MILANO --- Einaudi non pubblicherà Il quaderno, il libro che raccoglie
testi let terari e politici scritti sul blog dallo scrittore porto ghese
José Saramago, pre mio Nobel per la letteratura nel 1998. Ne dà notizia
«L'Espresso» oggi in edico la anticipando che l'editore della raccolta
di saggi sarà sempre torinese, Bollati Bo ringhieri, ma soprattutto
svelando il motivo della momentanea rottura tra l'autore di Cecità e la
casa dello Struzzo. «La nuova opera --- scrive Mario Porta nova --- contiene
giudizi a dir poco trancianti su Silvio Berlusconi, che di Einaudi è il
proprietario». Sarama go è severo con Berlusconi ma anche con gli
italiani, il cui sentimento «è indiffe rente a qualsiasi considera zione
di ordine morale». Ma «nella terra della mafia e della camorra che impor
tanza può avere il fatto pro vato che il primo ministro sia un
delinquente?». L'au tore del Quaderno arriva a paragonare il nostro capo
del governo a «un capo ma fioso ».
«L'Einaudi --- spiega per parte sua un comunicato della casa editrice che
ha pubblicato quasi tutti i ro manzi del premio Nobel --- ha deciso di non
pubblicare O caderno di Saramago per ché fra molte altre cose si dice
che Berlusconi è un 'delinquente'. Si tratti di lui o di qualsiasi altro
espo nente politico, di qualsiasi parte o partito, l'Einaudi si ritiene
libera nella critica ma rifiuta di far sua un'accusa che qualsiasi
giudizio condannerebbe».
Saramago, 87 anni, che in questi giorni è nella sua casa di Lanzarote,
nell'arci pelago delle Canarie, ha ac cettato di rispondere via e-mail
ad alcune nostre do mande. «Non pubblico la mia nuova raccolta di saggi
con Einaudi --- ci scrive il premio Nobel --- perché in essa critico senza
censure né restrizioni di alcun tipo Berlusconi, il quale è il ca po del
governo ma anche il proprietario della casa edi trice, come di tanti
altri mezzi di comunicazione in Italia. La verità è che quella che si è
creata potrebbe es sere definita una situazione pittoresca se il fatto
che un politico accumuli tanto po tere non facesse temere per la qualità
della democra zia ».
Lo scrittore portoghese, che si rivelò nel 1982 con Memoriale del
convento e che non ha mai nascosto le sue simpatie per la sinistra (si
iscrisse clandestinamen te al partito comunista por toghese nel 1969
riuscendo a evitare le galere del ditta tore Salazar), ci scrive che
nessuno gli ha mai proposto di cancellare i passaggi su Berlusconi: «Ho
cono sciuto la censura durante la dittatura portoghese, l'ho sofferta e
combattuta e nes suno in una situazione di apparente normalità
democratica mi potrebbe chiede re di amputare una mia ope ra ».
Facciamo notare che cer ti giudizi ci sembrano quan tomeno eccessivi.
Sarama go non si scompone: «Le qualificazioni che ho dato di Berlusconi
non nascono dalla mia testa ma si basa no su informazioni giornali
stiche che ogni giorno appa iono sulla stampa europea. Io semplicemente
osservo e concludo. Con dispiacere, naturalmente». Insistiamo: perché
arrivare a paragona re Berlusconi a un «capo della mafia»? Saramago ri
sponde: «Davvero le sem bra esagerato? È sicuro? Al meno mi concederà
che ha una mentalità mafiosa».
L'autore del Vangelo se condo Gesù è severo anche con l'Italia: «Quando
tutte le opinioni che si diffonde vano sulla capacità creati va, sulla
modernità e talen to artistico erano favorevo li, non ricordo nessuno
che si lamentasse di questi giu dizi. Ora le cose sono cam biate.
L'Italia non è più il Pa ese che emoziona, ma sor prende non certo per
le mi gliori ragioni. Né l'Italia né coloro che amano questo Paese
meritano lo spettaco lo politico di fascinazione malata per Berlusconi».
Saramago pubblicherà il suo prossimo romanzo da Einaudi? «Del mio nuovo
romanzo, che credo vedrà la luce in autunno, non si è ancora parlato e
non so do ve porterà questa faccen da ».
Il premio Nobel non sa che altre opere di critica a Berlusconi sono
state rifiu tate da Einaudi, dalle poe sie politiche postume di Giovanni
Raboni al Duca di Mantova di Franco Cordel li, sino al Corpo del capo di
Marco Belpoliti, che l'auto re ha preferito pubblicare da Guanda, però
commen ta: «Dev'essere duro vivere quando il potere politico e quello
imprenditoriale si riuniscono. Non invidio la sorte degli italiani, però
in fine è nella volontà degli elettori mantenere questo stato di cose o
cambiarlo».
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