questa legge entro la fine della legislatura?
“Nonostante l’alibi fornito dall'intensa attività legislativa, sarebbe assolutamente possibile far passare il provvedimento entro fine legislatura. Temo, però, che a mancare sia la volontà politica. In Senato la proposta di legge sugli stadi è stata strumentalizzata per compattare e riproporre la dannosa e pachidermica alleanza dell'Unione. Sono i presupposti del testo a non essere digeribili a forze profondamente conservatrici e passatiste: ovvero la possibilità di investire sull’aspetto infrastrutturale per garantire in assoluta trasparenza l'interesse pubblico ma anche un ritorno economico all’imprenditore privato”.
Non era più semplice stabilire dei parametri fissi tra costo dell'opera (quella reale formata solo dallo stadio) e eventuali compensazioni?
“Quando si assumono dei parametri fissi si rischia sempre di creare schematismi all'interno dei quali la realtà mal si adatta. La duttilità dello strumento che abbiamo messo a punto, associata alla mediazione reale tra pubblico e privato, è la migliore garanzia che si possa avere”.
Come mai solo in Italia devono esserci delle compensazioni per costruire uno stadio e far rientrare chi lo costruisce dell'investimento fatto mentre nel resto d'Europa (Inghilterra e Germania in testa) si costruiscono solo ed esclusivamente gli stadi e i club solo grazie allo stadio sono comunque più ricchi dei nostri? E la stessa cosa sta succedendo in Italia con la Juventus, che ha costruito lo stadio e basta e solo con quello ha aumentato il suo fatturato al punto da scavare un solco tra se e le avversarie?
“Come ho già detto più volte, la Juventus ha costruito lo stadio anche senza la legge di cui stiamo parlando perché c’è stata una volontà politica precisa che si sposava con quella del club privato. Il provvedimento sugli stadi fisserebbe dei paletti procedurali entro i quali quanto avvenuto a Torino potrebbe ripetersi in ogni altra città italiana, fornendo maggiori garanzie e trasparenza, ed in tempi rapidi. Per quanto invece riguarda la presunta non necessità delle compensazioni sulla base di quanto accade in Germania e Inghilterra, dobbiamo partire dal presupposto che la cultura sportiva di questi paesi è diversa dalla nostra e che anche il management delle loro squadre di calcio ha da sempre portato avanti politiche differenti e forse più efficaci”.
La “Legge sugli stadi” forse è l'esempio del fatto che questo Paese è bloccato dalla burocrazia a tutti i livelli e che proprio la lentezza della macchina burocratica e del sistema politico sono alla base dei mancati investimenti stranieri in Italia in generale e nel calcio in particolare. Visto che gli investitori stranieri pretendono tempi rapidi e certezze, mentre il sistema Italia non offre né l’una né l’altra.
“Lo stallo della legge stadi dimostra che in Italia soffriamo un ritardo culturale che ci penalizza in modo spaventoso e ci impedisce di essere competitivi. Perché non dovrebbe essere possibile che un privato decida di investire, a patto di avere un ritorno economico, in una struttura capace di svolgere un servizio anche e soprattutto alla collettività e a costo zero per lo Stato? Sono le infrastrutture il punto da cui rilanciare lo sport italiano, se non lo si vuole condannare a restare preistorico”.
Ma alla fine, dovendo dividere la colpa della mancata approvazione della legge come se si trattasse di una sorta di torta, a chi va il pezzo maggiore delle responsabilità e perché?
“Credo che la colpa maggiore sia da ricercare tra chi preferisce restare fermo per essere sicuro di non sbagliare, per non fornire pretesti per giudizi negativi e di una cultura che vede il rapporto tra pubblico e privato necessariamente come contrastivo. Non può però essere considerata esente da colpe anche la cultura sportiva Italiana, per certi versi ancora immatura e non perfettamente integrata nell'architettura culturale complessiva del Paese, dunque non sempre efficace nel far valere le proprie necessità di fronte alle Istituzioni”