ciccio graziani ha scritto:
Marco Bode ha scritto:
1. Erbstein
2. Minella
3. Lopez
Come da titolo.
Mi sapresti dare qualche motivazione...di queste cose ne sai molto più di me....
Erbstein fu un innovatore eccezionale per me, non solo dal punto di vista tattico. Il suo Torino era sistemista di base, ma poi sapeva variare in corso d'opera: in fase di non possesso palla, Grezar arrettrava dalla linea dei mediani a quella dei difensori e contemporaneamente Ferraris II (l'ala sinistra) scalava a centrocampo, creando una sorta di moderno 4-4-2. Quindi da questo:
..........................Bacigalupo
Ballarin...............Rigamonti.................Maroso
.............Grezar...................Castigliano
..............Loik.......................Mazzola
Menti...................Gabetto................Ferraris II
si passava a questo:
..........................Bacigalupo
Ballarin.....Grezar....Rigamonti.......Maroso
.........................Castigliano
..............Loik.....Mazzola....Ferraris II
...............Menti...................Gabetto
Non solo: Erbstein fu anche un grandissimo preparatore atletico. Era metodico nella preparazione, portò in Italia l'idea del riscaldamento pre-partita, mentre il giorno dopo il match era solito sottoporre i giocatori a cure, bagni defatiganti, bagni terapeutici. Da questo punto di vista era avanti 20 anni. Per questo, il Grande Torino poteva dare accelerate e viaggiare a velocità superiori a quelle dei tempi: ecco spiegato il fatitico “quarto d'ora granata” in cui appunto i giocatori del Toro acceleravano e inchiodavano gli avversari sul piano del ritmo.
Per quanto riguarda il River Plate, i giocatori della Maquina passarono alla leggenda pur avendo giocato insieme appena 18 partite. Potendo contare su giocatori di grandissima qualità offensiva e altrettanta grandissima intelligenza, quel River riusciva in attacco a praticare una sorta di calcio totale: tutti gli elementi sapevano scambiarsi di posizione in un tourbillon continuo senza dare agli avversari punti di riferimento fissi. La Diagonal argentina imponeva di base questo schieramento:
...............Moreno.................
Munoz......................Pedernera........................Loustau
......................................................Labruna
Ma poi di fatto tutti sapevano fare tutto, con Pedernera, per alcuni storici il più grande n° 9 di tutti i tempi (compreso in Italia Antonio Ghirelli) abilissimo a giocare anche da ala, da mezzala e da primo finalizzatore.
La difesa di quel River aveva giocatori molto più “normali“, ma la novità era la marcatura a zona, tipica comunque di tutte le squadre sudamericane: i sudamericani, che erano soliti non dare troppa importanza alla fase difensiva, privilegiavano marcature di posizione e non a uomo, visto che la marcatura a uomo presupponeva un'attenzione, uno studio, una concentrazione superiori (caratteristiche che meglio si sposavano con la mentalità europea).
L'unica eccezione in Sudamerica da questo punto di vista fu l'Uruguay, il più europeo dei Paesi sudamericani, e infatti grazie alla grande attenzione difensiva vinse il titolo nel '50. Pur avendo subito il gol di Friaça, la squadra allenata da Juan Lopez continuò a «difendere la sconfitta» (per dirla alla Brera), fece sfogare la furia brasiliana, per poi punirla in contropiede. Quell'Uruguay fu considerato uno dei potenziali inventori del moderno catenaccio e le idee tattiche e ciniche di Lopez furono importantissime per ribaltare i pronostici e dare alla Celeste il titolo.