redguerrier ha scritto:
fuzz77 ha scritto:
Campo Testaccio ha scritto:
fuzz77 ha scritto:
Campo Testaccio ha scritto:
il Mister ha scritto:
Florenzi sì che è un giocatore, mica quella pippa di Gervinho.
Florenzi lo vorrei alla Juve al posto di Lichtsteiner: secondo me sarebbe un grande terzino.
perché Florenzi è si un professionista, ma non verrebbe alla Juventus neanche per 5 netti all'anno.
Vedremo......
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Se credi veramente che uno come Florenzi accetterebbe mai Juve o Lazio sbagli, ne sono certo.
Accetterebbe sicuramente grandi squadre, se glielo proponessero e dovesse lasciare Roma, ma non Juve e Lazio.
Anche Nesta doveva rimanere a vita a Roma, ma fortunatamente accettò il milan
Se Florenzi ricevesse un'offerta importante dalla Juve il pensierino ce lo farebbe eccome, del resto allo stato attuale è l'unico team italiano a garantire palcoscenici e competitività internazionale
Poi se vogliamo credere alle favole facciamo pure, ma attualmente la prospettiva migliore che ha rimanendo a roma è quella di vincere scudetti ad agosto
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Sottovaluti l'attaccamento alla maglia dei giocatori romani
Fidati, Florenzi alla Juventus non ci andrebbe nemmeno sotto tortura.
Innanzitutto non si può fare l'esempio di Nesta visto che per un laziale verace l'unico trasferimento "vietato" è ovviamente il passaggio alla Roma, mentre per un romano romanista oltre alla Lazio esiste una rivalità dogmatica e ormai storica con la Juve.
Tra Lazio e Milan non è mai esistito il conflitto Roma-Juve.
Un trasferimento diretto tra le 2 squadre ribadisco che è impossibile.
Potrebbe accadere solo se prima il Florenzi di turno, sin da giovane o a carriera inoltrata, abbia fatto un trasferimento in una squadra intermedia in Italia o all'estero per poi, dopo essersi deromanizzato o comunque senza le pressioni del pubblico e di Roma città vicine, trasferirsi in un club nemico come appunto la Juve.
Esempio perfetto di ciò che dico è stato "soldatino" Di livio, romano della Bufalotta e romanista sfegatato (tanto per capire ora conduce insieme a Max Leggeri su una radio romana una trasmissione dal tono Ultras), che è cresciuto nelle giovanili della Roma, ma dopo eesere stato ceduto dalla stessa ovviamente ha fatto la sua strada (ottima tra l'altro).
Ma prima di arrivare a Torino passò per Reggiana, Nocerina, Perugia e Padova.
E dopo l'avventura bianconera in cui vinse tutto andò addirittura da Juve a Fiorentina rimanendo attaccato molto tra l'altro all'ambiente Viola che accompagnò per tutta risalita post-fallimento.
Ma per arrivare ad avere una facilità di trasferimento da vero professionista dovette avere prima la delusione di essere "scaricato" (o comunque poco considerato) dalla squadra del cuore e della sua città in cui era cresciuto e poi altre esperienze che l'hanno fatto "uscire" dalla mentalità integralista di un romano romanista.
Tanta gente lo chiama alla radio chiedendogli proprio
"Angeli', ma come hai fatto aho!?"
"Angeli', come hai fatto a mettere quella maglia!?"
E egli spiega a tutti facendo l'esempio che ho appena fatto io, che sono state queste circostanze a portarlo a Torino, che è ovviamente felicissimo di essere stato lì e che quegli anni gli hanno permesso di vivere ora bene e di vincere tutto, che rispetta l'ambiente bianconero e che è una grande società (ricevendo tante telefonate di congratulazioni anche da tifosi juventini), ma fa capire che come pubblico è rimasto molto più attaccato a Firenze, ovviamente sarà per sempre romanista e che è stato fortunato a fare quegli anni di esperienza in altre squadre che gli hanno permesso di arrivare a Torino, scelta, come da egli più volte detto, che non avrebbe fatto mai se gli avessero chiesto di trasferirsi direttamente a Torino oppure se la società Roma dell'epoca avesse creduto più in lui.
P.S.
Suo figlio, Lorenzo Di Livio, è forse l'elemento più promettente della attuale Roma primavera e uno dei fantasisti migliori tra i giovani in Italia, e egli ogni volta ribadisce quanto sia felice che il figlio abbia la possibilità, oltre che ovviamente di fare il calciatore con tutti i benefit che ne conseguono, di indossare e forse fare carriera con quella maglia che lui avrebbe voluto veramente indossare e onorare.