Avete ragione sulla natura intrinsecamente anfibia della musica, che dipende anche dalla sua astrazione formale (come correttamente osservava Lud, le note non hanno un oggetto o un referente, mentre se scrivo albero in un testo mi riferisco a un qualcosa di concreto).
Studiosi seri avevano ipotizzato tre dimensioni che coesistono nella musica e che sono spesso prevalenti nell'approccio individuale: dimensioni che spiegano molte anche fra le nostre divergenze (e in primis i miei limiti nell'approccio).
Ludica: è quella basilare e tutti la condividiamo, volenti o nolenti. Si tratta del semplice piacere dell'ascolto, che necessariamente riveste una qualche importanza: per qualcuno può essere tutto, per altri una componente etc.. ma diciamo che anche chi ricerca cose astruse tende ad innamorarsi (non ad apprezzare e basta, parlo di amore) della musica che comunque ama ascoltare, proprio in termini di godimento fisico e percettivo. E per fortuna, aggiungo.
Tecnica: riservata di solito ai musicisti, quasi incomprensibile per gli altri (mentre per i musicisti diventa in molti casi difficile comprenderne i limiti). Per tecnica non si parla di riccardoni (non solo almeno) ma di composizione, di arrangiamento, di sonorità, di qualità formali in senso lato. Sul versante tecnico si accumulano tutte le considerazioni inerenti anche l'armonia, la melodia, il ritmo, la produzione etc... Di fatto, dal punto di vista materiale, la musica è questi aspetti e solo questi, non ci si scappa. Sono gli unici veramente connotati in termini oggettivi. Un "critico" vero o presunto non può prescindere totalmente da questa dimensione secondo me.
Espressiva/estetica: il discorso diventa più complesso ma anche più soggettivo, perché mescola questioni personali, psicologiche, sociali, storiche, culturali etc.. Ogni riferimento tecnico o meramente ludico viene assorbito da un'analisi del "significato" della musica, ma inteso in termini estetici ed espressivi. Ciò che la musica dice e può dare. Chi adotta un approccio simile raramente condivide le conclusioni cui arriva chi predilige la tecnica (nel senso globale e completo di cui sopra, ovviamente).
Un esempio quasi di scuola sono le diverse considerazioni relative a Deep Purple e Joy Division, per parlare di nomi con un ruolo consolidato.
Il fan dei Deep Purple parla un'altra lingua rispetto a quello dei Joy Division e i linguaggi hanno fondamenta diverse: penso a Fuzz che diceva "Come fai a paragonare mostri dello strumento e della musica in genere con ottimi amatori?" per lui era folle l'accostamento, e dal punto di vista strettamente tecnico lo è, o comunque è forzato. Il fan dei Joy Division replica "Come fai ad accostare smanettoni a uno che usa la musica come strumento di indagine storica e personale, quasi filosofica? A uno che dà vita a fantasmi universali?" Anche qui è difficile replicare, i Joy Division sono più "alti" e possono dare di più in tal senso, mentre i Deep Purple fanno "solo" musica, suonando "bene".
Indi, nessuno dei due ha ragione: si cerca cose diverse e questo rende difficile conciliare le prospettive. Io dico che i Deep Purple sono i musicisti migliori, i Joy Division gli artisti più grandi.
_________________ Il buon gusto è la morte dell'arte.
|