riporto Marco Bode un suo leggendario topic su Didi a chi lo discuteva accusandolo di poco dinamismo sul forum :
viewtopic.php?t=74346Marco Bode ha scritto:
Guardate, correre tanto nel calcio è spesso un falso mito. Chiaro, occorre essere dinamici. Ma la cosa importante è far correre il pallone. Vale anche nel calcio moderno: Xavi è un regista dal passo piuttosto felpato, non si muove tantissimo, non dà senz'altro l'idea che faccia la differenza sul piano del ritmo. Eppure, non ha eguali. Perché non sbaglia un passaggio, gioca ogni pallone nell'interesse dei compagni, fa girare il traffico con una maestria sconosciuta a tutti gli altri, vede il gioco con due mosse d'anticipo su compagni e avversari. Lo stesso qualche anno fa, forse a un livello leggermente inferiore, faceva uno come Pirlo. Nel calcio conta il cervello, prima di tutto il resto. In questo Didì era un maestro. Lo Xavi degli Anni '50 e '60. Il perno fisso e fondamentale su cui si poggiarono i due trionfi iridati del Brasile. Aveva un lancio d'esterno fantastico, un controllo del pallone e del gioco che non avevano pari ai suoi tempi nel Mondo. Sul fatto che fosse "lento" ci si fa anche influenzare dal giudizio che diede di lui Di Stefano, che lo attaccò soprattutto per mascherare i profondi screzi fuori dal campo che ci furono tra i due nel Real Madrid: Didì arrivò a Madrid dicendo che, essendo campione del Mondo, non avrebbe portato a nessuno la borraccia. Dichiarazioni che finirono con l'inimicarsi il vero padrone di quel Real, appunto Di Stefano. Avesse fatto come Puskas che arrivò e furbescamente si mise subito a disposizione di Don Alfredo, non sarebbe stato etichettato come lento o bollito e - chissà - avrebbe fatto vedere tutto il suo repertorio di intelligenza calcistica superiore anche sul suolo europeo. In ogni caso, che fosse o sia lento, cambia poco. Se uno ha un cervello superiore - ripeto, basta vedere Xavi o Pirlo ai giorni nostri - fa sempre la differenza, in ogni epoca e a ogni latitudine.
Marco Bode ha scritto:
Le due cose fondamentali per giocare a calcio sono la tecnica e l'intelligenza (calcistica, s'intende).
Poi si può lavorare sulla corsa e su tutto il resto. Ma questo viene dopo. Non lasciamoci influenzare dalle correnti iper-moderne che vogliono che un calciatore sia innanzitutto uno capace di fare corse e scatti ovunque. Sono questi concetti che hanno rovinato il gioco, influenzato negativamente le scuole calcio, portato a un abbassamento generale del livello. E poi ci si lamenta che in serie A oggi ci sono troppi giocatori con i ferri da stiro al posto dei piedi, che nei vivai non si insegna più la tecnica, che nessuno sa marcare più veramente (perché sotto la spinta della zona, si è abbandonata l'idea di marcare a uomo, ed è lì che si vede davvero la bravura di un difensore marcatore), che il gioco delle squadre è sceso a un piano infimo. Per fortuna che ci sono ancora oggi gli Xavi o i Pirlo, che vanno a scartamento ridotto, eppure fanno la differenza in mezzo al campo come nessuno perché hanno i migliori piedi e il miglior cervello (leggasi capacità di saper leggere il gioco collettivo con e senza palla) possibile. Lo stesso Messi, se facesse tutto alla stessa velocità, ma con due piedi di ghisa, non farebbe di sicuro la differenza come la fa ora... Prima di tutto, insegniamo ai ragazzini a usare i piedi e la testa. Dopo lavoriamo su tutto il resto.