il Mister ha scritto:
Come aver vissuto la guerra?
Su alcune cose ovviamente no, su altre sì. Poi è un'esagerazione, la guerra è ovviamente di gran lunga peggio, ma la sensazione era di una situazione straordinaria, in cui non eri sicuro di uscirne.
C'era la sensazione di essere al fronte, di lottare contro un nemico.
C'era la sensazione di essere sempre a rischio, e ogni giorno arrivavano notizie di persone che finivano in ospedale, che morivano.
Erano limitate le libertà personali, e capivi che era una limitazione necessaria se volevi che la gente smettesse di ammalarsi, di morire.
C'era la paura di uscire per qualsiasi cosa, la paura di incontrare qualcuno per strada, la paura di andare al supermercato e beccarsi il virus perché non si era stati attenti (o magari anche stando attenti).
Si viveva sospesi, quando arrivava una notizia in genere era di qualcuno che si ammalava in modo grave, qualcuno che moriva.
Se vivere in guerra vuol dire sapere che c'è la possibilità concreta che possa succedere qualcosa di veramente brutto a te e alle persone a cui vuoi bene, allora era come vivere in guerra. E la possibilità era concreta, se non capitava a te, ai tuoi cari, capitava a qualcuno che conoscevi. E quando capitava poteva essere improvviso, e senza che ci fosse modo di impedirlo... e quando si arrivava in ospedale la sensazione era che fosse una roulette... alcuni finivano sul numero giusto, altri sul numero sbagliato.
E la cosa drammatica è che questa era diventata la normalità, se non hai avuto lutti in famiglia, hai avuto la sensazione di essere scampato, che sia andata bene. Anche se nell'"andata bene" magari c'è qualcuno che si è fatto un mese di ospedale, qualcuno che è andato veramente vicino lasciarci la pelle.
Certo, poi ogni giorno può capitare l'imprevisto, e non hai mai la certezza di quello che succede. Però in quel periodo la possibilità era concreta, la toccavi con mano. E se non toccava a te, toccava uno dei tuoi amici, uno dei tuoi colleghi.
Poi ovvio, non ho vissuto la guerra, e il paragone lo faccio con quello che ho sentito dire.
E' un paragone semplicistico, come tutti i paragoni, e sicuramente in guerra la situazione era peggiore.
Però credo che con la sensazione di incertezza e di precarietà che c'era in quel periodo, la guerra sia un paragone che renda l'idea.
Non so se mi sono spiegato, ma è un discorso di sensazioni che si sono vissute in quel periodo, e sono sensazioni condivise dalla maggioranza della popolazione, non sono paranoie di un singolo individuo.
E anche questa comunione di sofferenza penso che abbia rafforzato la questione della guerra, in cui c'è un "noi" e un nemico che ti uccide.
Poi ovviamente puoi pensare che il paragone con la guerra sia eccessivo, e magari lo è, però spero di averti dato un'idea di come è stato vissuto il virus da queste parti, e per quanto si possa pensare che sia un paragone eccessivo, non è un paragone fuori dal mondo, ecco.